Ne prendo atto.

Non costituisce reato in questo nostro sventurato paese rinunciare a catturare un latitante come Binnu Provenzano quando sarebbe stato possibile farlo, garantendogli così un ulteriore decennio di una già inverosimilmente lunga latitanza.

Non costituisce reato garantire ben 18 giorni di tempo a chi, dopo la sua cattura, doveva effettuare il trasloco della cassaforte di Totò Riina permettendogli addirittura di effettuare opere di ristrutturazione murarie e tinteggiatura delle pareti per nascondere ogni traccia.

Non costituisce reato la rinuncia ad approfittare della disponibilità di un collaboratore del calibro di Luigi Ilardo a guidare il Ros fino al casolare dove si nascondeva il latitante, anche se questa rinuncia ad Ilardo costerà la vita.

Non costituisce reato avviare e condurre una scellerata trattativa tra Stato e anti-Stato anche se questo significava l’affrettata esecuzione della condanna a morte di un servitore dello Stato che per questa trattativa costituiva un ostacolo insormontabile.

Non costituisce reato portare avanti questa trattativa anche quando, per alzarne il prezzo ed affrettarne la conclusione si rendono necessarie le stragi sul “continente”, in via Fauro, in via dei Georgofili e in via Palestro.

Non costituisce reato sottrarre dalla macchina ancora in fiamme di Paolo Borsellino una Agenda Rossa nelle cui pagine i nomi dei protagonisti di quella trattativa e gli assassini di Giovanni Falcone saranno statti scritti in lettere di fuoco.

Nome e fatti, quelli relativi alla strage di Capaci che Paolo aveva richiesto, e avrebbe finalmente potuto farlo il lunedì successivo, davanti a quella Procura di Caltanissetta che, ma anche questo non costituisce reato, non lo aveva ancora chiamato a deporre.

Non costituisce reato mantenere per più di venti anni una scellerata congiura del silenzio su quella trattativa anche se questo, con la distruzione di intercettazioni contenenti i colloqui di un indagato per falsa testimonianza nel processo per quella trattativa con l’allora Presidente della Repubblica, ha provocato un gravissimo vulnus al prestigio della più alta delle nostre Istituzioni.

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