povertà-640Quello di uguaglianza è un fondamentale principio scolpito nell’art. 3 della Costituzione e nei Patti internazionali sui diritti umani. Tuttavia gli ordinamenti di fatto non lo rispettano. Basti citare alcuni esempi tratti dalla storia e cronaca più recente.

Secondo il Rapporto dell’organizzazione non governativa Oxfam pubblicato qualche giorno fa, 62 persone possiedono ricchezze pari a quelle detenute dal 50% della popolazione mondiale (circa 3,6 miliardi di persone). Viene così ulteriormente confermata una tendenza già rilevata in passato, circa un anno fa. Che giustificazioni ci sono per una situazione di questo tipo? Evidentemente nessuna. Si tratta di una mostruosità che va contro ogni principio elementare di giustizia, ma anche di efficienza economica. Tale situazione costituisce peraltro il risultato degli ultimi trent’anni circa di capitalismo selvaggio, contraddistinto dall’espansione incontrollata della finanza che oltre a minare le basi stesse della convivenza civile distrugge l’economia produttiva.

Oxfam afferma che è venuto il momento di porre fine a quella che definisce giustamente l’“estrema diseguaglianza” e propone a riguardo l’obiettivo, valido per tutti i governi, di rendere  il reddito del dieci per cento più ricco non superiore a quello del quaranta per cento più povero. A tal fine vanno messi in opera meccanismi redistributivi consistenti nel prelievo fiscale dei ricchi e interventi di sostegno al reddito dei poveri. Inoltre Oxfam propone di valutare le politiche pubbliche, da quelle fiscali alle privatizzazioni, secondo l’impatto che generano sull’eguaglianza, la promozione dell’eguaglianza di genere e dei diritti delle donne, stabilire stipendi che consentano alle persone di vivere e chiudere il gap fra retribuzioni, un’equa divisione del carico fiscale, la lotta ai paradisi fiscali e all’evasione fiscale internazionale, servizi pubblici gratuiti per tutti entro il 2020, stabilire prezzi accessibili per le medicine, realizzare una protezione sociale di base universale e orientare correttamente il finanziamento dello sviluppo.

Come ci ricorda Vincenzo Comitola crisi del 2008, mentre ha portato alla ribalta un fenomeno quale quello delle diseguaglianze che prima veniva sostanzialmente nascosto, ha anche mostrato come esso impedisse alla lunga lo sviluppo economico e fosse all’origine della stessa crisi, come diversi economisti hanno cominciato ad ammettere; essa ha anche mostrato, d’altra parte, che la corsa alle diseguaglianze non conoscesse più confini”. Comito sostiene le misure proposte in un libro dell’economista britannico Atkinson e precisamente “riabilitare il ruolo dello stato, dei sindacati, delle associazioni della società civile. Tali organismi dovrebbero portare avanti e sostenere le proposte concrete che l’autore indica (in numero di quindici) per combattere il problema. Tra l’altro, si tratta di orientare le scelte tecnologiche in direzione dell’aumento dell’occupazione, di rinforzare il ruolo dei sindacati, di assegnare agli Stati obiettivi precisi in materia di disoccupazione, con l’offerta anche di un certo numero di impieghi pubblici, di creare un’autorità di investimenti pubblica, di rendere nettamente più progressiva l’imposta sui redditi, di fornire un reddito di base a tutti i bambini europei; e si potrebbe continuare. Atkinson mostra come tutte tali misure sono finanziabili con il bilancio pubblico”.

L’altro esempio riguarda la legge sulle unioni civili attualmente in discussione in Parlamento. Le pressioni clericali tuttora efficaci nei confronti della destra e del Pd rischiano al riguardo di produrre una legge che non garantisce totalmente l’eguaglianza fra le diverse unioni secondo l’orientamento sessuale dei partners, continuando a relegare in una situazione difficile un numero crescente di coppie omosessuali.

Due esempi solo apparentemente eterogenei. E’ infatti dimostrato che per poter esercitare pienamente i propri diritti non basta l’uguaglianza formale, ma occorre anche quella sostanziale. Nei prossimi giorni verificheremo fino a che punto il Parlamento italiano è capace di garantire almeno la prima ai cittadini del nostro Paese, quanto alla seconda, dovremo ancora aspettare a lungo, ma essa resta un’esigenza imprescindibile. L’attuale sistema di diseguaglianza crescente costituisce infatti la negazione del futuro, in Italia e nel resto del mondo.

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