La cronaca e il grande schermo si incrociano continuamente, trasformando episodi quotidiani in irresistibili gag. In questi giorni un dossier che puntava il dito su protagonisti e comparse della scandalosa vicenda di Mafia Capitale si è rivelato “impreciso”, tramutandosi in spunto di poco lusinghieri commenti dell’opinione pubblica e innesco di azioni giudiziarie.

In realtà poca roba. E’ la storia della relazione stilata dalla commissione prefettizia su Roma Capitale (l’organo incaricato di valutare il condizionamento criminale dell’amministrazione) che portò ad identificare puntualmente gli esponenti del Comune responsabili di comportamenti non corretti anche gravi e a suggerire lo scioglimento per mafia della giunta capitolina.

Cosa è successo? Una semplice svista, un banale errorino. La dichiarazione rilasciata da chi ha diretto i lavori, che hanno consentito di sfornare il j’accuse, è senza dubbio rassicurante: “Trattasi di un refuso, tra l’altro facile da accertare”.

La frase – contenuta in una lettera mandata al movimento politico di appartenenza di una delle persone “additate” – utilizza il termine “refuso”. L’inossidabile Garzantino (che si dovrebbe avere sempre a portata di mano o di clic) spiega essere “errore di stampa” e in contesto tipografico “lettera errata usata nella composizione al posto di quella giusta”.

Sono cose che capitano spesso. Tante volte mi trovo appellato “Repetto” da chi “genovesizza” il mio cognome, forse in considerazione della larga diffusione di quel casato nel capoluogo ligure. Poco male. Il riferimento personale – nonostante il refuso verbale – è comunque corretto. Si rivolgono a me o ne parlano.

In realtà gli errori avrebbero differente consistenza. Non sembrerebbe trovarsi di fronte ad un “lapsus calami” (o lapsus tastierae, visto che non sarà stato digitato con un attrezzo informatico o romanticamente con una macchina per scrivere) da segnare con la lieve matita rossa della maestra della nostra infanzia.

E così negli elenchi dei soggetti che avrebbero “intrattenuto relazioni caratterizzate da non piena linearità di condotta” sono finite due persone estranee compiutamente identificate.

Virginia Raggi, consigliere Cinque Stelle, si è ritrovata tra i 25 “amministratori capitolini che, in varia misura e forma, hanno messo a disposizione del sodalizio i propri servizi in cambio di utilità accertate”.

A pagina 666 (diabolica combinazione!) della relazione in argomento compare anche il nome di Immacolata Battaglia (Sel), nota non per misfatti ma per il suo impegno a tutela dei diritti e della cultura omosessuale. Chi ha scritto “Immacolata” (miracoli del T9 e di ogni altro correttore automatico) stava sicuramente digitando “Erica”, nome di battesimo di un’altra quasi omonima nel Consiglio comunale.

Tutto può accadere.

I più appassionati cinefili hanno subito ricordato Aldo, Giovanni e Giacomo nel loro La leggenda di Al, John e Jack. Nel film i tre vengono incaricati di eliminare “Frankie culo di gomma” e, anche lì per un non così biasimevole errore, finiscono per rapire e poi giustiziare “Frankie Contropelo” un innocente barbiere della Quindicesima strada.

Al malcapitato viene data un’ultima possibilità di salvezza. “Se risponderai ad una domandina facile facile tornerai a casa dai tuoi bambini”. Il poveraccio non supera il quiz e la sua sorte è segnata.

Probabilmente anche la Raggi e la Battaglia non hanno saputo replicare ad un simile quesito. Nemmeno loro potevano immaginare che avrebbero potuto tirare a casaccio, perché come ridacchia lo stesso John “tra l’altro potevi dire una cosa qualsiasi che a me andava bene… chi minchia la sa la capitale della Birmania?!?!?”.

@Umberto_Rapetto

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