pertini 675

Quella partita dell’ottantadue

Pochi giochi o sport possono essere presi a esempio per raccontare le vicende (recenti) del nostro Paese. Tra questi il calcio e lo scopone, fra le cui varianti c’è il defunto scopone “a tre fasi”, nel quale la prima coppia che abbia totalizzato 11 punti “si può chiamare fuori [;] […] vince una singola posta se gli avversari hanno più di 4 punti, doppia se ne hanno da 1 a 4, tripla in caso di cappotto” (Andrea Angiolino, Beniamino Sidoti, Dizionario dei Giochi […], Bologna, Zanichelli, 2010, p. 937 sg.), qualora non abbiano cioè incamerato, fino a quel momento, nessun punto. Ma un mix vincente fra calcio e scopone è stato immortalato da una celebre pagina che merita di essere brevemente raccontata.

12 luglio 1982. A bordo di un DC9 3113, sul volo da Madrid che riporta a casa la Nazionale neocampione del mondo, Sandro Pertini, in coppia con Dino Zoff, sfida Franco Causio e il ct Bearzot in una partita di scopone. Il match si conclude con un errore dell’amato presidente, che regala la vittoria agli avversari e s’infuria. Il 1° giugno 1983 il portierone azzurro decide di appendere le scarpette al chiodo, e Pertini coglie l’occasione per ammettere il suo errore nel telegramma che gli invia due giorni dopo: “Caro Zoff, io non dimenticherò mai la tua bravura nel Mundial a Madrid et la tua bonarietà quando tuo compagno in una partita a scopone sull’aereo che ci riportava a Roma ti ho fatto perdere”.

Così, molti anni dopo, avrebbe raccontato l’episodio il “barone” Causio a un giornalista della Gazzetta dello Sport, Giuseppe Bagnati: “Ero in coppia con Bearzot, il presidente con Zoff. Io feci una furbata: calai il sette, pur avendone uno solo. Pertini lo lasciò passare e Bearzot prese il settebello. Abbiamo vinto così quella partita”. Ben più di un gioco, come nelle partite al cardiopalmo di un capolavoro di Luigi Comencini: Lo scopone scientifico (1972). Fu lo stesso regista a voler definire il film una “favola molto giusta sulla lotta dei deboli contro i potenti” (Federico Rossin, Lo scopone scientifico, in Luigi Comencini. Il cinema e i film, a cura di Adriano Aprà, Venezia, Marsilio, 2007, p. 187).

Altri giocatori eccellenti

Lo scopone è un “gioco matematico, non di intuizione, non di fantasia. E quindi si può giocare quasi alla perfezione. Su dieci carte può capitare una volta che un buon giocatore giochi diversamente da un altro buon giocatore”. È la risposta di Giorgio La Malfa a una domanda (“Quale è la particolarità dello scopone?”) di Pasquale Nonno, già direttore del Mattino (Per gioco. Fatti, avvenimenti, persone, personaggi, giocatori, politici, cavalli e giornalisti. Per riflettere tra la Prima e la Seconda Repubblica, Napoli, Guida, 1997, p. 54). Nell’intervista l’esponente repubblicano, che racconta delle partite, consumate nelle pause tra una votazione parlamentare e l’altra, con i colleghi forzisti e comunisti, risponde così a un’altra domanda (“Che intendi per gioco matematico?”) di Nonno: “Bisogna applicare con intelligenza una teoria. Le regole sono come un manuale militare. Il campo di battaglia sono le carte distribuite” (ibid., p. 55).

Un appassionato giocatore di scopone, ma evidentemente poco esperto, fu anche Giuseppe Verdi. Le partite gliele organizza la moglie Peppina, che prega “di non farlo perdere affinché […] non smarrisca quell’aria sorridente con cui si accinge alla sfida, fiero della sua abilità di giocatore. Spesso la compagnia delle carte è composta dal senatore Piroli, dall’avvocato Della Bianca, dal generale Corvetto e da De Amicis, incaricato dallo stesso Verdi di acquistare due mazzi di carte francesi da 52 da un rivenditore di Genova […]. Gli avversari, ogni volta, rispettano la volontà della Peppina, che chiede loro anche di non mostrare di giocare male intenzionalmente per evitare burrascose reazioni. Un giorno, però, un giocatore si lascia accorgere del trucco: Verdi allora getta arrabbiato le carte sul tavolo e si ritira nelle sue stanze. Vuole sì essere il primo, sempre, ma non accetta di essere preso in giro” (Mauro Lubrani, I lieti calici di Verdi. Il vino, la cucina, le donne, la salute nella vita del Maestro, Correggio [RE], Wingsbert House, 2013). Un carattere focoso, il suo. Come quello di Pertini.

di Massimo Arcangeli e Sandro Mariani

Articolo Precedente

Il collant non è morto, viva il collant

next
Articolo Successivo

Viaggi: le 11 destinazioni europee da non perdere nel 2016

next