Ma con altrettanta chiarezza bisogna aggiungere che sono solo i primi passi. Che ce ne vogliono altri in cui si riconosca senza riserve l’accettazione di valori per noi imprescindibili come la tolleranza religiosa, la libertà dell’arte e della cultura, il pluralismo delle idee, la laicità dello Stato, l’eguaglianza tra uomo e donna e dunque il rifiuto netto, intransigente, assoluto di ogni consuetudine e di ogni comportamento sociale e familiare in cui la donna sia discriminata, minacciata, privata dei suoi diritti fondamentali.

(Pierluigi Battista, a proposito della manifestazione dei musulmani contro il terrorismo dell’Isis, Corriere della Sera, 22 novembre 2015)

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Esiste, in effetti, un Paese che fa fatica a entrare nella modernità e a garantire l’uguaglianza delle donne, anche a causa della frequente influenza – a volte sottocutanea, a volte più smaccata – delle alte gerarchie religiose.

In quel Paese lo stupro è diventato un delitto contro la persona 19 anni fa, nel 1996. Fino a quel momento la violenza sessuale per la legge era un delitto “contro la moralità pubblica e il buon costume”, mentre l’incesto un delitto “contro la morale familiare”.

Nello stesso Paese fino al 1981, 34 anni fa, esisteva il matrimonio riparatore: lo stupratore che sposava la vittima della sua violenza sessuale vedeva cadere l’accusa e il suo processo decadere.

Quel Paese ha mantenuto fino al 1981 anche il “delitto d’onore”. Era un articolo per il quale uccidere la moglie, la sorella o la figlia valeva meno (anche solo 3 anni). Per esempio nel caso in cui l’assassino scopriva di essere cornuto. Era sufficiente lo “stato d’ira”, requisito che per la legge diventava attenuante.

Di quell’anno è l’ultima sentenza che confermò quell’orientamento. Un postino di 37 anni ammazzò a colpi di pistola la moglie e il cognato, dopo averli scoperti insieme, semi-nudi. In primo grado prese 13 anni, in Corte d’appello 10, ma la Suprema Corte cancellò tutto: quello era un delitto d’onore.

Vent’anni prima, nel 1961, l’organo giuridico più illustre di quel Paese respinse i tentativi – avanzati da alcuni magistrati – di ridiscutere quella legge. I 15 alti magistrati (quindici, alti) scrissero tra l’altro: “Ora, che la moglie conceda i suoi amplessi ad un estraneo è apparso al legislatore, in base, come si è detto, alla prevalente opinione, offesa più grave che non quella derivante dalla isolata infedeltà del marito. Al di fuori di ogni apprezzamento, che non spetta alla Corte di compiere, trattasi della constatazione di un fatto della vita sociale, di un dato della esperienza comune, cui il legislatore ha ritenuto di non poter derogare”. La prevalente opinione, l’esperienza comune.

Fino al 1968 in quel Paese l’adulterio della donna è rimasto un reato.

Una legge sull’aborto, in quello stesso Paese, non è stata approvata fino al 1978.

Le donne di quel Paese hanno votato per la prima volta diversi anni dopo vari Paesi sudamericani, centroamericani, baltici, dell’Estremo Oriente, del Sud-Est asiatico, di piccoli Stati con sede in arcipelaghi dei tre oceani.

In quel Paese negli ultimi due mesi almeno 5 donne sono state ammazzate dai loro uomini che non sopportavano che si ritenessero libere: di uscire la sera, di non accettare più le botte, di mollarli soltanto.

Anche in quel Paese andrebbe affermata tutti i giorni “l’eguaglianza tra uomo e donna e dunque il rifiuto netto, intransigente, assoluto di ogni consuetudine e di ogni comportamento sociale e familiare in cui la donna sia discriminata, minacciata, privata dei suoi diritti fondamentali”.

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