Proseguiamo il confronto fra i progetti di legge in discussione sul reddito minimo (qui la prima parte) con una disanima della legge di iniziativa popolare che Sel ha presentato al Senato, frutto di un importante lavoro fatto in seno alla società civile, discusso in decine di assemblee, che ha trovato il consenso di oltre 50.000 elettori e 170 tra associazioni, comitati e forze politiche.

Eccone i punti principali:

1. Ammontare del sussidio: per un beneficiario singolo è pari a 600 euro mensili, cifra che rispetta l’indicazione del Parlamento europeo di raggiungere almeno il 60 per cento del reddito mediano; curioso che per i 5 Stelle sia invece di 780 euro, visto che entrambe le proposte fanno riferimento allo stesso parametro europeo. Gli attuali indicatori statistici ci dicono che la cifra più corretta è vicina ai 780 euro mensili.  È evidente che una mediazione sarebbe possibile, e secondo noi auspicabile.
Se gli aventi diritto all’interno della famiglia sono più persone, l’erogazione individuale decresce (e quella complessiva della famiglia aumenta) secondo i parametri Istat. I 600 euro mensili possono essere aumentati da contributi per le spese impreviste.

2. I destinatari: cittadini europei e stranieri residenti da almeno 24 mesi.

3. Chi ne può beneficiare: chi, non avendo i requisiti per la pensione, ha avuto un reddito imponibile nell’anno precedente non superiore a 8.000 euro per una persona singola (per un nucleo familiare, non superiore al livello stabilito dal regolamento di attuazione). Si gode del sussidio sino all’età pensionabile.

4. Grado di condizionalità e obblighi: il beneficiario è tenuto a iscriversi ai centri per l’impiego, ma, a differenza della legge dei 5 Stelle, non è tenuto a dare la propria disponibilità al lavoro e quindi a intraprendere percorsi di inserimento, né a mettersi a disposizione per progetti culturali, sociali, artistici, ambientali o di tutela dei beni comuni presso il comune di residenza. Per l’obbligo di accettazione di eventuali offerte di lavoro, vale il principio di congruità, ovvero si deve tener conto del salario precedentemente percepito, della professionalità acquisita, della formazione ricevuta e del riconoscimento delle competenze formali e informali certificate dal centro per l’impiego. Ma, a differenza della legge dei 5 Stelle, una proposta congrua non può essere rifiutata, pena la decadenza del sussidio. Non vi è quindi la possibilità di rifiuto sino a tre proposte (congrue).
Siamo dunque lontani dall’ipotesi di un’erogazione di reddito minimo incondizionato, sebbene si facciano dei passi nella giusta direzione ponendo la “congruità” come parametro di accettazione senza imporre forme di “lavoro socialmente utile” non ben specificate.

5. Ammontare delle risorse e forme di finanziamento: a differenza della proposta di legge dei 5 Stelle non sono definite; a erogare il sussidio sarebbe l’Inps tramite un fondo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in cui confluiscono dotazioni provenienti dalla fiscalità generale in base a specifica rendicontazione.

6. Altre disposizioni del progetto di legge: vi sono varie deleghe al governo e molti aspetti dovranno essere meglio precisati dal “regolamento di attuazione”.  Si delega al Ministro del lavoro e delle politiche sociali il riordino di assegni sociali, pensioni sociali, assegni ai nuclei familiari numerosi, assegni di maternità, pensioni di inabilità, carta acquisti. Si chiede al governo di formulare una riforma degli ammortizzatori sociali per estendere il sussidio di disoccupazione a tutti i lavoratori disoccupati, indipendentemente dalla tipologia contrattuale di provenienza e a prescindere da qualunque requisito di anzianità contributiva e assicurativa.
Infine si delega al governo l’obbligo di promulgare un decreto legislativo per stabilire le modalità di determinazione del compenso orario minimo.

La nostra valutazione generale: riteniamo punti favorevoli che si tratti di un reddito individuale, che sia per tutti i residenti (anche se il vincolo di due anni potrebbe essere ridotto a 12 mesi), che sia finanziato dalla fiscalità generale e coniugato, seppur parzialmente, con la riforma degli ammortizzatori sociali. Sono invece aspetti sfavorevoli il parametro della congruità troppo restrittivo (la prima proposta di lavoro valutata congrua va accettata, pena la decadenza del sussidio), l’inesistenza di una proposta di finanziamento e l’eccessiva presenza di deleghe al governo, che rischia di allungare di molto la tempistica di attuazione e di snaturare i contenuti della legge.

Le due proposte di legge, quella del Movimento 5 Stelle e quella di iniziativa popolare presentata da Sel, sono in questi mesi in discussione alla Commissione Lavoro del Senato, presieduta da Maurizio Sacconi. Per accelerare i lavori e velocizzare la calendarizzazione di una legge sul reddito nel parlamento italiano, è in corso da un paio di mesi la campagna “100 giorni per un reddito di dignità”, promossa da Libera e da molte altre associazioni sociali, tra cui il Basic Income Network (Bin-Italia). Sui contenuti di questa campagna torneremo nel nostro prossimo post.

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