A ciascun migrante pronto a partire per le coste italiane assegnava un numero che consentiva ai “cassieri” della banda di sapere con assoluta precisione chi avesse pagato per i “servizi” resi dall’organizzazione criminale. Non lasciava nulla al caso l’etiope Ermias Ghermay, superlatitante che vive tranquillamente a Tripoli nonostante su di lui pesi un’accusa pesante, aver organizzato il viaggio del barcone che si trasformò nel naufragio dei 366 migranti, al largo di Lampedusa, nell’ottobre 2013. Ghermay è tra i capi della rete transnazionale di trafficanti di uomini sgominata dalla polizia grazie all’indagine, condotta dallo Sco e dalle Mobili di Palermo e Agrigento, e coordinata dal procuratore del capoluogo siciliano Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Maurizio Scalia e dai pm Geri Ferrara e Claudio Camilleri. Dall’inchiesta è emerso che solo in alcuni mesi del 2014 sono stati una quindicina i viaggi organizzati. In tutto i trafficanti di uomini avrebbero gestito la traversata verso l’Italia di più di 5.400 persone e per ciascun migrante l’organizzazione intascava tra i 1.500 e i 2.000 dollari. In un’intercettazione telefonica Ermias dice: “Noi facciamo un lavoro illegale e non siamo il governo che può aiutare tutti e ascoltare tutti

Articolo Precedente

Migranti, Carlotta Sami (Unhcr): “La Ue apra i canali legali per i rifugiati”

next
Articolo Successivo

Naufragio Rodi, affonda barcone: “Tre migranti morti, novanta messi in salvo”

next