Prosegue la protesta a Hong Kong dove migliaia di manifestanti, in occasione della cerimonia dell’alzabandiera per il 65esimo anniversario della nascita della Repubblica popolare, hanno voltato le spalle alla bandiera cinese. La folla continua a bloccare diverse arterie della città e nelle prime ore di oggi i manifestanti hanno esteso la loro protesta anche al quartiere turistico di Tsim Sha Tsui. Le autorità hanno deciso di cancellare lo spettacolo di fuochi d’artificio previsto in serata in occasione delle celebrazioni per la nascita della Repubblica popolare cinese. Per il leader degli studenti, il 17enne Joshua Wong, la decisione indica che il governo è sotto pressione. I manifestanti hanno quindi rinnovato l’ultimatum per la mezzanotte di mercoledì (le 18.00 italiane), ora entro la quale chiedono le dimissioni del governatore locale, Chun-ying Leung, e di poter discutere con un rappresentante del governo di cinese la cancellazione della riforma alla legge elettorale. Pechino, però, non sembra disponibile al dialogo coi manifestanti: nei giorni scorsi ha ripetutamente dichiarato di essere pronta a intervenire militarmente per sedare le proteste e, secondo quanto riporta Amnesty International, avrebbe incarcerato 20 cittadini per aver manifestato il loro appoggio alle proteste.  

Cina: “Se continuate le conseguenze saranno inimmaginabili”. La Cina sta perdendo la pazienza e lo fa capire attraverso le parole dei principali media nazionali. Il Quotidiano del Popolo, retto dal Partito Comunista, scrive di “conseguenze inimmaginabili se le proteste verranno lasciate senza controllo”. Una minaccia non troppo velata sia al governo locale, che ha da subito cercato di evitare l’intervento dell’esercito di Pechino, che per i manifestanti che, così, andrebbero incontro a duri scontri con i militari. “Hanno già gravemente interrotto la normale vita dei cittadini di Hong Kong – si legge – e anche messo in pericolo la proprietà e la sicurezza personale”. Anche la Cctv, emittente televisiva cinese, lancia un appello ai residenti dell’isola: “Aiutate le autorità a implementare i controlli di polizia e a ristabilire l’ordine sociale a Hong Kong il prima possibile”. Gli avvertimenti del governo comunista di Pechino arrivano dopo la denuncia di Amnesty International, secondo cui 20 persone sono state arrestate nelle ultime ore e altre 60 minacciate e interrogate dal governo cinese per avere manifestato solidarietà con il movimento pro-democratico dell’isola, che da mesi chiede un pieno suffragio universale per l’elezione della massima carica sull’isola. Gli arresti, riporta la ong, sarebbero avvenuti nelle città di Guangzhou, Pechino e Shenzen.  Gli organizzatori della manifestazione lanciano comunque un nuovo ultimatum chiedendo, entro la mezzanotte di mercoledì, ora locale, le dimissioni del governatore di Hong Kong e la cancellazione della riforma sulla legge elettorale imposta dal governo cinese. Gli studenti si dicono disponibili a un incontro con Pechino per discutere riguardo a questo secondo punto. Se le loro richieste non venissero accolte, dichiarano durante una conferenza stampa organizzata dai rappresentanti del movimento, verranno occupati i palazzi pubblici. Leung, però, ha ribadito di non volersi dimettere e che non cederà alle richieste dei manifestanti.

Governo di Taiwan: “Sostegno ai pro-democrazia”. Il Consiglio per gli affari con la terraferma di Taiwan ha emesso un comunicato in cui esprime il suo sostegno al movimento democratico di Hong Kong e invita i cittadini cinesi a capire le motivazioni della protesta. “Il popolo di Hong Kong – si legge nel documento – ha per lungo tempo sperato nell’implementazione del suffragio universale” che rappresenta la dimostrazione da parte di Pechino della volontà di andare avanti con la teoria “un paese, due sistemi”. Il presidente di Taiwan, Ma Ying-jeou, ha invitato la Cina a cercare di soddisfare le richieste dei manifestanti di Hong Kong, atteggiamento che potrebbe favorire lo stesso governo centrale nei rapporti con le amministrazioni “periferiche”. Viceversa, “si potrebbe inasprire l’antipatia dell’opinione pubblica taiwanese fino a danneggiare le future relazioni fra le parti”.

Di spalle alla bandiera cinese. Il gesto più forte della giornata è arrivato al momento dell’alzabandiera. Alcune decine di studenti, tra cui Wong, hanno contestato oggi la cerimonia: Wong ha voltato le spalle all’alzabandiera, rimanendo in silenzio. I giovani, parte delle decine di migliaia che da domenica scorsa occupano il centro della città in protesta contro Leung e la Cina, si sono radunati davanti a piazza Bauhinia (il fiore simbolo di Hong Kong), dove si è svolta la cerimonia per la celebrazione del sessantacinquesimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare di Cina. Alcuni di loro sono riusciti a superare il servizio di sicurezza e hanno contestato apertamente Leung, che ha preso parte alla cerimonia, prima di essere allontanati. Le dimissioni del cosiddetto ‘chief executivè sono la prima richiesta dei giovani che occupano da tre giorni il centro della città. Inoltre, i giovani chiedono che il governo di Pechino garantisca elezioni pienamente libere per l’elezione del prossimo chief executive, che si terranno nel 2017.

300 mila persone per strada in occasione della festa nazionale. Martedi’ notte la zona di Admiralty, centro delle manifestazioni, era gremita di gente. I manifestanti hanno alzato nuove barricate lungo la strada che collega il centro dell’isola alla sede del governo, dopo i ‘rumor’ che davano la polizia in avanzata verso il centro delle proteste. La protesta di Occupy Central continua a espandersi, assumendo sempre piu’ i contorni di una contestazione civile gia’ ribattezzata Occupy Hong Kong. Con il supporto di oltre trenta citta’ nel mondo, Occupy Hong Kong e’ diventata una protesta globale e ha portato per le strade decine di migliaia di persone, che si sono concentrate, nell’ex colonia britannica, nelle localita’ di Admiralty e Causeway Bay, sulla Hong Kong Island, e di Monkok e Tsim Sha Tsui, nella zona commerciale di Kowloon. Nei giorni della festa nazionale cinese, mercoledì e giovedì, le persone in strada potrebbero raggiungere le 300 mila unità, creando ancora maggiori disagi e rischiando di bloccare tutta la città.

La scorsa notte e’ stata segnata anche da un altro episodio: la morte di un ispettore capo di polizia, Andrew Philips, che, secondo le prime ricostruzioni, si e’ sparato all’interno di uno dei distretti di polizia della citta’. La pistola e’ stata trovata dai colleghi accanto al suo corpo. L’ultima minaccia alle proteste di Occupy Hong Kong arriva da un virus informatico, Xsser, diffuso attraverso la piattaforma di messaggistica istantanea WhatsApp, che prende di mira i dispositivi Apple e infetta computer, tablet e smartphone che vengono ritenuti di proprieta’ dei leader e dei partecipanti alle rivolte pro-democratiche. 

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