Giornalisti contro. Se in Italia vanno di moda le liste di proscrizione in salsa grillina, a Madrid il disprezzo verso la stampa sta facendo tremare il palazzo della Moncloa. Il presidente spagnolo Mariano Rajoy ha fatto un passo in più: prima si era trincerato dietro uno schermo al plasma per spiegare le accuse sul presunto finanziamento illecito del Partito popolare – indagine ancora più che aperta. Poi ha rotto la tradizione secondo la quale i giornalisti decidono chi farà la domanda e su cosa, nelle due sole previste, che il premier concede in conferenze stampa.

Lo scorso luglio, proprio quando il quotidiano El Mundo pubblicava gli originali sulla presunta contabilità B del partito, firmate dall’ex tesoriere Luis Bárcenas, Rajoy saltò a piè pari l’ordine stabilito e diede la parola solo a un cronista dell’Abc, giornale da sempre vicino al partito. Adesso questa stessa azione si è convertita in norma: proprio quando la notizia del giorno era la data fissata dalla Catalogna per il referendum sull’indipendenza, la responsabile del governo per le relazioni, Carmen Martínez Castro, ha annunciato ai giornalisti, presenti alla conferenza stampa congiunta col presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, che a partire da adesso sarà la Moncloa a scegliere chi farà le domande. Con buona pace dei dieci anni precedenti di accordi. Secondo la reporter de La Sexta Cristina Pardo, il governo ha rotto “ufficialmente il patto con la stampa” e ha deciso chi dovesse prendere la parola: Telecinco, Abc e Antena 3. In sala stampa la tensione è salita alla stelle: tutti i giornalisti presenti alla conferenza, in segno di protesta, hanno alzato la mano. Ma il presidente Rajoy ha dato la parola solo ai designati dalla signora Castro. Così alla domanda del redattore dell’Abc, il premier spagnolo non ha nemmeno finto sorpresa e, dopo aver aperto un foglietto, ha letto la sua risposta. Come a dire, a domanda concordata, risposta preparata. L’indignazione è scoppiata. E la rete è stata presa d’assalto dai commenti dei giornalisti in presa diretta: attentato alla libertà di espressione, censura e poca trasparenza dell’Esecutivo conservatore sono state le critiche più morbide a questa nuova decisione. “Una conferenza stampa con le domande che vuole Rajoy è propaganda”, scriveva su twitter José Luis Sastre della catena Ser, mentre la stessa Cristina Pardo aggiungeva: “È terminata la conferenza stampa più vergognosa e schifosa degli ultimi tempi. Complimenti alla Segreteria di Stato per la Comunicazione”. Poche ore dopo la vicepresidente del governo Soraya Sáenz de Santamaría è stata costretta a dare una risposta ai molti giornalisti accreditati che reclamavano una spiegazione. “Il vecchio sistema era appoggiato solo da alcuni giornalisti, ma altri preferivano uno nuovo”, ha detto laconica, giustificando la decisione e assicurando che “in nessun caso si vuole metter in discussione la libertà d’informazione”. Parole non certo gradite dall’Apm (Associazione stampa di Madrid) e dall’Fesp (Federazione dei sindacati dei giornalisti) che subito dopo hanno pubblicato dei duri comunicati. L’Apm ha chiesto all’Esecutivo di “rispettare i diritti costituzionali della libertà di espressione e informazione”. “Le conferenze stampe sono strumenti fondamentali e assolutamente necessarie affinché i governati siano sottoposti al controllo dei cittadini attraverso l’informazione”, ha aggiunto l’associazione, smentendo poi qualsiasi forma di consultazione previa con l’ufficio stampa della Moncloa. Insomma, per il momento a Madrid meglio non fare troppe domande.

@si_ragu

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