1480, luglio. La tempesta costringe le galee turche di Akmed Pascià, dirette a Brindisi, a rifugiarsi nel porto di Otranto. La difesa degli otrantini, soverchiati dal numero, è strenua ma vana. I turchi mussulmani pretendono dai cattolici, per salvar loro la vita, un atto formale, una manifestazione solenne, politicamente necessaria nel gioco della guerra: l’abiura alla propria religione. Un atto pubblico a dimostrazione della gloria dei vincitori e della sottomissione dei vinti! La fede, viceversa, è un atto privato, un patto con se stessi, che nessuna abiura estorta dovrebbe poter cancellare. Abiurare o non abiurare diventa allora una scelta di principio, un problema degli uomini con gli uomini, perché il Dio di ognuno, simbolo della paternità, predilige la vita dei propri figli, anche se gli esseri umani gli hanno sempre attribuito una pervicace tendenza sacrificale. Risultato: ottocento persone riposano nella cattedrale di Otranto. Martirio, eroismo, orgoglio, fanatismo? (consiglio ‘L’ora di tutti‘ di Maria Corti, Bompiani, 1991)

1944ottobre. Takijiro Onishi, e i suoi compagni del Reparto Speciale d’Attacco Kamikaze si cingono la fronte con una fascia di seta bianca, rosso come sangue spicca il simbolo del sol levante. Si alzano in volo con gli arerei carichi di esplosivo e invece di combattere, si lanciano sulle navi nemiche cantando: “Se andrò sul mare, il mio corpo tornerà sospinto dalle onde. …Per la salvezza dell’Imperatore, non morirò in pace nella mia casa” . 2.800 attacchi, 4.900 marinai uccisi, oltre 4.800 feriti. Eroi, martiri, patrioti o folli ed esaltati Kamikaze?

1969, gennaio. Piazza San Venceslao, Praga. Nelle strade i carri armati russi. Jan Palach, studente universitario di 21 anni, si ferma ai piedi della scalinata del Museo Nazionale, si cosparge di benzina e per protesta si da fuoco. Patriota cecoslovacco, martire, eroe, o fragile persona suggestionata dagli eventi?

2001, settembre. Due aerei si schiantano contro le torri gemelle di New York che dopo poco crolleranno, muoiono circa 3000 persone. Gli attentatori affiliati all’organizzazione terroristica di al-Qāʿida, vengono considerati martiri islamici, eroi o terroristi criminali esaltati e strumentalizzati e diventano il simbolo delle migliaia di atti offensivi suicidi perpetrati dalla Jihad islamica.

2013, maggio. Dominique Venner, scrittore antigay, si spara sull’altare maggiore di Nôtre Dame di Parigi per protestare contro la legge che permette i matrimoni omosessuali. Ossessionato difensore delle sue idee fino a morirne con un atto eclatante, rimane difficile vederlo un eroe.

Situazioni molto diverse che hanno in comune la scelta della morte come forma estrema di protesta in nome di Dio, della patria, dell’imperatore, o delle proprie idee. Eroi, martiri, patrioti che si battono per ideali, che divengono parti scisse di sé proiettate in cielo, alle quali si vagheggia di ricongiungersi attraverso il suicidio, oppure terroristi, assassini e folli, irretiti da ideali integralisti che inducono a mettere una granata nelle mani di un incolpevole bambino di 11 anni costringendolo ad uccidere, come accaduto pochi giorni fa a Farah in Afghanistan?

Ho molta pena per tutti coloro che scelgono di suicidarsi ma, a mio avviso, i suicidi dimostrativi o ideologici, denotano l’incontro di due fragilità: una sociale e una personale. Una cultura che non riesce a far amare la vita, propria ed altrui, e che si costruisce sul mito paranoico di un sé messianico e dell’Altro visto come nemico, e una personalità insondabile, che in una visione offuscata o esaltata delle proprie idee, vede nel sacrificio della propria vita l’unico modo per continuare a lottare.

 

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