In questa pagina web, proprio di fianco alla mia fotografia, c’è una piccola icona arancione. È un feed. Se non siete giornalisti o lettori compulsivi, probabilmente non lo avrete mai usato e non avrete mai usato nemmeno Google Reader o un qualsiasi altro aggregatore di feed. La maggior parte delle persone che conosco (addetti ai lavori esclusi) li ignorano completamente e, in effetti, hanno avuto molto meno successo di quanto si pensasse al momento della loro nascita. Ora scopriamo che i feed sono un’arma nella battaglia per la libertà d’informazione.

Chi sa cos’è un feed può tranquillamente saltare il prossimo paragrafo. Per chi non li conosce, cerco di spiegarlo in estrema sintesi: si tratta di collegamenti che permettono di aggregare notizie e pagine Internet ricevendo costanti aggiornamenti in un “flusso” di informazioni. Il meccanismo di funzionamento può ricordare quello dell’abbonamento: seleziono i siti o i blog che mi interessano e ricevo ogni nuovo contenuto di quel feed nel mio aggregatore, che può essere un software o un servizio online. Il risultato è che posso avere in un’unica schermata decine di notizie e pagine web aggiornate in tempo reale, con la possibilità di leggerne estratti e visualizzare con un clic l’articolo originale. Visto che i feed sono di solito organizzati in base alle sezioni dei siti, si può creare una selezione tematica di notizie e argomenti, insomma: si ha a disposizione un perfetto sistema di rassegna stampa web che permette di stare dietro a tutto quello che succede.

Ed eccoci all’attualità. Con un laconico annuncio, il 13 marzo Google ha comunicato all’universo mondo che chiuderà Google Reader, il suo aggregatore feed online. Secondo i ragazzi di Mountain View, il servizio non ha abbastanza successo e il colosso americano ha intenzione di eliminarlo insieme ad altri “rami secchi”. All’annuncio ha fatto seguito la delusione dei pochi (che così pochi non sono) appassionati del servizio e alcuni di questi hanno promosso una petizione su change.org  per chiedere a Google di bloccarne la chiusura.

Nel giro di pochi giorni, la petizione ha raccolto più di 130mila firme. A stupire, però, non è tanto il numero di persone che hanno aderito alla raccolta di firme, quanto le loro motivazioni.

“Per me Google Reader è importante tanto quanto mangiare. Dal momento che Great FireWall blocca ogni informazione tra la Cina e il resto del mondo, Google Reader è il modo migliore per accedere a informazioni non censurate.” – firmatario della petizione in Cina.

“Non posso leggere quotidiani live senza Google Reader, perché nel mio paese è proibito” firmatario della petizione in Kazakistan.

“E’ tutto ciò che ho nel mondo del web. Attraverso Reader posso accedere a tante informazioni su internet. Il nostro governo ha proibito tantissimi siti e Reader è la nostra ultima speranza…” – firmatario della petizione in Iran.

“Sono cinese, senza Google Reader non posso accedere a informazioni non censurate. Per favore, non chiudetelo!” – firmatario della petizione in Cina.

Già, perché un aspetto che pochi hanno considerato è che il sistema di aggregazione dei feed permette di aggirare i filtri Internet e consente a chi vive in paesi sottoposti a censura di leggere notizie e consultare blog a cui altrimenti non avrebbe accesso. Titoli, sommari ed estratti vengono infatti recuperati attraverso i server di Google by-passando, di fatto, la censura.

Secondo i dati forniti da change.org, il 75% delle firme della petizione per non chiudere Google Reader provengono da fuori degli Stati Uniti, mentre il 12% provengono da persone che vivono in paesi che Reporters Sans Frontières ha verificato aver attivato sistemi attivi di censura da parte delle forze governative. Oltre il 2%, infine,  provengono da persone che vivono in paesi definiti “Nemici di internet” da Reporters Sans Frontières , un titolo guadagnato “non solo per la loro capacità di censurare notizie e informazioni on-line, ma anche per la loro repressione quasi sistematica degli utenti di Internet.”

Lunga vita a Google Reader.

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