Con la vittoria alle recenti elezioni del Movimento 5 Stelle è saltato il tappo della politica italiana. La generazione perduta dei trentenni, così definita dal presidente Monti, è stata la vera protagonista del più grande spostamento di voti della storia repubblicana. Il Partito Democratico, che ha fatto una campagna sostenendo che avrebbe governato con Monti anche se avesse avuto il 51%, dunque riconoscendosi nelle fallimentari politiche del governo Monti, ha subìto una sconfitta storica (mentre il Pdl e la Lega hanno dimezzato i loro voti). Si aprono dunque orizzonti nuovi, secondo alcuni un inevitabile salto nel buio poiché è ancora poco chiaro cosa vogliano fare i grillini. Ma un segnale importante è stato dato ieri: il capogruppo al Senato del M5S ha dichiarato che voteranno l’ineleggibilità di Berlusconi. Questa è una posizione importantissima che subito pone il Pd in una situazione di scelta cruciale.

È necessario ricordare che la vicenda dell’ineleggibilità ha una lunga storia e sofferta. Scriveva mio padre, Paolo Sylos Labini, nel 2001 in un articolo indirizzato ai Ds: “…Manca però il rospo: il grave errore di strategia commesso quando, per avviare la Bicamerale, quei leader hanno cercato in tutti i modi un accordo con Berlusconi, che doveva essere il socio di un’impresa tanto ambiziosa quanto assurda: riformare la Costituzione, che era costata lacrime e sangue, con la collaborazione di un personaggio che aveva gravi conti aperti con la giustizia e che quindi avrebbe cercato innanzi tutto di informare a proprio vantaggio il sistema giudiziario: se non avesse avuto soddisfazione, avrebbe fatto saltare il tavolo, com’è accaduto e come alcuni avevano previsto fin da principio. Non si poteva, da un lato, chiedere ed ottenere la collaborazione di Berlusconi per la Bicamerale e, dall’altro, combatterlo, per esempio, sul terreno del mostruoso conflitto d’interessi. Ecco perché i leader dei Ds accettarono come buona la “finzione”, il miserabile cavillo, secondo cui non era Berlusconi ma Confalonieri il titolare delle Concessioni televisive, aggirando così la legge del 1957 che stabiliva l’ineleggibilità dei titolari di “concessioni pubbliche di rilevante interesse economico”. Accettato quel cavillo ed avendo così resa inutilizzabile la legge del 1957, i Ds hanno dovuto imboccare la strada della nuova legge.”

D’Alema replicò sostenendo che “Già, sembra incredibile; ma soprattutto ciò che lei scrive è falso, caro professore.”  Mio padre replicò a sua volta smentendo D’Alema:  “Sono costretto a ribattere: no, caro presidente, quello che scrivo non è falso e il suo ricordo non è esatto. A suo tempo, quando, per far rispettare quella legge, io ed altri amici costituimmo un gruppo di pressione, intorno al quale fu fatto un vuoto pneumatico, mi documentai con scrupolo; ho con me vari documenti. Così, negli atti della Giunta per le elezioni della Camera di mercoledì 20 luglio 1994 a pagina 3 risulta che l’unico oppositore fu il deputato Ds Luigi Saraceni, che, come dichiarò ad un mio amico del gruppo di pressione e come mi ha confermato oggi per telefono, prese la decisione autonomamente: i suoi colleghi Ds votarono a favore. Tutto questo avveniva nel 1994, quando la maggioranza era del cosiddetto centrodestra. Anche più grave è ciò che accadde dopo le elezioni del 1996: allora la maggioranza era del centrosinistra ma non ci fu nessuna opposizione; anche in questo caso ho gli atti della Giunta – martedì 17 ottobre, pagine 10-12. Del 1996 il presidente D’Alema non parla.”

Questa posizione dei Ds è stata decisiva per quello che è successo negli ultimi vent’anni: in poche parole l’assenza di un’opposizione politica intransigente al berlusconismo accompagnata da una gravissima debolezza culturale che ha determinato l’inconsistenza politica su temi d’importanza fondamentale come la politica industriale ed economica, la scuola, l’università, la ricerca e chiaramente comunicazione, con il vano miraggio di “vincere puntando al centro”. Ora, di là dalle vane chiacchiere sulla presunta convergenza degli otto punti indicati da Bersani dopo le elezioni con il M5S, c’è subito una prova molto chiara, vista la presa di posizione dei grillini. La domanda è: il Pd salverà Berlusconi l’ennesima volta? Dalla risposta a questa domanda si capirà immediatamente quando sono solidi i propositi di cambiamento ventilati da alcuni dirigenti Pd nel dopo elezioni.

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