Sta succedendo qualcosa.

I candidati alla poltrona di sindaco di Roma hanno raccolto l’invito e ieri si sono confrontati per un’intera giornata su twitter rispondendo alle domande di giornalisti e di comuni cittadini che hanno voluto testare cosa ne pensassero i vari pretendenti di un tema specifico in particolare: la mobilità della terza città più trafficata d’Europa.

Il primo aspetto stupefacente della cosa è che dietro questo “faccia a faccia a faccia a faccia” virtuale non c’è la volontà di una testata giornalistica e neppure di un comitato di cittadini, né una fondazione e nemmeno un’associazione. No, dietro tutto questo c’è un certo Alberto Fiorillo che un giorno ha iniziato ad insistere con tutti quelli che conosceva (me compreso) dicendo: “dobbiamo imporre il tema della mobilità all’interno della campagna elettorale per il sindaco di Roma”. Ma non solo a quelli che conosceva, no lui ha insistito anche con quelli che non conosceva, in particolare ai candidati sindaco che, contattati uno ad uno, hanno iniziato a dare disponibilità a partecipare, prima in modo blando, poi con maggiore convinzione. Questa iniziava ad essere una notizia e qualche blogger ha iniziato a parlarne. Fiorillo a questo punto ha iniziato a mostrare a tutti quelli che conosceva (col web è facile) che il twitbattito si sarebbe tenuto e quindi se n’è parlato ancora di più. Per farla breve, ieri a coprire la notizia c’erano Adn Kronos, Repubblica.it, Paese Sera, Rai News 24.

E qui veniamo al secondo aspetto stupefacente della cosa.

Twitter ha un limite: 140 caratteri. Non uno di più.

Quando fai una domanda a qualcuno, la risposta può essere solo si, no, o poco altro. Non c’è spazio per i ghirigori, i giri di parole, gli spostamenti dell’attenzione. No, se ti fanno una domanda sei tu lì, da solo con i tuoi 140 caratteri, non uno di più, e devi dare una risposta. A qualunque domanda.

Giusto per fare un esempio: Fiorillo sta portando avanti una vecchia battaglia: quella della pedonalizzazione dei Fori Imperiali a Roma, il parco archeologico più visitato al mondo. A tutti i candidati è stato chiesto cosa pensassero dell’idea e tutti quanti hanno risposto allo stesso modo: si.

Capite, è una cosa su cui sono tutti d’accordo e che non è mai stata fatta. La voleva fare il sindaco Petroselli nell’81. Poi sono passati 32 anni come se nulla fosse; 32 anni in cui il Colosseo è stato adibito a ruolo della più grande rotatoria del mondo.

Ieri l’hanno detto. Non ci hanno girato intorno.

Prima di chiedermi se lo faranno o meno, voglio chiedermi quanto fosse probabile che, in condizioni normali, i candidati si sarebbero impegnati in un gesto dovuto alla città e quanto, invece, avrebbero cavalcato il tema emozionale del momento (le dimissioni del Papa?) per spuntare qualche voto.

Adesso me lo chiedo: lo faranno?

E mi rispondo: “Se siamo tutti d’accordo, perché non farlo?”

Credo che in tutto questo ci sia anche una morale della favola: una sola ostinatissima persona è sufficiente a far impegnare il futuro sindaco di Roma per prendere in mano le sorti del più grande monumento italiano. Forse se noi italiani la smettessimo di lamentarci e di fare la politica solamente con il telecomando in mano, potremmo realmente mutare le sorti del nostro paese.

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