“Il giorno che la Camera dei deputati della Repubblica italiana ha votato una mozione nella quale si sosteneva che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Non ce l’ho fatta più, la mia coscienza si è ribellata. Esiste un limite, quel limite si era varcato. Anche perché fino a quel momento avevo già dovuto mandare giù troppe cose”. Gaetano Pecorella, parlamentare ed già avvocato di Silvio Berlusconi nei processi storici come Sme e Imi-Sir, in una intervista al Corriere della Sera, spiega i motivi per cui si è allontanato dal Cavaliere e appoggerà l’agenda Monti. “Non è certo una scelta di oggi questo mio passaggio politico … la mia critica al partito di Silvio Berlusconi è cominciata oltre un anno fa. Lo avevo detto al Cavaliere: serviva più democrazia interna, altrimenti il partito si sarebbe logorato”. Una democrazia che non è mai arrivata con la cancellazione delle primarie del Pdl e il ritorno a tutto campo del leader, che in questi giorni rilascia interviste e si fa ospitare in tutte le trasmissioni.

Pecorella, già presidente della Commissione Giustizia alla Camera, riflette che è stata anche questa assenza di democrazia a lacerare il suo rapporto con il Pdl: “Anche. Ma questo è stato semplicemente un elemento logorante. È stato tutto il resto che lo ha devastato. E la verità è che io sono rimasto nel Pdl cercando di trattenermi, di volta in volta. Il più possibile. Fino a quando possibile non mi è stato davvero più”. L’avvocato parla di “escalation. Ad un certo punto nel Pdl si erano concentrati troppi procedimenti penali a carico di persone che venivano protette all’interno del partito”. Insomma un affastellarsi di inchieste, indagini in cui si era chiamati, Cavaliere in primis, a infilarsi troppe volte la toga: “Intanto vorrei precisare che io sono diventato avvocato di Berlusconi quando già ero diventato parlamentare. Non viceversa. E che ho difeso Berlusconi fin quando ho creduto nelle idee che il partito ci aveva propugnato. Avremmo dovuto cambiare la giustizia, dare al paese più libertà, più libertà economica … Sulla giustizia come presidente della commissione della Camera ho seguito e fatto approvare i vari lodi (il cosiddetto lodo Alfano, ad esempio). Tutti quelli che ha voluto Berlusconi, in ogni caso. Erano indispensabili per continuare a governare, mi dicevo. Ho eseguito. Poi è venuto meno il presupposto politico del partito e tutto è crollato. Le riforme vere non si sono più fatte. Intendo le riforme costituzionali. E ad un certo punto abbiamo toccato il fondo”.  Con quel voto che di Montecitorio e con quei 315 deputati che hanno detto di essere convinti che una ragazzina marocchina, ospite delle serate ad alto tasso erotico di Arcore secondo la Procura di Milano, fosse parente dell’ex presidente dell’Egitto. Il processo, che vede imputato l’ex presidente del Consiglio per concussione e prostituzione minorile, è ormai agli sgoccioli e il prossimo 14 gennaio Ruby dovrà testimoniare. 

Non c’è solo la marocchina nel cahier de doleance di Pecorella. Grazie al partito ci sono state persone hanno svolto ruolo e incarichi per cui non avevano né curriculum né preparazione: “… Persone che senza nessuna storia politica e con storie assolutamente non compatibili con la politica arrivassero in Parlamento e avessero poi anche incarichi importanti. Non faccio nomi. Diciamo comunque che erano cariche da ministro”. Quindi Pecorella ora guarda avanti e oltre: “Ho la sensazione che con la figura di Mario Monti potrò finalmente recuperare i valori nei quali avevo creduto. La capacità. Il merito. L’onestà. E, perché no? Il rigore”.

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