C’erano anche documenti sul massacro di Sant’Anna tra quelli trovati nel 1994 nell’armadio della vergogna. E qui dentro una sorta di istruttoria sulla strage. Da lì partì l’inchiesta della Procura militare di La Spezia. A distanza di poco meno di sessant’anni iniziò il processo agli ufficiali che dell’eccidio furono ritenuti i responsabili perché dettero l’ordine di scatenare quell’inferno. Si rinunciò a cercare tutti gli esecutori materiali: tutti coloro che con la divisa delle Reichsfuehrer SS circondarono il piccolo paese dell’Appennino toscano trucidando 560 tra anziani, donne e bambini. Si rinunciò perché gli imputati sarebbero stati centinaia. Alla fine del processo di primo grado furono condannati all’ergastolo 10 tra ex ufficiali e sottufficiali tedeschi, in Cassazione ne furono confermati 8 (cioè quelli ancora in vita). Ma non furono mai estradati, la Germania ha sempre respinto le richieste. L’unica speranza sarebbe stata la pronuncia di un tribunale tedesco, ma la Procura di Stoccarda ha archiviato.

Ma come si arrivò al processo italiano? E’ l’estate del 1994: il procuratore militare di Roma, Antonino Intelisano, sta cercando documentazione su Erich Priebke e Karl Hass, entrambi organizzatori dell’eccidio alle Fosse Ardeatine. Invece in un armadio rivolto verso il muro trova 695 fascicoli e un registro con 2274 notizie di reato: riguardano crimini di guerra compiuti durante l’occupazione nazifascista in Italia. Tra questi anche le più efferate stragi nei confronti di civili: ferite mai rimarginate che riguardano le Fosse Ardeatine, la strage di Marzabotto, di Lero, Korica, Scarpanto, quella del duomo di San Miniato (in provincia di Pisa). E poi il massacro di Sant’Anna di Stazzema. E’ tutto materiale istruttorio raccolto dalla magistratura su incarico del governo. Secondo diverse inchieste, una interna alla magistratura e una della commissione Giustizia, ci furono presumibilmente pressioni della politica: niente processi ai tedeschi, per ragion di Stato. Le prove non ci furono mai.

Nel 2004, dunque, il giudice delle udienze preliminari accolse la richiesta di rinvio a giudizio per i tre ufficiali SS accusati di essere gli esecutori dell’eccidio. Tra i militari tedeschi accusati: Gerhard Sommer, oggi 91enne, comandante la settima compagnia del II battaglione del 35esimo reggimento Grenadieren, facente parte della 16esima SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS; e gli ufficiali Alfred Schonber e Ludwig Sonntag. Il 22 giugno 2005, dieci ex ufficiali e sottufficiali tedeschi vennero condannati all’ergastolo per il massacro (questa la sentenza). Al momento della sentenza i dieci erano tutti ultraottantenni.

Alla fine del 2007 vennero confermati dalla Corte di Cassazione gli ergastoli all’ufficiale Gerhard Sommer e ai sottufficiali nazisti Georg Rauch e Karl Gropler. La sentenza conferma che l’eccidio è stato un atto terroristico premeditato. Fu una strage ”prevalentemente di anziani, donne e bambini”. In tutto 560: i ragazzi e bambini furono 116, il più piccolo aveva solo 20 giorni.

Otto i condannati definitivi all’ergastolo ancora in vita – Werner Bruss, Alfred ConcinaLudwig GoringKarl Gropler, Georg Rauch, Horst RichterHeinrich Schendel e Gerhard Sommer – per i quali la magistratura militare italiana ha inutilmente chiesto l’arresto. Per questi 8 condannati (ed altri sette, coinvolti in altre stragi in Italia) c’è stato infatti un rifiuto di estradizione da parte della magistratura tedesca, a fronte del quale i pm militari hanno inoltrato al ministero della giustizia italiano una richiesta di esecuzione della pena in Germania, il cui esito non si conosce. Non è noto, cioè, se vi sia stato un rifiuto da parte della Germania o se l’istanza non sia mai stata inoltrata dalle autorità italiane.

L’eccidio, stando agli atti giudiziari, venne compiuto “nell’ambito di un’ampia operazione di rastrellamento e annientamento pianificata e condotta contro i partigiani e la popolazione civile”, sterminata “senza necessità e senza giustificato motivo”, “con crudeltà e premeditazione” pur non avendo preso parte a nessuna operazione militare.

Tra gli episodi più cruenti quello compiuto alla Vaccareccia, una località dove cento persone vennero riunite in tre stalle e in un cortile e uccise con bombe a mano, mitragliatrici e fucili, e quello avvenuto davanti alla chiesa di Sant’Anna di Stazzema, dove più di cento persone che erano state prelevate dalle case circostanti vennero lì riunite e ammazzate a colpi di mitra. I corpi, poi, furono bruciati. Un numero imprecisato di civili venne poi trucidato in altre località della zona: alcuni dopo essere stati riuniti in una stanza, altri dopo essere stati condotti in un fosso, altri ancora dopo essere stati allineati contro il muro di una casa oppure per strada.

Il procuratore militare di Roma Marco De Paolis, che istruì il processo ai dieci ex militari tedeschi, è “stupito” per la decisione della magistratura di Stoccarda di archiviare. De Paolis non conosce il provvedimento tedesco e dunque non vuole commentare: si limita “a due osservazioni”. “La prima – spiega all’Ansa – riguarda la solidità dell’impianto accusatorio, visto che la sentenza di condanna di primo grado è stata confermata integralmente dalla Corte militare d’appello e poi dalla Cassazione”. La seconda osservazione del procuratore militare, invece, ha a che fare con chi sostiene che l’archiviazione tedesca sia dovuta al fatto che non è stato possibile dimostrare la responsabilità individuale degli indagati nell’eccidio: “A questo riguardo osservo solo – afferma De Paolis – che alle condanne si è giunti non solo sulla base di precise prove documentali e testimoniali (queste sono una parte delle deposizioni), ma ci sono stati alcuni imputati rei confessi, non solo con i magistrati, ma addirittura con i giornalisti. Da questo punto di vista non riesco a capire un integrale provvedimento di archiviazione, a meno che non si tratti di persone diverse da quelle da noi condannate, cosa che però non risulta”.

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