Si rompe la convenzione tra l’Università di Bologna e la Efa Srl, la società di Andrea Rossi proprietaria di un apparecchio, denominato E-Cat, che sarebbe in grado di realizzare la fusione nucleare a freddo. Il dipartimento di Fisica dell’Alma Mater ha infatti chiuso il contratto, stipulato a giungo, che prevedeva il versamento da parte della società di una prima rata pari a 500mila euro, per coprire i costi delle misurazioni sull’E-Cat.

Alla base della decisione  “il mancato soddisfacimento delle condizioni al termine contrattuale previsto”. In altre parole, la scadenza per il pagamento era fissata per il 15 gennaio 2012, e non essendo arrivati i fondi il contratto è stato rescisso. Rimane comunque aperto uno spiraglio per la ricerca sulla produzione di calore: l’Università si è dichiarata disponibile a condurre studi autonomi sull’apparecchiatura e a divulgare i risultati.

Arriva così a un punto di svolta il discusso rapporto tra l’Università e Rossi, l’ingegnere che sostiene di aver trovato il modo di realizzare la fusione tra idrogeno e nichel, producendo energia a basso costo e senza scorie. L’Alma mater aveva più volte precisato di non essere coinvolta negli esperimenti e di aver semplicemente stipulato un accordo per la misurazione, a condizione di ottenere la copertura dei costi. Secondo il contratto, i ricercatori dell’ateneo avrebbero dovuto replicare l’esperimento, analizzare il processo di fusione fredda, e infine effettuare le misurazioni in modo da avere una valutazione scientifica già entro l’estate.

Nonostante una proroga dei termini, i soldi però non sono mai arrivati e l’accordo è così sfumato. “Purtroppo l’azienda, come tante altre in questo periodo di crisi, aveva chiesto un posticipo dell’inizio del contratto, che noi abbiamo consentito” ha spiegato Dario Braga, prorettore alla Ricerca, in un’intervista a Radio città del Capo, “è chiaro che si potrà stipulare un altro accordo solo se l’azienda sarà in grado di garantire il rispetto delle condizioni del contratto”.

L’interesse per la ricerca sull’E-Cat rimane comunque alto. Il dipartimento di Fisica infatti si è detto disponibile a mettere a disposizione la sua esperienza e le sue strumentazioni, per svolgere autonome misurazioni sulla produzione di calore da parte dell’apparecchiatura, così da divulgare i risultati all’opinione pubblica. “Non vogliamo  – ha aggiunto Braga sempre parlando ai microfoni di Radio città del capo – che rimanga la sensazione che l’Università di Bologna s’interessi a un argomento di tale portata solo se ci sono dietro i quattrini. Il problema scientifico rimane”.

La macchina per la fusione a impatto zero ha già catalizzato su di sé l’attenzione e la curiosità della comunità scientifica non solo italiana. Anche perché, fino adesso, tutti i lavori sono stati avvolti dal mistero: per via dei limiti imposti dal brevetto, il funzionamento non può essere svelato e l’apparecchio è nascosto e sorvegliato 24 ore su 24 da guardie giurate, che hanno il compito di evitare un possibile spionaggio industriale. Al sistema si sarebbero già interessati la Svezia, la Grecia e persino la Nato.

Il 7 dicembre scorso l’ultima elettrizzante scossa voluta proprio dall’ingegner Rossi che, rispondendo sul suo sito web a diversi esperti del mondo scientifico, aveva annunciato una possibile verifica del reale funzionamento del suo strumento avveniristico con una sorta di diretta streaming di 24 ore ininterrotta. Anche se a quasi due mesi di distanza e, a quanto affermato da Rossi su diversi siti scientifici, con decine di prenotazioni per l’E-Cat provenienti dagli Stati Uniti, la diretta web non è ancora stata annunciata.

Di certo i problemi di liquidità e il mancato rispetto del contratto con l’Università giocano a favore di chi sospetta che dietro questa vicenda si nasconda solo una clamorosa bufala.

di Davide Turrini e Giulia Zaccariello

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