Servizio Pubblico vi è piaciuto? Secondo me ci sono diversi aspetti deboli che hanno sminuito la potenzialità del programma. La scelta della multipiattaforma è innovativa, il progetto scrive una nuova pagina della televisione italiana – come sostiene qui Peter Gomez – ma c’erapoca Internet e molta vecchia tv. E qualche problemino tecnico.

Santoro ha raccolto sul web 174 mila adesioni, ha annunciato il nuovo programma come un esperimento di tv in Rete: “Anche noi siamo con il carrettino a cercare di vendere la nostra frutta e la nostra verdura su Internet, sulle tv a diffusione regionale, sulla piattaforma di Sky e potrebbero esserci pressioni governative per limitarci o per impedirci di andare in onda“. Invece nella prima puntata hanno avuto poco spazio gli utenti che scelgono il  mezzo interattivo. Giulia Innocenzi ha citato un paio di sondaggi via Facebook (i sondaggi in diretta li fa anche Ballarò), ma non c’erano schermate della pagina fan, o letture dei commenti degli iscritti.  Un’idea, ad esempio, è mostrare in studio in che modo una web tv o un sito stesse trasmettendo il programma in quel momento, interagendo col web. Oppure mostrare la schermata di Facebook con le immagini in diretta. Insomma, far vedere che la tv viaggia anche sulla Rete e in modo egregio. Il blogger Claudio Messora su ByoBlu è della stessa opinione.

C’è poi un’altra questione: il telespettatore si è abituato in 50 anni ad accendere una scatola e vedere subito le immagini in movimento. Su molti siti – quelli elencati da Servizio Pubblico – appare un fermo immagine del programma o un link alla diretta, che richiede poi tempi di caricamento. Questa logica deve sparire per chi vuole fare tv in Rete. E’ necessaria una home page che trasmette subito un segnale video, come fa ad esempio Streamit Tv nella sua pagina canali, con tempi di loading inesistenti (come vicedirettore metto poi a disposizione di Santoro un canale e i suoi 7,5 milioni di utenti).

Il format è una replica di Annozero depotenziato, come scrive qui Tvblog,  e “senza il contraddittorio obbligatorio, finisce tutto a tarallucci e vino”. Cioè: più domande cattive, magari provenienti dal pubblico e dagli utenti collegati in Rete con una webcam, o domande inoltrate con un breve video postato su YouTube. Franco Bechis, poi, era tenero. Ha tentato di mettere in difficoltà De Magistris, ma con scarso risultato.

Giovanna Cosenza, professore associato presso il Dipartimento di Discipline della Comunicazione dell’Università di Bologna dove insegna Semiotica dei nuovi media, si chiede oggi sul suo blog: “Ora che un brand della tv generalista sbarca su Internet non è che, invece di rinnovarsi lui, appannerà di vecchiume la rete e i social media? […] Detto in altri termini: se i contenuti del programma di Santoro continueranno a restare identici a quelli che andavano in Rai, cosa accadrà? L’attenzione verso Servizio pubblico andrà scemando perché la parte più innovativa e vitale della rete lo boccerà come stantio, o piuttosto comincerà a diffondersi anche in rete l’idea che, se vuoi fare una web tv, devi prendere pari pari il modello della televisione generalista? Devi imitarne a tutti i costi formati, stili e linguaggi?”.

E’ proprio questo il punto: la vecchia tv parte dal concetto che l’informazione è trasmessa da uno a molti (o mangi la minestra o digiuni), ma in Internet l’informazione si propaga da molti a molti, in tempo reale, con linguaggi nuovi e con la condivisione di idee. Nelle prossime puntate, spero, si parli meno di Berlusconi e di caste (non ne posso più!), e si dia spazio al tema della banda larga, perché la tv su Internet non decollerà mai se non si potenzia la velocità di connessione. Oppure si parli di oligarchie finanziarie che stanno ingoiando il lavoro e gli Stati.

Diversi utenti lamentavano che sul sito di Servizio Pubblico lo streaming richedeva l’uso di Microsoft Silverlight e bisognava scaricare la nuova versione per vedere il programma. Chi usa Linux, scriveva un utente, è penalizzato. Oppure: mio padre è un telespettatore affezionato di Annozero, ha 69 anni, ma ieri non sapeva nulla della nuova trasmissione di Santoro. L’ho chiamato sul telefono di casa con Indoona e gli ho dettato l’indirizzo web, ma non riusciva a vedere il programma. Alla fine ha rinunciato, perché non sa neppure cosa significa fare “download” di un software. Anch’io, sul mio MacBook Pro, non riuscivo a vedere lo streaming per lo stesso problema. E siccome nella tuscia romana la fibra ottica per la banda larga è scarsa, molti residenti (in aree di campagna) si sono attrezzati con un servizio di Internet satellitare che fa pagare caro lo streaming e il download. Alla fine ho chiesto al mio vicino di casa di ospitarmi per vedere il programma su Sky (non ho il televisore da molti anni, perché la maggior parte dei programmi la considero immondizia psicologica).

Infine, forse era il caso di pubblicizzare meglio l’elenco delle tv locali che trasmettevano Servizio Pubblico, magari acquistando pubblicità sui giornali. E durante la trasmissione, ci stava bene in studio un collage di schermi che mostrava in tempo reale il flusso del programma sulle emittenti locali. Si dava, così, la sensazione che la piattaforma televisiva va ben oltre il duopolio Rai-Mediaset.

Un’ultima questione: oggi Servizio Pubblico informa che ha avuto 3,6 milioni di telespettatori in Rete. Ma quanti ne ha avuto sulle emittenti locali? E quanti ascoltatori può contare Radio Capital che ha fatto una martellante campagna pubblicitaria?

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