Una catastrofe naturale è stata risolta quando sono finite le sue conseguenze sociali.

Ecco perché si dovrebbe evitare di parlare con toni trionfalistici del terremoto che ha colpito L’Aquila. Basterebbe fare un giro non solo nel centro storico del capolugo – di cui, ormai, i lettori de ilfattoquotidiano.it dovrebbero sapere molto – ma anche nei paesi e nelle frazioni che circondano la città: si scoprirebbero paesi fantasma, zone rosse, macerie dimenticate da più di due anni, una desolazione che nessuno può immaginare senza viverla di persona e che raramente è stata raccontata.

Perché le situazioni al contorno, quelle più marginali, quelle più lontane dalla ribalta delle telecamere, danno la misura della situazione. Basta andare a Monticchio, a Paganica, a Roio, a Tempera, per capire che, no, quei borghi non sono rinati. E che sarà molto difficile che rinascano.

Onna fu al centro dell’interesse mediatico per mesi. Criticare l’intervento su Onna richiede di alzare il livello: la popolazione è stata mantenuta in prossimità del vecchio paese, e questa è una linea fondamentale per incoraggiare i terremotati a riprendere in mano la propria vita e a ricominciare. Ma il nuovo villaggio costruito in fretta e furia, sarà davvero provvisorio? O diventerà, a lungo termine, la Nuova Onna?

In questa nuova puntata di Yes We Camp si mostra il paese vecchio 124 giorni dopo il terremoto. Oggi non è cambiato molto.

Yes We Camp, episodio 5.

Una produzione iK
Italia, 2010 | HDV | 93′

Regia di Alberto Puliafito
Prodotto da Fulvio Nebbia
www.shockjournalism.info

Scritto e montato da Alberto Puliafito
Assistente di produzione: Marta Musso
Montaggio del suono e mix: Davide Favargiotti
Colorist: Michele Ricossa
Musiche di Fabrizio Panbianchi, Alessandro Zangrossi, Natural Breakdown

Sinossi
Nato da una collaborazione con Repubblica Tv, Yes We Camp prende il nome da una scritta comparsa sul cartellone di un giovane terremotato durante la manifestazione del 16 giugno durante la quale i terremotati chiedevano di rivedere il Disegno Legge che avrebbe approvato il Piano C.A.S.E.
Il film inizia proprio da quella manifestazione in Piazza Montecitorio, prosegue con la fiaccolata del 6 luglio dedicata al ricordo delle vittime, passa attraverso il racconto del G8 e di tutto il mese di agosto 2009 e dei primi giorni del mese di settembre, si chiude nel futuro, all’Aquila, nel 2032. È il punto di vista di un osservatore esterno che cerca di capire e di raccontare le storie delle persone che fanno parte di una Storia in continua evoluzione. È un insieme di affreschi, senza pretesa di avere la verità in tasca. Un racconto che si apre e si chiude con un punto interrogativo.

Dicono di Yes we camp
“Racconta con sguardo freddo di tende smontate senza preavviso e dell’impossibilità di manifestare dissensi. Realtà mostrate con stile cronistico, fluido e incalzante”, Paolo Calcagno, L’Unità
“Gli sfollati aquilani tramite il documentario di Alberto Puliafito hanno trovato voce in quell’America che sempre si è distinta, come terra in cui la libertà d’espressione regna sovrana”, Elisa Calpona, America Oggi
“Una sorta di Gomorra, una prospettiva degli eventi accaduti ma mai sfiorati dalla sovrapposizione pantagruelica di notizie sfornata dai media in quel periodo”, Paola Dalle Molle, Messaggero Veneto
“Un insieme di affreschi, un racconto che si apre e si chiude con un punto interrogativo”Liberazione

Festival
– Milano Film Festival
– Festival del Documentario d’Abruzzo
– Le Voci dell’inchiesta
– Piemonte Movie gLocal Film Festival

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