Come una specie di app di incontri della politica, Europe Talks, il progetto lanciato dal giornale tedesco Die-Zeit, ha fatto incontrare persone che la pensano all’opposto in tutta Europa. In un mese e mezzo hanno aderito quasi 900 persone tramite il questionario rilanciato anche da ilfattoquotidiano.it su un totale di più di 5mila sottoscrizioni. Quella che segue è la testimonianza di una nostra sostenitrice. Se hai partecipato e vuoi farci sapere com’è andata, scrivi a europetalks.ilfatto@gmail.com.

di Anna Fugnoli

Europe Talks è un bellissimo progetto, l’esperienza mi è piaciuta molto (e anche al mio interlocutore che mi ha detto di non sapere con chi parlare di questi argomenti…) e lo rifarei anche varie volte. Ho apprezzato il fatto di poter parlare e confrontarmi con pacatezza ed educazione. Quindi no contrapposizioni da stadio come in Italia. Poi trovo sia un’esperienza che ‘allarga’ la mente apprendendo pensieri e modi di leggere la realtà da parte di altri europei. Insomma per me davvero entusiasmante. Sarebbe interessante poter sviluppare questa opportunità per agevolare la creazione di un’opinione pubblica consapevole e rispettosa delle opinioni altrui, pronta a mettere in discussione le proprie e a volte a ‘portare’ dalla propria parte chi la pensa diversamente o far comprendere il perché.

Con il mio interlocutore, abbiamo analizzato i punti di vista differenti, anche se a volte un secco Sì o No è un pò limitante. Infatti argomentando ci siamo poi trovati d’accordo su quasi tutto. Ecco di cosa abbiamo parlato.

***

I voli domestici all’interno dell’Ue dovrebbero essere aboliti? Io ho detto NO e lui SI.
Lui si è dimostrato molto sensibile ai temi ambientali, come lo sono anch’io. Abbiamo concordato sul fatto che sarebbe bene sviluppare mezzi di trasporto non inquinanti come i treni per viaggiare in Europa. Il fatto che io non sia d’accordo ad eliminare i voli interni è che la conformazione dell’Italia con la lunghezza della penisola e la presenza di due grandi isole li richiede quando occorre ridurre fortemente i tempi per motivi di lavoro o urgenza.

Certamente sono favorevole a ridurli e soprattutto ci siamo trovati d’accordo sul fatto che è insensato che i voli costino così poco in rapporto al costo della vita (cibo, energia). Inoltre lui non comprende il motivo per il quale le persone vogliano viaggiare per andare all’altro capo del mondo per turismo dal momento che gli aerei sono responsabili di un forte inquinamento e mi ha chiesto cosa spinge le persone a farlo. Ho risposto che da una parte ci può essere il desiderio di viaggiare per conoscere posti e usi e costumi diversi dai nostri, ma molte persone lo fanno per status symbol e poter pubblicare le foto sui social media per far vedere dove sono stati e far rosicare gli amici. Questa cosa per lui è sconosciuta e incomprensibile. Inoltre mi ha detto che non usa i social media e che gli basta andare sulle loro montagne o stare in un bel posto senza il bisogno di arrivare in Australia.

Inoltre abbiamo analizzato la spinta che porta le persone ad avere sempre di più, ad esempio la macchina nuova ed esibirla come se la felicità potesse dipendere da queste cose esteriori, mentre abbiamo condiviso l’idea che la felicità è uno stato interiore indipendente dagli eventi esterni.

L’Europa dovrebbe avere un esercito comune? Io ho risposto No, lui Sì.
Ho argomentato specificando che in linea di principio sarei d’accordo, ma prima di arrivare ad un esercito europeo dovremmo lavorare molto sull’unità dell’Europa, dato che ad oggi abbiamo sensibilità molto diverse anche riguardo alla guerra (vedi noi e la Polonia e i paesi dell’Est) e che bisognerebbe partire da una politica estera comune quanto meno. Il punto è chi la fa? E su quali basi? Chi comanderebbe l’esercito europeo?

Lui è dell’idea che dovremmo superare l’ambito nazionale ed essere come gli Stati Uniti, una federazione. Io sarei anche d’accordo, ma bisogna lavorare molto su questo, è da costruire. Infatti lui lo considera come un progetto, un obiettivo per il futuro.

L’Ucraina dovrebbe diventare membro della Ue? Io ho detto No, lui Sì.
Le sue motivazioni si ricollegano all’idea progetto di cui sopra. Gli ucraini sono europei e se vogliono far parte della Ue non ci sono motivi validi per i quali non esserlo.
Io ho detto che di principio va bene, ma l’Ucraina oggi non ha nessun requisito richiesto per poter diventare membro Ue. Anche se, per evitare ipocrisie, molti paesi non rispecchiano tali requisiti (vedi l’Ungheria giusto per fare un esempio). Su questo si è innescato il discorso sulla guerra, l’unico punto (che non era nel questionario) sul quale non abbiamo trovato un’intesa.

Premesso che siamo tutti d’accordo sul fatto che non c’è giustificazione per l’invasione di Putin, lui sostiene che se Putin crede di essere più forte di noi e non viene fermato, invaderà anche altri Paesi europei. Lo stesso vale se Putin crederà di avere un vantaggio sganciando un’atomica lo farà. Io non credo che sia interesse di Putin né che lui voglia invadere paesi Nato dato che questo innescherebbe la 3a guerra mondiale con tanto di pericolo atomico di autodistruzione totale dell’umanità. E credo che l’unica via sia quella negoziale per trovare un nuovo equilibrio e assetto geopolitico. Il mio interlocutore però sostiene che Putin non vuole parlare di pace né di negoziato, quindi non si può fare. Qui siamo in un vicolo cieco.

L’Europa dovrebbe accettare più rifugiati?
Io ho scritto Sì, lui No perché non gli piace vedere migranti per strada (come accade in tutti gli altri paesi).
Il mio SI presuppone la consapevolezza della Ue di dover adottare una strategia comune di gestione dei flussi migratori inevitabili e che saranno sempre più frequenti e numerosi dato il cambiamento climatico e demografico che vede la popolazione europea invecchiare e calare di numero e le popolazioni africane e degli altri continenti aumentare. Si potrebbe prendere come modello la Germania che ha delle strutture dedicate (dai tempi dell’accoglienza dei siriani) dove le persone seguono un percorso di formazione linguistica, di usi e costumi del paese ospitante e poi di lavoro per poter essere pienamente integrati nella società. Solo così può funzionare. Su questo si è trovato d’accordo.

Infine gli ho chiesto se andrà a votare alle elezioni europee e mi ha detto sì. Anche in Austria pare ci sarà un forte astensionismo, forse più che in Italia.

Abbiamo parlato anche dei nostri timori (gli stessi). Oltre al cambiamento climatico e all’inquinamento affrontati nella discussione di cui sopra, abbiamo aggiunto il timore della perdita dei diritti civili, della libertà e della democrazia con l’avvento di autoritarismi tipo Ungheria. Mi ha chiesto cosa ha spinto gli italiani a votare per la Meloni e gli ho risposto che ormai una parte di elettorato italiano è molto “fluido” oltre che superficiale. Essendo molto sfiduciati dalla politica, proviamo quello che sembra nuovo o che non ha ancora governato senza considerare le conseguenze di queste scelte.

Inoltre la Meloni è stata votata anche per essere stata l’unica all’opposizione durante il governo Draghi”.

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