di Franco Bocca Gelsi * e Sara Gandini

Il cinema specchio della società, arte, mezzo di cultura, veicolo di riflessione, non poteva farsi mancare il topos del contagio. Di tutti i generi quello che meglio rappresenta la metafora della follia dell’isterismo pandemico è il genere zombie. La vittima del contagio viene spogliata della sua umanità e diviene immediatamente un nemico, da isolare, da eliminare senza troppi problemi. Tutto è lecito pur di salvarsi e di salvare la civiltà, anche a costo di distruggerne i suoi presupposti morali.

In Zombies di Romero gli zombie assediavano i sopravvissuti all’interno di un centro commerciale, tornando all’abitudine del consumo: una metafora della massa informe e acritica in cerca di pacificazione nel consumo, dove in una società in decadenza senza più regole, di fronte all’orrore si fronteggiano coloro che nutrono ancora qualche speranza nell’uomo e nella società, e coloro che si abbandonano agli istinti e persa la fede si danno al nichilismo più spregiudicato. Altra caratteristica di molti zombie film e serie è che spesso gli umani sono più pericolosi degli zombi stessi. Chi si è sottratto alla vaccinazione, è stato rappresentato così, come mero veicolo di contagio, insensibile all’appello al sociale e quindi un egoista, da deridere, emarginare, attaccare e cancellare.

Non c’è dubbio che il tessuto narrativo delle vite perse o conquistate ha visto per la prima volta nella storia dei media una contabilizzazione giornaliera dei morti e dei contagiati a livello globale pari a quella dell’immaginario cinematografico del disaster movie: i coprifuoco, la predominanza della coercizione, l’apparato militare come ultima speranza dell’umanità. La digitalizzazione ha completato l’opera con il green pass e ha creato i presupposti per una più facile gestione un domani di quelle parti sociali decise a non assoggettarsi alle scelte dei governi, attuate nel 90% attraverso dpcm.

Il concetto di responsabilità personale è stato contrapposto a quello di delega totale, scientifica, politica, militare. In un certo senso molti sembravano dire “purché mi si lasci libero di prosperare e consumare ciò che mi aggrada e mi si tranquillizzi sul fatto che tutto andrà bene, vi lascio liberi di decidere per me, tanto io non ne sarei in grado”, cantiamo sui balconi mentre siamo chiusi in casa, il trionfo della “resilienza”.

Trattare la pandemia da Covid-19 come una guerra si è rivelato efficace, la “vittoria” è stata associata al lavoro della ricerca finalizzato alla scoperta, alla produzione e distribuzione su vasta scala di un vaccino che non ha saputo tener conto dei costi in termini economici dell’investimento specifico. Sono state tolte risorse importanti alla sanità, motivo per cui oggi ci ritroviamo con un aumento della mortalità senza precedenti, che ha un filo diretto con le scelte fatte in termini di priorità sugli investimenti negli anni appena passati. L’ampio uso della metafora guerresca ha trovato un posto di rispetto nella governabilità di stampo neoliberista, dove qualsiasi accadimento o evenienza imprevista viene trattata come emergenza contingente, al fine di disinnescare qualsiasi tipo di conflitto e opposizione a priori.

Tuttavia la lettura sul fenomeno zombie può essere rivoltata come un calzino, e allora ci accorgiamo che gli zombie rischiano di essere color che tornano automaticamente alle solite abitudini, tornano come nel film di Romero ad assediare i centri commerciali, unici mai chiusi durante la pandemia, senza nessuna coscienza di ciò che hanno attraversato.

Ma noi non ci arrendiamo. E non siamo i soli. Con Elena Basile sosteniamo l’iniziativa, Europei Uniti per la Pace, presentata all’incontro della Commissione Dubbio e Precauzione, che cerca di coagulare il consenso intorno a una proposta concreta: si rivolge alle forze politiche nell’Unione europea e mira a ristabilire la centralità dei Parlamenti nazionali. “Attraverso le consultazioni dirette con i cittadini, tende a ripristinare quel legame tra popoli d’Europa e istituzioni che sembra essersi allentato. Un cardine della democrazia, la cinghia di trasmissione tra Demos e Potere, sta scomparendo. La trasformazione è sotto gli occhi di tutti”, scrive Basile sul Fatto Quotidiano.

E’ assolutamente necessario che i cittadini europei possano far sentire la loro voce con consultazioni popolari previste dai trattati europei che devono essere attivate ogni qualvolta la burocrazia europea e i suoi vertici politici decidano di allocare fondi al complesso militare industriale e a Paesi in guerra. Si tratta di iniziative fondamentali visto il riorientamento verso il complesso militare industriale dei fondi che dovrebbero essere concepiti per aiuti sociali e per investimenti in sanità e istruzione, visto l’evidente disastro post-pandemico.

*produttore cinematografico e audiovisivo e docente di sviluppo e produzione cinematografica

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Rapporto Istat, povertà a “livelli mai toccati da 10 anni” e aumenta tra i lavoratori. L’incidenza più elevata sui minorenni: sono 1,3 milioni

next
Articolo Successivo

Dovremmo chiedere scusa ai giovani: alienati e iperconnessi, vivono il presente in ansia costante

next