Il rinnovo di Bonus giovani, bonus donne e bonus per le assunzioni nel Mezzogiorno. E la promessa di negoziare con la Ue una nuova Decontribuzione Sud dopo la fine – a giugno – della disciplina semplificata sugli aiuti di Stato. Gli incentivi rinnovati dal governo Meloni con il decreto Coesione e il botta e risposta con le opposizioni sullo sconto del 30% sui contributi pagare per i dipendenti dalle aziende del Sud hanno riacceso l’attenzione sul mare magnum degli sgravi statali pensati per creare lavoro. All’elenco va aggiunta anche la super deduzione del 120% annunciata lo scorso autunno e ancora inattuata. Una novità che promette di gonfiare ulteriormente il numero delle assunzioni agevolate, che è balzato dalle 775mila del 2019 a 2,3 milioni nel 2023, e portare il costo annuo dai 7,4 miliardi censiti dall’Inps alla bella cifra di 8,7 miliardi. In buona parte sono fondi europei ma la domanda da farsi, in tempi di risorse pubbliche scarsissime, è se siano soldi ben spesi. Considerato che da mesi l’occupazione viaggia già – se si guarda alla quantità – a ritmi da record, il risultato rischia di essere un regalo a imprese che avrebbero assunto comunque. Quanto alla qualità dei posti creati, poi, i risultati delle agevolazioni varate negli ultimi anni sono stati in molti casi tutt’altro che brillanti: hanno consolidato i problemi strutturali del mercato del lavoro italiano compreso il nodo dei bassi salari.

Incentivo donne – Partiamo dalle misure messe in campo per stimolare l’occupazione femminile, che negli ultimi mesi ha raggiunto il tasso più alto dall’inizio delle serie storiche – poco sopra il 53% – ma rimanendo oltre 10 punti sotto la media Ue. Il governo ha appena deciso di rifinanziare con fondi europei e un cofinanziamento nazionale Incentivo Donne, l’agevolazione nata nel 2012 che dal 2021 è stata ampliata portando dal 50 al 100% l’esonero dei contributi a carico dei datori che assumono donne “svantaggiate” (senza lavoro da almeno 24 mesi che scendono a sei nel Sud). Ne vale la pena? Nel 2022, stando all’ultimo rapporto annuale dell’Inps, per l’incentivo sono stati spesi 301 milioni di euro. Ma gli stessi dati dell’Inps, elaborati dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), dicono che su 96mila assunzioni agevolate meno di 20mila sono state a tempo indeterminato, più di due terzi delle quali tra l’altro in part time. Oltre 30mila i tempi determinati, di cui quasi l’80% in part time. L’incentivo va insomma ad alimentare il bacino del tempo ridotto involontario, con relativi bassi stipendi. Non solo: tra i contratti “scontati” per le aziende si trovano pure 5.200 rapporti stagionali. Per il 2023 non è disponibile il dato definitivo sui costi ma sappiamo che i numeri sono molto simili a quelli dell’anno prima: 96mila donne assunte con l’agevolazione, per l’80% con contratti precari.

Esonero giovani – È stato disegnato un po’ meglio l’Esonero giovani, varato nel 2017 e a sua volta potenziato dal 2021 elevando al 100% la decontribuzione della durata di 36 mesi per chi assume under 35 che non abbiano mai avuto un rapporto stabile: lo sgravio spetta solo se l’assunzione è a tempo indeterminato e si perde nel caso l’azienda licenzi nei mesi precedenti e successivi lavoratori con la stessa qualifica. Il governo Meloni lo ripropone nella stessa forma, riducendo però il beneficio a 24 mesi. Nel 2022 è costato 1 miliardo di euro (fondi Ue e cofinanziamento nazionale). I risultati? 106mila nuove assunzioni di cui quasi 98mila a tempo indeterminato, gli altri in somministrazione. Ma analizzando i dati più in profondità la ricercatrice dell’Inapp Valentina Cardinali, esperta mercato del lavoro e politiche di genere, ha trovato che il 39% degli assunti in forma stabile con l’esonero totale è in part time. E per le giovani donne la percentuale sale al 50,8%.
In parallelo resta in vigore l’agevolazione contributiva per i giovani fino ai 29 anni assunti con contratto di apprendistato, costata ben 2,8 miliardi nel 2022 a fronte di 408mila nuovi assunti.

Assunzioni nel turismo – Desolanti, anche se largamente attesi, i risultati degli incentivi ad hoc per contratti a tempo determinato o stagionali nel turismo e negli stabilimenti termali, varati durante l’emergenza Covid. Rinnovati con uno stanziamento di 47 milioni di euro dal governo Draghi nel 2022, quell’anno sono serviti per assumere 40mila persone con contratti precari e ampio ricorso al part-time (55% dei contratti a termine, 21% degli stagionali).

Decontribuzione sud – Ma l’incentivo di gran lunga più costoso, tra quelli varati negli ultimi anni in scia alla crisi pandemica, è Decontribuzione Sud: uno sconto del 30% sui contributi previdenziali concesso alle aziende per tutti i rapporti di lavoro – non solo quelli di nuova attivazione – che prevedono lo svolgimento della prestazione lavorativa nel Mezzogiorno. Quando è stato introdotto dal governo Conte nel 2020 la stima era di ben 4 miliardi l’anno, nel 2022 ne sono stati spesi secondo l’Inps 3,2. L’agevolazione è stata sfruttata per attivare 1,3 milioni di nuovi contratti. Di che tipo? Solo 199mila i tempi indeterminati. Più di metà invece sono rapporti a termine e un altro 20% stagionali. Non solo: il 45% del totale è part-time, percentuale che sale al 64% per le donne in generale e addirittura al 77% per quelle con contratto a tempo determinato. Precarie e per di più ad orario ridotto. Indicativi anche i settori che hanno più beneficiato dello sgravio: commercio, servizi di alloggio e ristorazione, trasporto e magazzinaggio, riparazione di auto e moto. Il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto ha fatto sapere che il governo intende negoziare con la Commissione Ue “nuove modalità di applicazione della misura” nonostante il venir meno dell’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato.

Super deduzione Ires – Ora all’appello dovrebbe aggiungersi la maxi deduzione Ires prevista da uno dei decreti legislativi della delega fiscale, di cui il ministero del Lavoro deve ancora varare, con mesi di ritardo, il provvedimento attuativo. Le imprese potranno dedurre dall’imposta il 120% del costo del lavoro (130% se l’assunto appartiene a una categoria “svantaggiata”) legato alle nuove assunzioni, solo a tempo indeterminato. Il “più assumi meno paghi” che era nel programma elettorale di Fratelli d’Italia. Costa 1,3 miliardi l’anno, peraltro pagati dalle aziende che finora beneficiavano di un’altra agevolazione fiscale chiamata Aiuto per la crescita economica, abolita dal governo. La partita di giro svuota quel contributo che stimolava il reinvestimento degli utili, promuovendo la crescita dimensionale, in favore di un “premio” alle imprese ad alta intensità di manodopera, quasi sempre le più arretrate. In una fase di espansione del mercato, ci sono tutte le condizioni perché si traduca in un cadeau che non crea alcun posto aggiuntivo rispetto a quelli che sarebbero stati attivati comunque.

Elaborazione di Valentina Cardinali (Inapp) su dati Inps
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