Un prete della provincia di Perugia e una donna di Termini Imerese (Palermo) sono stati arrestati dai carabinieri con l’accusa di prostituzione minorile. Il prete si trova in carcere, la donna ai domiciliari. Secondo le indagini la donna avrebbe acconsentito, in cambio di denaro, che il figlio avesse rapporti sessuali virtuali con il sacerdote. Il minorenne ed il sacerdote di 63 anni si sarebbero scambiati materiale pornografico tramite i social network. Ma il figlio della donna non sarebbe l’unica vittima. “A me piacerebbe fare l’amore con te e con lui insieme… che non l’ho fatto mai in tre…” si legge in uno dei passaggi dell’ordinanza del gip, Fabio Pilato, che riporta la telefonata tra il sacerdote arrestato e uno dei minori con cui aveva rapporti via chat.

Nello specifico, secondo il gip, il sacerdote arrestato dai carabinieri di Termini Imerese (Palermo) attuava un “perverso modus operandi” in “totale spregio dei principi di etica e di religiosità che dovrebbero ispirare il suo comportamento”. In una telefonata il sacerdote “pur dimostrandosi compiaciuto del video a contenuto sessuale ricevuto” dal ragazzo di 17 anni, “ne pretende un secondo di identico contenuto dov’è possibile vedere anche il volto del minore“. “A seguito delle videochiamate intercorse con i minori” il sacerdote “è solito effettuare ricariche telefoniche ai minori autori delle prestazioni sessuali o pagamenti su carte prepagate poste pay nella disponibilità dei minori”. “La prova del fatto che le prestazioni sessuali venivano fatte dietro corresponsione ai minori di una somma di denaro o di altre utilità emerge sia dal contenuto esplicito, chiaro e non criptico delle conversazioni captate con le vittime, sia dagli accertamenti bancari – in parte ancora in corso – che hanno consentito di verificare, per taluni episodi la corrispondenza tra la data della videochiamata durante la quale avveniva la prestazione sessuale dei minori e il versamento delle somme da parte” del prete arrestato.

Dunque era “aduso a pratiche sessuali illecite” che ne rivelano “anche le sistematiche modalità di consumazione, la pervicacia e l’insistenza nell’avanzare le richieste, sempre dietro la prospettazione di una ricompensa economica conseguita al soddisfacimento degli istinti perversi”, si legge ancora nell’ordinanza. Il sacerdote “ha saputo impostare un gioco psicologico di dipendenza, ed anche di affetto” dice il gip “inducendo in tentazione i ragazzini con le ricompense economiche, e così approfittando delle umili origini e della situazione di bisogno”. Ma c’è di più. Per pagare le prestazioni sessuali il sacerdote avrebbe utilizzato anche i soldi delle offerte dei fedeli. Nell’ordinanza si legge anche che “è significativo il riferimento ai soldi da parte del parroco: ‘Anche a tuo cognato ieri glieli avrei voluti mandare ma non ho potuto non che non ho voluto.. non ce li avevo e non ce li ho.. se arriva qualche cosa magari vedo cosa posso fare ma sinceramente non ce l’ho..”. L’espressione “se arriva qualche cosa”, cioè al di fuori dello stipendio ordinario da lui percepito, lascia intendere che per fronteggiare i continui esborsi per le prestazioni sessuali online, il parroco potesse prelevare anche il denaro lasciato dai fedeli per le offerte.

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