Secondo il ministro del Turismo Edmund Bartlett il 2023 è stato l’anno record per la Giamaica con oltre 4 milioni di arrivi. Un incremento del 16 per cento rispetto agli anni pre-Covid. Un altro record lo ha infranto il mega hotel spagnolo Princess a Green Island, pochi chilometri di distanza da Negril: un formicaio di 2.500 stanze, bungalow per ospiti vip sospesi sull’acqua, un casinò, il primo nella storia dei resort nel Paese caraibico. Investimento complessivo: 500 milioni di dollari.

Un ecomostro a detta delle ong ambientaliste, il cui cantiere avrebbe già distrutto mangrovie e letti di alghe che davano cibo e protezione utile allo sviluppo della fauna marina. Non basta: i lavori avrebbero intaccato anche le riserve dell’acquedotto provinciale, costringendo la società fornitrice a ridurre l’erogazione per uso locale, azzerata per lunghi periodi. Una vicenda sollevata da un’inchiesta del Negril Times che coinvolge lo Stato fino ai massimi livelli, quelli di governo.

Acqua e luce sono monopolio di Stato e privato: la National Water Commission governativa controlla senza concorrenza la distribuzione dell’acqua sull’isola, mentre la Jps (Jamaica Public Service), joint-venture belga, fa lo stesso con l’elettricità. Gli utenti non hanno scelta: devono sottostare a tariffe altissime a fronte di un servizio carente per impianti e manutenzione. Una soluzione alternativa alle tubazioni è l’osmosi inversa: un processo di depurazione attraverso una membrana semipermeabile, che consente a seguito di pressione (osmosi) di rimuovere dall’acqua le sostanze impure presenti ed elementi nocivi quali arsenico, cloro e via dicendo. Con questa procedura, è possibile sfruttare fino a renderla potabile qualsiasi fonte idrica, perfino acqua salata. Matthew Samuda, ministro dell’Ambiente e della Green Economy, dichiarò durante una conferenza a Negril, il cui accesso fu interdetto ai media, che il Princess aveva già utilizzato l’osmosi inversa per ottenere l’acqua necessaria al cantiere. È stata Amber Joy, una influencer che in questa circostanza ha rimpiazzato la stampa e la TV di stato, a chiedere da dove quest’acqua provenisse, se non dagli impianti della struttura governativa Nwc.

In realtà Samuda ha mentito: l’autorizzazione a tale sistema per depurare e desalinizzare l’acqua proveniente dalle paludi e dal mare, è sotto esame della Nepa, l’agenzia governativa ambientale che deve prima valutare gli effetti sul territorio. Andrew Holness – premier al secondo mandato del partito Jlp, che si chiama Labour ma è conservatore – ha dimostrato leggerezza nel maneggiare la patata bollente Princess.

La desalinizzazione in un’isola sembrerebbe la più logica: il costo dell’acqua marina desalinizzata al metro cubo è di 1,5 dollari. Economicamente utilizzare l’acqua di mare conviene rispetto al trasporto carissimo di quella dolce dentro autobotti private che caricano dove capita: una sorgente naturale se va bene, altrimenti anche uno scolo di acqua piovana. E la vendono a peso d’oro: un carico che non basta per un mese costa 30mila dollari giamaicani, cioè 200 dollari americani.

Ma la compagnia governativa, timorosa di perdere fatturato incoraggiando progetti che potrebbero generare una concorrenza a prezzi più competitivi sul mercato, ha sempre snobbato tali alternative, senza neanche adeguare gli impianti già esistenti. Silenzio di Holness su questo progetto, che potrebbe risolvere anche il problema della siccità che affligge il Sud dell’isola, dove piove poco.

La Logwood Plant di Nwc – costruita sulle colline di Hanover nel 1975 – copre da sola le esigenze di un territorio così vasto. E sarebbe stata depauperata dal cantiere Princess, che – secondo l’inchiesta del Negril Times – per gli impasti del cemento necessari al calcestruzzo delle costruzioni avrebbe dilapidato 800mila galloni di acqua al giorno, cioè oltre tre milioni di litri. Senza contare che, dopo l’inaugurazione prevista a giugno, l’acqua servirà per le docce di circa 4mila turisti a settimana, oltre a tenere operativa la lavanderia 16 ore al giorno.

“Sono cifre fuori di testa – replica a ilfattoquotidiano.it Enrico Pezzoli, general manager italiano responsabile del complesso alberghiero – Noi abbiamo sofferto gli stessi problemi della gente, poiché durante la stagione estiva gli impianti della Nwc manifestano sempre la loro inadeguatezza. Dal 15 giugno, giorno dell’apertura, usufruiremo dei nostri pozzi per l’osmosi inversa, quindi non avremo più bisogno di Nwc”. Poi c’è l’aspetto dell’impatto ambientale, però: secondo denunce della Jamaica Environment Trust per edificare le prime 1000 stanze le ruspe hanno spianato l’intero manto di mangrovie sottostanti che fanno parte dell’ecosistema di Green Island, oltre ai danni sulla barriera corallina per costruire i bungalow. “Guardi, la Nepa è in cantiere ogni giorno per i controlli – risponde Pezzoli – Abbiamo richiesto la consulenza della Smith Warner che è la società più quotata dell’ingegneria costiera compatibile con l’ambiente. Sono solo 14 bungalow, per cui l’impatto sulla barriera corallina è stato minimo”. Il manager garantisce che il casinò non sarà costruito davanti alla high school presente vicino al resort: “L’edificio davanti alla scuola ospiterà il personale di servizio, che sarà composto da 350 persone”.

La Jet ha diffuso un video su X divenuto virale, dove la rimozione delle mangrovie appare evidente. Quanto alla Smith Warner, che ha sede nella capitale Kingston, è uno studio privato che prepara i rapporti in base ai dati forniti dai clienti, per cui la loro valutazione non può essere considerata imparziale.

Tornando all’acqua, secondo funzionari della Nwc, l’impianto sarebbe in grado di fornire 7,5 milioni di galloni diari, ma deve coprire il fabbisogno di due province, Hanover e Westmoreland, dove solo la Mecca del turismo Negril in alta stagione ospita tra hotel all inclusive ed escursioni circa 20-30mila visitatori, più 70mila residenti locali in Hanover e 145mila nel Westmoreland. E non ci saranno solo le 2.500 stanze del Princess: a Lucea, pochi chilometri da Green Island, opera a pieno ritmo il Grand Palladium, altro Moloch spagnolo che di stanze ne ha 550, più una piscina faraonica che occupa la parte centrale della struttura, oltre ai due Riu e il Royalton a Negril.

C’è poi il problema della pressione, che non arriva a tutti nello stesso modo. E dove troppo debole, l’acqua non esce anche se presente. Per cui ci si arrangia, con l’acqua cara e poco salubre delle autobotti, per chi se lo può permettere. Nel West End di Negril (la zona delle scogliere) si accendono le proteste e i blocchi stradali, letteralmente: la gente inviperita dà fuoco a barricate di alberi e pneumatici.

Eppure già negli anni Novanta, prima dell’avvento di questi colossi del turismo, John Issa, figlio di immigrati palestinesi in Giamaica, ceo di Grand Lido, Couples e Swept Away, aveva sperimentato impianti di desalinizzazione nei suoi resorts prima della vendita del Grand Lido al gruppo canadese Royalton che lo trasformò ne l’obbrobrio attuale, perpetrando già nel 2016 le violazioni, aggravate dai crolli di strutture che ferirono allora 6 operai uccidendone uno.

Se Issa ha mantenuto nelle sue proprietà uno stile ecosostenibile, i nuovi arrivati – Palladium, Riu, Royalton e ora il Princess – sono le torri di Babele del turismo moderno, condomini a schiera che aldilà della bruttezza e dell’impatto ambientale, di caraibico non hanno più nulla. Tristi Tropici.

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