Le frontiere esistenti tra il Niger dei colonnelli e il Benin di Patrice Talon, re del cotone indiscusso e presidente del Paese, sono vergognosamente chiuse. A causa delle sanzioni applicate in risposta al golpe militare di fine luglio dell’anno scorso, centinaia di camion e container sono bloccati dall’altra parte del ponte. Adesso è pure l’innocua piroga, che permetteva ai passeggeri di attraversare il fiume Niger, ad aver ricevuto l’ordine di arresto. Ciò significa che, come in un lontano passato, le frontiere tra i due Paesi confinanti sono completamente chiuse o quasi. In effetti c’è il disputato oleodotto che trasporta petrolio ‘cinese’ dal Niger alla costa atlantica del Benin che mantiene in vita una frontiera che altrimenti sarebbe del tutto invalicabile. Il libero movimento di persone e beni nello spazio dei Paesi dell’Africa Occidentale, in breve la tanto contestata Cedeao, si allontana dalla realtà una volta di più.

Non affatto è il caso di Abdou Boubacar, uscito dall’ultima frontiera che lo ha imprigionato per 14 mesi a causa di un reato mai commesso nella città di Dosso, non lontano dalla capitale Niamey. Dice di essere nato in Costa d’Avorio ma nel foglio di uscita del carcere c’è scritto Monrovia, la capitale della Liberia. Dice di aver studiato in Liberia dove si parla inglese, ma il suo francese è quasi perfetto. Afferma che, essendo sua madre ivoriana, passava le vacanze da lei e questo spiegherebbe tutto. Adolescente, segue il fratello maggiore fino in Mauritania per poi tornare in una patria a scelta del momento e delle circostanze. Abdou, secondo il foglio di rilascio, è nato nel 2003 circa e avrebbe dunque la bellezza di 21 anni e lo stesso numero di frontiere sedotte, se non di più. Decide di attraversare il mare e per questo parte dalla Liberia, passa la Guinea, il Mali e, navigato il deserto del Sahara, approda in Algeria.

Lavora per qualche mese ad Algeri nei cantieri edili come piastrellista, manovale e imbianchino. Il tempo necessario di andare in Libia e tentare finalmente il sogno del Mediterraneo per raggiungere l’Italia. Dopo un breve soggiorno a Tripoli paga 1700 euro al passeur per l’ultimo posto disponibile nel battello. Assicura che c’erano 113 passeggeri di tutte le nazionalità dell’Africa e altrove, comprese donne e bambini. Partiti all’imbrunire, sono stati fermati dalla guardia costiera libica ad appena un centinaio di metri dalla costa. Messo a lavorare per qualche mese gratuitamente da qualche capo, torna in Algeria dove, stavolta, le guardie e i militari lo arrestano e deportano sino al confine col Niger. Passa, con altri come lui, la frontiera invisibile tra i due Paesi la notte per raggiungere una cittadina abitata soprattutto da migranti espulsi chiamata Assamaka. Dopo un breve soggiorno, coi soldi nascosti nelle parte intime del suo corpo, raggiunge Arlit, Agadez e, nella cittadina di Dosso, passa la porta della prigione civile.

Esibisce il foglio di uscita del carcere come l’unico trofeo guadagnato in questi anni di trasgressioni delle frontiere. Quattordici mesi inutili di carcere per un giovane di poco più di vent’anni non sono pochi. Abdou si sorprende, affamato e sperduto, a contare il numero di frontiere che l’hanno attraversato da quando è nato non si sa dove, quando e perché. Forse tornerà dove era partito per tentare ancora la pazienza del deserto e l’incertezza del mare. Abdou chiederà la meta del suo viaggio alle frontiere che, finora, non l’hanno mai tradito.

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