“Non dire niente, che m’attaccanu”. “Non dire niente che mi arrestano”. È la frase che una ragazzina di 13 anni ha registrato dopo essere stata molestata da un collaboratore scolastico di 65 anni all’interno della scuola media di Taurianova (Reggio Calabria). Con l’accusa di violenza sessuale aggravata su minorenne, la gip Anna Laura Ascioti lo ha sospeso dal servizio, allontanandolo dall’istituto e accogliendo la richiesta formulata dal procuratore della Repubblica di Palmi, Emanuele Crescenti, e dal sostituto procuratore Letterio De Domenico.

La vicenda risale al 2023 quando, stando alle indagini dei carabinieri, il collaboratore scolastico avrebbe seguito una studentessa di 13 anni nei bagni della scuola e, dopo averle bloccato ogni via di fuga, l’avrebbe molestata, intimandole di non dire nulla. La ragazza, però, ha avuto la prontezza di registrare, con il cellulare, le minacce subite dopo la violenza sessuale e dopo essersi confidata con alcune amiche più strette e con i genitori. Proprio i genitori hanno poi accompagnato la giovane dai carabinieri: a loro ha consegnato l’audio e ha raccontato cosa è avvenuto nei bagni della scuola.

Da qui l’indagine, condotta dai militari dell’Arma, che ha portato alla misura cautelare della sospensione dal servizio del collaboratore scolastico. Stando alla ricostruzione degli investigatori, nel corso delle attività pomeridiane, l’indagato ha dapprima iniziato a rivolgere apprezzamenti alla tredicenne per poi iniziare a seguirla negli spostamenti lungo i corridoi. Una situazione poi andata avanti per mesi, fino all’episodio avvenuto in un momento di pausa dalle lezioni quando il collaboratore scolastico ha seguito la studentessa nei bagni e, secondo l’accusa, l’ha molestata.

“Abbiamo riscontrato che la ragazza si è presentata ai carabinieri assieme ai familiari, ai genitori e questo è un fatto estremamente positivo – è il commento del procuratore di Palmi Emanuele Crescenti – C’è una tendenza a seguire la strada delle istituzioni per avere le tutele di legge e non nascondere i fatti o, peggio, cercare delle vendette private. È stata concessa dal gip l’interdittiva nella misura e nel tempo che abbiamo chiesto noi, il tempo massimo che è di un anno di sospensione dal servizio. Questo è il massimo che la legge prevede per questi fatti”. “La ragazza – conclude il magistrato – aveva con sé il telefonino ed è riuscita ad attivarlo. Quello che viene fuori di concreto è di ‘non parlare sennò mi arrestano’. Anche la scuola ha collaborato con noi così come le amiche della ragazza alle quali lei aveva fatto delle confidenze sui fatti. Anche loro hanno confermato i fatti”.

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