Ironia della “sorte”, mentre la chiesa bizantina del Cristo Salvatore in Chora a Istanbul veniva aperta al culto islamico -provocando dure reazioni da parte della Grecia – il presidente turco nonché leader della fratellanza Musulmana (Islam politico) Recep Tayyip Erdogan ha criticato l’Unione per non aver aperto le porte alla Turchia. Attraverso le sue modalità da “reis”, Erdogan per aggiungere enfasi al suo ritrovato e opportunista interesse nei confronti di Bruxelles, ha inviato pubblicamente il proprio sdegno nel giorno in cui l’UE celebrava la Giornata dell’Europa, commemorando la Dichiarazione Schuman del 1950, che gettò le basi per l’integrazione. La risposta di Bruxelles alla decennale richiesta di adesione da parte di Ankara è in stallo da tempo con una flessione verso il basso da quando è stata evidente la deriva autocratica del presidente della Repubblica turca, che sotto la sua ventennale autocrazia è diventata presidenziale per via referendaria. Approfittandosi della guerra a Gaza per ergersi a protettore dei palestinesi – in realtà di Hamas, che ha definito un “movimento di liberazione” – e sfruttando la pericolosa situazione geopolitica di cui è stato, ed è, uno degli attori principali ( vedi Libia, Corno d’Africa, Iraq, Ucraina, Siria, ecc.), Erdogan ha detto rivolto alla Ue: “Nell’attuale congiuntura critica, è imperativo per la Turchia e l’UE rafforzare la cooperazione su tutti i fronti, in particolare nei negoziati di adesione, che costituiscono il fondamento della loro relazione”, ha affermato nel suo messaggio all’Europa che sta per andare alle urne. Il presidente turco ha sottolineato l’importanza che l’UE adotti politiche inclusive che diano priorità alla cooperazione e all’equità, affermando che tali azioni sono cruciali per il futuro del continente. “Come Turchia, siamo pronti a collaborare per un futuro europeo più prospero, solidale e aperto, in cui la nostra nazione prenda giustamente il suo posto”, tuttavia ha esortato l’UE ad affrontare le sue relazioni con la Turchia in modo equo e con risultati tangibili, sottolineando il principio pacta sunt servanda (gli accordi devono essere mantenuti). Ha messo in guardia contro le politiche e la retorica che potrebbero portare a un ulteriore stallo nelle relazioni. “In risposta alle misure di esclusione contro la nostra nazione, che minano la posizione globale dell’UE, la Turchia non si asterrà dallo sfruttare e rafforzare le sue opportunità e capacità strategiche”, ha minacciato neppure troppo velatamente Erdogan. Il presidente ha anche criticato la risposta degli Stati membri dell’UE alla situazione umanitaria a Gaza, affermando che ha “eroso la fiducia nei valori europei”. Erdogan ha sottolineato che la Giornata dell’Europa dovrebbe simboleggiare non solo l’inizio dell’unità politica ed economica, ma anche la commemorazione della pace e della stabilità raggiunte attraverso decenni di sforzi congiunti. “Tuttavia, sfide come le guerre a livello globale e nella nostra regione immediata, i conflitti, il terrorismo, l’immigrazione irregolare e il cambiamento climatico minacciano l’ordine in Europa, così come a livello globale”, ha aggiunto. Il capo dello Stato e leader del partito (Akp) alla guida del governo ha sottolineato anche la sua profonda preoccupazione per l’ondata di islamofobia, xenofobia e razzismo in tutto il continente, identificandoli come le principali preoccupazioni sia per i cittadini turchi che per gli immigrati residenti in Europa. La Turchia ha invitato la Russia e l’Ucraina a “tornare al negoziato e lavorare per costruire una pace equa sulla base della legge e del diritto”. Nonostante la sua preoccupazione per quella che definisce “islamofobia”, il sultano non sta facendo nulla per mostrare il proprio rispetto nei confronti degli europei che sono prevalentemente di religione cristiana. Anzichè tendere la mano ai cristiani turchi e, di conseguenza, agli europei, ha permesso che un’altra chiesa venisse trasformata in moschea, in ossequio alla sua agenda neo ottomana. L’uso strumentale dell’Islam per rafforzate il proprio potere lo ha convinto a proseguire nell’opera di conversione di tutte le chiese/museo bizantine a moschee. Una strada intrapresa a partire dalla iconica chiusura tre anni fa di Santa Sofia in quanto museo e la sua riapertura solo per il culto islamico . A convincere Erdogan a proseguire su questo “cammino spirituale” è la presa di posizione del partito islamista che contende al proprio di ispirazione islamica la leadership nell’ambito dei partiti religiosi. Sono proprio questi ultimi che alle scorse elezioni amministrative hanno rubato voti al suo partito, aiutando peraltro di fatto i partiti dell’opposizione -laica e repubblicana- a riottenere tutte le principali città. Uno degli obiettivi dei membri dell’Islam politico, dei nazionalisti anche laici e dei filo-ottomani è la trasformazione di tutte le chiese bizantine di Istanbul in moschee. Le moschee in tutta la Turchia sono circa 85 mila, di cui 17 mila costruite durante i 22 anni del governo della Giustizia e Sviluppo cofondato da Erdogan. La mentalità “Fatih”, cioè della “Conquista”, glorificata dai sultani ottomani, in particolare da Mehmet II che strappò Istanbul ai cristiani nel 1453, è diventata centrale per i musulmani turchi che cercano nel passato un rifugio contro la modernità e l’evoluzione secolarista delle istituzioni internazionali, Unione Europea inclusa.

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