Iniziano ad ottenere risultati di un certo rilievo le mobilitazioni studentesche a sostegno della Palestina. Diversi atenei stanno “aprendo” alle richieste degli universitari che chiedono disinvestimenti da Israele, trasparenza e maggiore attenzione sulle collaborazione con le strutture israeliane. Il Trinity College di Dublino, in Irlanda, ha affermato che disinvestirà da tutte le società israeliane elencate nella lista nera delle Nazioni Unite.

I rettori di 77 università spagnole si impegnano a “rivedere e, in caso fosse necessario, sospendere gli accordi di collaborazione con università e centri di ricerca israeliani che non si siano schierati espressamente in favore della pace e del rispetto del diritto umanitario internazionale”. Lo hanno annunciato in un comunicato dalla Conferenza di Rettori e Rettrici delle Università Spagnole (Crue), che si dice “profondamente costernata dai gravissimi fatti in corso attualmente nella Striscia di Gaza”. L’Università di Barcellona ha promesso di tagliare i legami con istituzioni e centri di ricerca israeliani. Cinque università norvegesi hanno deciso di disinvestire dai programmi di ricerca con le università israeliane già a febbraio.

A Cambridge, in Inghilterra, più di 1.700 tra professori, ex studenti e studenti dell’Università di Cambridge hanno firmato una lettera aperta in cui esprimono sostegno ai manifestanti che hanno allestito l’accampamento di protesta all’inizio di questa settimana, chiedendo all’università di porre fine a qualsiasi potenziale complicità nella guerra di Israele a Gaza. La lettera afferma che gli studenti in protesta “si uniscono ad un’ammirevole tradizione di lotta di emancipazione che include le precedenti proteste studentesche contro l’apartheid sudafricano e la guerra in Vietnam”. Gli accademici hanno inoltre espresso sostegno al “diritto dei nostri studenti alla libera espressione e alla protesta” e hanno elogiato il loro “coraggio nel portare dibattiti urgenti al di fuori dell’ambiente scolastico”. Una componente importante degli studenti mobilitati e fa parte del gruppo Ebrei di Cambridge per la Palestina.

L’ateneo ha inviato una lettera ai suoi studenti e al personale affermando che l’istituzione “è pienamente impegnata a favore della libertà accademica e della libertà di parola nel rispetto della della legge e riconosce il diritto di protestare. Chiediamo a tutti nella nostra comunità di trattarsi a vicenda con comprensione e empatia. La nostra priorità è la sicurezza di tutto il personale e degli studenti. “Non tollereremo l’antisemitismo, l’islamofobia e qualsiasi altra forma di odio razziale o religioso”.

Negli Stati Uniti l’Università della California Riverside ha accettato di rimuovere i fondi dalle aziende produttrici di armi e di chiudere i suoi programmi di studio in Israele. La Northwestern University ha accettato di rendere pubblici i propri investimenti e di offrire più posti agli studenti palestinesi. La Brown University ha promesso un voto sul disinvestimento in società legate ad Israele in autunno. L’Evergreen State College ha istituito una task force per valutare i propri investimenti e selezionare solo quelli socialmente responsabili.

Altri atenei continuano a ricorrere alla repressione. La polizia ha sgomberato un accampamento di studenti pro-Gaza sul campus del Massachusetts Institute of Technology. La polizia è entrata nel campus verso le quattro di stamattina e ha fatto una decina di arresti dopo aver dato ai manifestanti 15 minuti di preavviso. Ieri altri studenti del Mit erano stati arrestati per aver bloccato l’accesso a un garage. Nella vicina Harvard i negoziati tra manifestanti che occupano il campus e l’amministrazione dell’ateneo sono arrivati a un punto morto. È stata respinta una proposta del presidente ad interim Alan M. Garber per porre fine all’occupazione ormai in corso da due settimane. La polizia ha fatto irruzione all’alba anche alla University of Pennsylvania per sgomberare una tendopoli di manifestanti pro-palestinesi. L’ingresso delle forze dell’ordine ha fatto seguito ad affermazioni del governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, un democratico, secondo cui “era passato” il momento per sgombrare il ‘green’ del campus di Filadelfia dai manifestanti.

In Belgio, gli attivisti dell’Università libera di Bruxelles (Ulb), che da martedì occupano un edificio dell’ateneo, sono insorti contro la presenza dello storico ed ex ambasciatore di Israele in Francia, Elie Barnavi, a uno scambio sul futuro del Medio Oriente in programma il 3 giugno. Ferma la replica della rettrice, Annemie Schaus: “Non cederò alle intimidazioni, alle pressioni o alle minacce”, ha scritto in un lungo post su LinkedIn, confermando la partecipazione di Barnavi.

In Italia sono diversi gli atenei in cui si registrano iniziative a difesa di Gaza. “Con i Giovani palestinesi e gli studenti pro Gaza che da domenica scorsa sono accampati a Bologna in piazza Scaravilli “continuiamo il dialogo, anche quando i toni superano la soglia di tolleranza. Dispiace constatare che ci siano gruppi di studenti che non hanno rispetto nemmeno per altri gruppi di studenteschi, rendendo difficoltose o costringendo a spostare manifestazioni autorizzate che si dovevano svolgere in piazza Scaravilli”, dice il rettore dell’Università di Bologna, Giovanni Molari.

Una grossa bandiera della Palestina è stata appesa al colonnato del cortile centrale dell’Università Statale di Milano, dove è in corso la “acampada” per l’Intifada studentesca. Un altro striscione con scritto “Fermiamo il massacro del popolo palestinese” è stato esposto a una delle balconate. La maggior parte degli studenti in protesta, intanto, è seduta nel prato dove sono state montate le tende. A breve dovrebbe tenersi una conferenza stampa.

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