L’intifada studentesca infiamma anche le università arabe. Le proteste pro-palestinesi non si sono infatti limitate alle università statunitensi o europee ma hanno ispirato anche gli studenti universitari dei paesi arabi, che nelle ultime settimane hanno allestito accampamenti o organizzato manifestazioni nelle loro università, talvolta in protesta con i loro stessi governi. La maggior parte dei manifestanti chiede il boicottaggio e il disinvestimento da aziende israeliane o che rientrano nella lista di quelle da boicottare secondo il Bds (cioè la campagna globale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele). Dalla Tunisia al Libano, dall’Egitto alla Giordania, passando per l’Iraq le proteste si svolgono in un ambiente relativamente tranquillo ma rimangono sotto gli occhi vigili dei governi, diffidenti nei confronti delle manifestazioni pubbliche di malcontento. Già negli scorsi mesi infatti i governi arabi, soprattutto in Marocco e Giordania, hanno dovuto fare i conti con forti proteste che chiedono la rottura dei legami diplomatici con Israele.

Tunisia – Nelle ultime settimane, centinaia di studenti tunisini hanno manifestato nelle università del paese in solidarietà con il popolo palestinese e contro la guerra di Israele a Gaza, rispondendo all’appello dei due principali sindacati studenteschi del paese, l’Unione Generale degli Studenti Tunisini (Uget) e l’Unione Generale Tunisina Unione degli Studenti (Ugte). Il 2 maggio gli studenti tunisini di giornalismo, dopo aver denominato il loro campus in onore di Sherine Abu Aklehuna giornalista palestinese uccisa mentre era in servizio dall’esercito israeliano nel 2022 – hanno costretto l’Istituto di scienza della stampa e dell’informazione di Manouba di recidere i propri legami con l’istituto di think tank tedesco Konrad-Adenauer-Stiftung, accusato di essere “filo-sionista”. L’amministrazione dell’istituto tunisino ha, fin da subito, sostenuto le richieste studentesche: “Noi, lo staff e i professori, condividiamo la stessa posizione. Dall’inizio di quest’anno, le partnership con organizzazioni che sostengono apertamente Israele sono state interrotte”, ha spiegato Hamida El Bour, presidente dell’istituto, ad una radio locale, aggiungendo che “questa manifestazione è legittima perché sostiene la causa palestinese”.

Giordania – In Giordania, gli studenti di diverse università si sono organizzati il 30 aprile a sostegno di Gaza, in seguito all’appello del gruppo Student Forum che, in una dichiarazione, ha spiegato che “ciò che sta accadendo nelle università americane è un movimento senza precedenti, a sostegno della causa palestinese, di Gaza e della sua resistenza” nato come “reazione naturale ai crimini dell’occupazione, alle sue uccisioni e distruzioni a Gaza”. Gli studenti chiedono al governo giordano di fermare ogni forma di normalizzazione con Israele, di annullare il trattato di pace del 1994 e l’accordo sull’importazione di gas e di chiudere l’ambasciata israeliana ad Amman. Già un forte movimento di massa aveva infiammato le piazze di Amman durante il mese islamico del Ramadan, più precisamente dal 24 marzo, quando migliaia di giordani hanno protestato davanti all’ambasciata israeliana, chiedendo al governo di Amman di interrompere tutte le relazioni con Tel Aviv, compreso il trattato di pace del 1994. In quel contesto almeno 500 persone sono state arrestate e la polizia ha represso con la violenza le proteste. Le attuali manifestazioni nelle università hanno coinvolto anche docenti, personale e decine di accademici giordani che hanno rilasciato una dichiarazione di solidarietà con gli studenti e gli accademici delle università americane: “Siamo nella lotta contro l’ingiustizia globale che ha privato il diritto di un popolo all’autodeterminazione. Questa ingiustizia deve finire, e la coscienza globale deve tornare per poter scoraggiare l’aggressore e sostenere gli oppressi”, si legge nella lettera.

Libano – Le proteste studentesche libanesi, iniziate il 30 aprile e considerate dai media locali come “la più grande manifestazione di sostegno studentesco alla Palestina in Libano dal 7 ottobre”, hanno interessato soprattutto l’Università americana di Beirut e l’Università araba di Beirut dove centinaia di studenti hanno manifestato chiedendo ai loro atenei di garantire trasparenza finanziaria e di disinvestire da qualsiasi società collegata a Israele. “La nostra speranza come studenti è di influenzare e fare pressione sugli Stati che sostengono Israele. Possiamo sostenere la resistenza palestinese se abbiamo in mente obiettivi specifici”, ha spiegato uno degli studenti al giornale arabo The New Arab. In Libano, comunicare o avere legami con gli israeliani è illegale poiché i due paesi sono in stato di guerra, ma ora gli studenti chiedono il boicottaggio anche di aziende o enti che hanno legami con Israele. La Rivolta studentesca per la Palestina dell’Università americana di Beirut ha rilasciato invece una dichiarazione in cui delinea le proprie richieste, che includono “la creazione di un unico Stato palestinese democratico dal fiume al mare”. Il gruppo ha inoltre chiesto all’ateneo libanese il boicottaggio della società tecnologica Hp che, secondo la dichiarazione, fornisce tecnologia per Israele.

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