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Disforia di genere, alla Camera parlano i Pro-Vita e il Pd abbandona la commissione

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Il Partito democratico ha deciso di abbandonare i lavori della commissione Affari sociali di Montecitorio prima che iniziasse l’audizione dell’associazione Pro-Vita & Famiglia, note per le posizioni anti abortiste e contro i diritti Lgbtqi+. Sul tavolo la discussione sulle risoluzioni sulla definizione di linee guida in materia di disforia di genere. Ad annunciare la presa di posizione i deputati dem Ilenia Malavasi e Marco Furfaro.

“La disforia di genere è un tema vero e serio”, hanno dichiarato, “che va affrontato nella sua complessità e delicatezza in modo scientifico, senza preconcetti o chiusure ideologiche. Abbiamo abbandonato i lavori per rispetto istituzionale, sarebbe stato veramente imbarazzante ascoltare le tesi retrograde di chi mette in discussione addirittura le decisioni dell’Oms”.

In contemporanea, in Lombardia veniva discussa una mozione del Carroccio di sostegno al tavolo ministeriale per l’elaborazione di nuove specifiche linee di indirizzo sull’utilizzo della triptorelina nei casi di disforia di genere, farmaco che può ritardare lo sviluppo puberale dei bambini che soffrono di disforia di genere e che quindi non accettano il sesso di nascita. Il testo che ha avuto il via libera era in una versione più ‘edulcorata’ rispetto a quello presentato inizialmente che chiedeva alla giunta di vietare il farmaco. Hanno protestato le opposizioni. “La mozione della Lega è il solito ‘cavallo di Troia’, che introduce in maniera goffa un tema delicatissimo, sacrificandolo sull’altare della propaganda elettorale del partito” per la consigliera del M5s Paola Pizzighini mentre Roberta Vallacchi del Pd parla di una mozione “approssimativa, imprecisa, con dati non corretti e che non aveva senso portare dentro il Consiglio regionale”. “L’ente suprema su questioni legate ai farmaci è Aifa – conclude Luca Paladini, consigliere del Patto Civico – quindi che la politica provi a dire quali sono i farmaci da usare e da non usare è già un cortocircuito in termini costituzionali”. Proprio Paladini è stato oggetto di insulti da parte del consigliere leghista Davide Caparini, poi espulso dall’Aula.

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