Botta e risposta serrato a Tagadà (La7) tra Peter Gomez, condirettore de Il Fatto Quotidiano e direttore de ilfattoquotidiano.it, e Franco Bechis, direttore di Open. Argomento del dibattito è la candidatura di Vittorio Sgarbi in Fratelli d’Italia alle prossime elezioni europee.
Sulla ennesima avventura politica dell’ex sottosegretario alla Cultura, sul quale pende attualmente la richiesta di rinvio a giudizio dalla Procura di Roma per reati tributari e che è indagato per riciclaggio di opere d’arte, Gomez osserva: “Fare politica non te lo ordina il dottore. E i partiti non possono chiedere ai cittadini comportamenti esemplari quando potevano candidare altre 100mila persone e si prendono il rischio di presentare nelle loro liste un signore che rischia tra qualche anno una condanna in via definitiva. Sgarbi non ha bisogno di soldi, non ha bisogno di mangiare, non ha bisogno di niente. Ma che razza di messaggio dai ai cittadini? Sarebbe un partito legge e ordine questo?“.

Bechis ribatte: “In parte hai ragione ma in questo caso un po’ meno. Le liste sono piene di gente che sai fin dall’inizio non verrà eletta al Parlamento europeo, ma queste sono elezioni dove la preferenza conta. Quindi, i cittadini, se decidono di dare la preferenza a Sgarbi, è perché per loro le sue vicende non sono così importanti“.
Gomez dissente: “Io credo che la risposta ‘l’hanno votato’ sia priva di senso, perché i partiti hanno dei compiti che vanno al di là del semplice raccogliere voti. I partiti devono guidare bene un paese e dare un esempio coi loro comportamenti. Se questo non accade, perché allora ogni altro cittadino non dovrebbe sentirsi autorizzato a fare come i partiti? E poi ci aumentano le pene per i rave? Ma siamo matti?”.

Il direttore di Open replica: “Tu hai ragione però io credo a quella cosa per cui un cittadino è innocente fino al terzo grado di giudizio. E un innocente è uguale a un altro innocente. Punto”.
Anche io sono d’accordo sull’innocenza fino al terzo grado di giudizio – risponde il direttore del Fatto online – ma questo vale nelle aule dei tribunali. In politica, se vogliamo smettere di essere uno dei paesi più corrotti d’Europa, dovrebbe funzionare diversamente”.
“Ognuno fa le regole che vuole – ribadisce Bechis – Esistono anche le regole che non ci piacciono”.
Gomez menziona il caso di Totò Cuffaro, l’ex presidente della Regione Sicilia condannato a 7 anni di reclusione per favoreggiamento a Cosa nostra: “Quindi, candidare Cuffaro prima della condanna, nonostante tutti in Sicilia sapessero cosa faceva e chi era, fu una cosa bella? Ma è così che si fa la lotta alla mafia? A questo punto, basta con le commemorazioni e i discorsi sulla lotta alla mafia, perché è di una ipocrisia totale“.

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