La violenza in America Latina e nei Caraibi continua ad essere protagonista. È quanto è emerso da un incontro internazionale che si è celebrato per tutta la giornata del 23 aprile a Casa d’America nel cuore di Madrid, dal titolo appunto “Territorio di violenza. Il crimine in America”.

In un intenso dibattito, con testimonianze e analisi di alto livello, si è discusso dei vari aspetti che alimentano questa spirale nella regione latinoamericana, utilizzando una prospettiva ampia che ingloba la geopolitica, le migrazioni, i femminicidi e la protezione dell’ambiente. Il punto di partenza lo offre InSight Crime, che nel suo report regionale riferito all’anno scorso spiega che “nel 2023 in America Latina e nei Caraibi sono state uccise almeno 117.492 persone, con un tasso di omicidi di 20 ogni 100.000 abitanti. Tuttavia, i dati sugli omicidi in molti paesi sono inesistenti o inaffidabili, quindi il numero reale è probabilmente più elevato”. Per riuscire a fare un confronto dobbiamo pensare che in Europa troviamo l’Italia con un numero di omicidi ogni 100mila abitanti pari a 0,6, in Germania 0,9, Regno Unito 1,2 e Francia 1,4.

Le analisi sulla geopolitica della violenza hanno mostrato che la criminalità organizzata continua a crescere in 22 dei 35 paesi del continente americano (includendo anche l’America del nord) perché, come ha spiegato Nicolas Zevallos Trigoso (criminologo e fondatore dell’Istituto di Criminologia e Studi sulla Violenza del Perù) “le organizzazioni criminali hanno democratizzato la violenza e la criminalità in molti scenari”. Nello specifico sono stati analizzati i casi della Colombia, dove il presidente Gustavo Petro sta cercando di implementare un piano da lui stesso chiamato “Pace totale”, e del Messico, dove tra poche settimane si andrà alle urne per eleggere il/la futuro/a presidente. In Colombia è stato sottolineato come ad oggi esistano ancora almeno 18.000 persone legate ai gruppi armati criminali nelle aree urbane e 15.000 in quelle rurali, numeri enormi che misurano la sfida che affronta il primo governo di sinistra nei 200 anni della storia del paese sudamericano.

In Messico, paese sotto osservazione per i femminicidi (vengono uccise 12 donne al giorno), l’espansione dei cartelli, soprattutto quello di Sinaloa e il cartello di Jalisco Nueva Generación, ha portati questi ultimi a diversificare il loro raggio d’azione (centrato all’inizio principalmente sul narcotraffico), includendo anche il traffico di esseri umani, il furto di veicoli, l’estorsione mineraria, la pirateria farmaceutica, il traffico di armi, i rapimenti, ecc.

Non sono mancate le riflessioni sulla “Bukelizzazione” della regione e su quanto si stia vivendo nel Salvador, dove il presidente Bukele mantiene da due anni il paese in stato di eccezione. Da segnalare in questo senso il risultato della consulta del 21 aprile scorso, voluta dal presidente ecuadoriano Daniel Noboa, dove la popolazione ha deciso di autorizzare le forze armate ad ampliare il loro raggio d’azione per pacificare un paese che solo nel 2023 ha raggiunto la cifra di 8mila omicidi: un tasso di 45 morti per omicidio su 100mila abitanti (il più alto della regione).

Un punto di analisi importante ha riguardato le migrazioni che sempre più rappresentano un fattore di lucro per le organizzazioni criminali. Le migrazioni, è stato segnalato durante l’evento, si producono in America Latina principalmente per tre fattori: quello economico, il problema dell’insicurezza e la degradazione ambientale (migrazioni climatiche). La meta principale continua ad essere il nord, nello specifico gli Usa, con rotte della morte dove specialmente le donne sono esposte a rischio di stupri e dove cresce il tasso di sequestri, con il fine di chiedere enormi riscatti alle famiglie delle vittime per la loro liberazione. Per quanto riguarda l’ambiente anche l’Ong Global Witness ha partecipato all’evento, ponendo l’accento sullo sfruttamento delle risorse naturali e sulla criminalizzazione di chi difende il territorio: persone che molto spesso nella regione latinoamericana pagano con la vita il prezzo del loro coraggio.

Come già segnalato, il Messico primeggia (triste primato) nella classifica dei femminicidi; ma in generale ben 14 dei 25 paesi con più casi di femminicidi nel mondo si trovano in America Latina. Qui anche l’Honduras ha un triste record: si tratta infatti del paese con il maggior numero di femminicidi per tasso di popolazione, secondo i dati offerti da Cepal. In questo senso la nota intellettuale, sociologa, scrittrice e attivista afrofemminista Esther Pineda G. ha sottolineato durante l’evento come l’origine del problema in molti di questi paesi sia di carattere istituzionale, visto che “la maggioranza degli Stati non crede alla violenza contro le donne. Cedono semplicemente alla pressione sociale, ma poi non creano le condizioni reali ed effettive necessarie per combattere strutturalmente il fenomeno” generando in questo modo una risposta istituzionale inadeguata.

Quanto emerso da questa giornata di riflessione è confermato e ampliato anche da ciò che si legge nel dettagliato report di Amnesty International sullo stato dei diritti umani nel mondo nel 2023, reso pubblico il giorno successivo (24 aprile). Nel documento, rispetto all’analisi regionale, si spiega che lo spazio civico ha continuato a ridursi in tutte le Americhe, mettendo a repentaglio le conquiste in materia di diritti umani ottenute nei decenni precedenti. Giornalisti e difensori dei diritti umani, in particolare coloro che lavorano per la giustizia climatica e coloro che hanno combattuto per proteggere la propria terra e l’ambiente, sono stati soggetti di molestie e criminalizzazione, aggressioni e omicidi. La maggior parte dei paesi americani non dispone di sistemi solidi per proteggere i difensori dei diritti umani e allo stesso tempo le forze di sicurezza rispondono con forza illegittima alle manifestazioni pacifiche. A questo si aggiunge il fatto che le autorità hanno continuato a violare il diritto alla vita, alla libertà, a un giusto processo e all’integrità fisica, e sono sempre più diffusi i casi di detenzione arbitraria.

Insomma, una situazione regionale preoccupante, con un aumento del protagonismo dei gruppi criminali transazionali, delle alleanze tra gli stessi e dove l’impunità e la corruzione creano un terreno fertile per la violenza.

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