Millenovecentosettantacinque. Il salotto di casa profumava di primavera ed io ero seduta a terra e probabilmente giocavo, mia madre era in cucina con una giovane donna che piangeva. Parlavano a bassissima voce. I loro sussurri mi avevano incuriosito come le altre volte in cui mia madre si ritirava in cucina per parlare con le amiche di chissà cosa, guardandomi severamente mentre faceva cenno di no con la testa per dirmi di restare dov’ero. Una richiesta che non ammetteva repliche e che mi inchiodava all’obbedienza ma con le orecchie che sembravano allungarsi per carpire qualche parola.

Quei sussurri erano le persiane socchiuse su stanze inaccessibili: i segreti delle donne. Qualche anno dopo, seppi la verità su quelle parole respirate più che pronunciate. Quel giorno mia madre aveva accolto l’angoscia di una gravidanza indesiderata eppoi aveva aiutato una giovane donna tanto disperata quanto determinata, mettendola in contatto con un collettivo femminista che organizzava viaggi in Jugoslavia dove le donne abortivano. L’aborto praticato di nascosto e a rischio della salute e della vita delle donne, c’era, c’è sempre stato. La rete di solidarietà tra quelle che volevano abortire o aiutare ad abortire, era tessuta da femministe e non femministe, e agiva come una sorta di carboneria che si ribellava all’occupazione dei corpi delle donne in nome di Dio, Patria e Famiglia. All’epoca molte si battevano per il diritto di scelta anche rischiando condanne penali.

La viscida ipocrisia sull’aborto si sciolse nel 1978 con l’approvazione della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza. Prima del tramonto dell’ipocrisia, ogni anno in Italia, abortivano clandestinamente 1 milione e 200 mila donne, e ventimila ne morivano per emorragie o infezioni causate da interventi grossolani. Questi erano le stime fatte nel 1973 dal Movimento Gaetano Salvemini di Roma. Una storia che Incoronata Boccia, vicedirettrice del Tg1, ha l’imperdonabile ignoranza di non conoscere quando cita Teresa di Calcutta “il vero delitto è l’aborto, non la guerra”. E a proposito di paragoni tra aborti e guerre, quella in Ucraina dal suo inizio ha fatto 10 mila morti tra i civili, la metà delle morti fatte dall’aborto clandestino ogni anno in Italia, quando la legge 194 era solo una speranza. I cosiddetti pro-vita tendono a ignorare quante donne morissero di aborto clandestino come se le loro vite non contassero.

Millenovecentoottantuno. E’ il mese di maggio, frequento la quinta liceo, la mia docente di Letteratura accantona la lezione su Dante e ci invita a parlare del referendum sull’aborto. Ricordando le lacrime di quella giovane donna chiusa in cucina con mia madre, dissi alla mia insegnante che avevo paura che il referendum abrogasse la legge che aveva liberato tante donne dalla angoscia dei silenzi e delle parole sussurrate e dai pellegrinaggi all’estero, rincorrendo l’autodeterminazione negata tra i confini nazionali. La mia paura ebbe torto: il no all’abrogazione della legge 194 conquistò l’68% dei voti.

Non fu una vittoria definitiva perché la guerra sui corpi delle donne non è mai finita. Non finisce mai. Nel corso degli anni, l’obiezione di coscienza prevista nella 194 è salita rendendo difficoltoso e complesso l’accesso all’aborto. Le testimonianze di donne umiliate, lasciate senza assistenza dal fanatismo di personale sanitario obiettore, sono state ignorate e nessun governo ha mai posto un tetto agli obiettori. Da anni è in corso una crociata contro le donne che abortiscono. Nelle strade abbiamo visto sfilare i cosiddetti pro-life, hanno creato i giardini degli angeli, e in Parlamento sono state depositate proposte di legge che prendono di mira l’ivg. Quella di Maurizio Gasparri (Forza Italia) per modificare l’articolo 1 del codice civile “in materia di riconoscimento della capacità giuridica del concepito”, e quella di iniziativa popolare depositata lo scorso anno dai pro-life col proposito di obbligare il medico che effettua l’ecografia a mostrare il feto alla donna e a farle ascoltare il battito cardiaco.

Duemilaventiquattro. Ho il pc sulle gambe e sono accomodata sul divano. In una chat arriva la notizia del blitz contro la 194. La Commissione Bilancio della Camera ha approvato l’emendamento Malagola (deputato di Fdi) che contiene una serie di misure per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e stabilisce che “Le regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, Componente 1, del Pnrr e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”. Ecco la nuova ipocrisia. Sventolano la foglia di fico della tutela della maternità inapplicata nella 194. I pro-life quindi entreranno in contatto con le donne in un momento delicato della loro vita portandosi appresso la loro ideologia.

In Italia nulla si è fatto per contrastare il precariato del lavoro femminile, non ci sono posti sufficienti negli asili nido nonostante il crollo delle nascite, i salari delle donne sono bassi, ben poco è stato fatto per istruire le giovani generazioni sugli anticoncezionali. E l’altra ironia è che le risorse del Pnrr andranno a sostenere l’occupazione maschile. Per l’occupazione femminile sono state lasciate le briciole. E la maternità dovrebbe essere tutelata dalla 194? Questa, all’articolo 2, prevede l’intervento delle associazioni di volontariato anche dopo che il bambino è nato ovvero dopo che la donna ha scelto. Come può accompagnare ad una scelta libera chi contrasta l’assistenza sanitaria per le donne che abortiscono e vuole il ritorno all’aborto clandestino? Questo è un intervento reazionario per aumentare la pressione sulle donne e l’accerchiamento della legge sull’ivg.

Giorgia Meloni aveva promesso che la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza non sarebbe stata toccata. Mentiva e lo sapevamo. Perché allora questo emendamento adesso? Le elezioni europee sono vicine e i corpi delle donne sono sempre una buona moneta di scambio. Lo sono anche per la prima presidente del Consiglio e per la coalizione dei partiti di governo che fanno propaganda elettorale sulla pelle delle donne. E le donne venderanno cara la loro pelle.

@nadiesdaa

Aggiornato da redazioneweb il 24 aprile alle ore 16.30

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