Sono stati annunciati i vincitori della 66esima edizione del World Press Photo, concorso di fotogiornalismo tra i più grandi e prestigiosi al mondo. Sono quattro le categorie premiate: Photo of the Year per la migliore foto singola, vinto da Mohammed Salem per la foto dal titolo A Palestinian Woman Embraces the Body of Her Niece; Photo Story of the Year per la migliore storia, vinto da Lee-Ann Olwage con la serie di foto Valim-babena; Photo Long-Term Project Award, che premia il miglior progetto a lungo termine, vinto da Alejandro Cegarra con The Two Walls e Photo Open Format Award, per la miglior foto in Open Format, vinto da Julia Kochetova per War Is Personal.

La foto dell’anno rappresenta una donna palestinese mentre abbraccia il corpo senza vita di sua nipote. Come spiegato sul sito dell’organizzazione che gestisce il premio, il fotografo ha descritto la foto, scattata pochi giorni dopo il parto di sua moglie, come un “momento potente e triste che riassume il senso più ampio di ciò che stava accadendo nella Striscia di Gaza”. Il fotografo Mohammed Salem lavora per Reuters, un’agenzia di stampa britannica. Con la sua fotocamera ha ritratto Inas Abu Maamar, una donna di 36 anni, che culla il corpo di sua nipote di cinque anni Saly che è stata uccisa, insieme con sua madre e sua sorella da un missile israeliano che ha colpito la loro casa a Khan Younis. Mohammed Salem era stato premiato per lo stesso argomento già più di dieci anni fa.

Valim-babena è un’espressione malgascia che descrive il principio secondo cui i figli dovrebbero aiutare i propri genitori. Valim-babena è vista come un’espressione d’amore, il rimborso di un debito morale per la cura che i genitori dedicano alla crescita dei figli. In questo senso è anche una forma di sicurezza e coesione sociale. La storia ritratta da Lee-Ann Olwage ha strettamente ha che fare con questo concetto. Paul Rakotozandriny ha 91 anni e convive con la demenza da 11 anni. Ad assisterlo è sua figlia Fara Rafaraniriana, di 41 anni. In Madagascar, la mancanza di consapevolezza pubblica sulla demenza fa sì che le persone che mostrano sintomi di perdita di memoria siano spesso stigmatizzate, così solo Fara si è occupata del padre, che gli altri conoscenti consideravano pazzo e alcolizzato. La giuria ha premiato il portato universale del tema affrontato: “Questa storia affronta un problema di salute universale attraverso la lente della famiglia e dell’assistenza. La selezione di immagini è composta con calore e tenerezza, ricordando agli spettatori l’amore e la vicinanza necessari in un momento di guerra e aggressione in tutto il mondo”.

Il progetto a lungo termine premiato è stato realizzato dal fotografo venezuelano Alejandro Cegarra, che lavora per The New York Times e Bloomberg. Il progetto riguarda i flussi migratori al confine del Messico, un’esperienza che nel 2017 ha affrontato lo stesso Cegarra dal Venezuela. Attingendo alla sua esperienza diretta di migrazione dal suo nativo Venezuela il fotografo ha avviato il progetto nel 2018, offrendo, secondo la giura proprio grazie al suo punto di vista, una prospettiva sensibile incentrata sull’uomo e sulla resilienza dei migranti. Attraverso la sua fotografia, viene spiegato sul sito del World press photo, Cegarra spera di promuovere una maggiore comprensione, empatia e solidarietà verso coloro che sono in prima linea nella crisi migratoria globale.

Il progetto Open Format riguarda invece il conflitto russo-ucraino. Julia Kochetova ha realizzato un sito web che unisce il fotogiornalismo e il diario personale, per mostrare al mondo cosa vuol dire convivere con la guerra nel quotidiano. Il progetto intreccia immagini fotografiche con poesia, clip audio e musica in collaborazione con un illustratore e DJ ucraino. Il progetto si chiama infatti “La guerra è personale” e combinando immagini documentarie con poesia e musica offre non solo uno sguardo intimo sulla vita sotto assedio, ma anche uno sguardo più profondo su come viene elaborata la guerra e su come, nonostante la tragedia, il dolore e il trauma, le esperienze possano essere condivise.

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