“La questione può considerarsi chiusa così”, ha detto la rappresentanza iraniana all’Onu dopo l’attacco di stanotte. “Ma se il regime israeliano commetterà un nuovo errore, la risposta sarà considerevolmente più dura”, ha dichiarato l’ambasciatore Saed Iravani, che ha inviato una lettera alla presidenza del Consiglio di sicurezza Onu e al segretario generale Antonio Guterres affermando che l’attacco contro Israele “rientra nell’esercizio del diritto di Teheran all’autodifesa”. L’attacco iraniano, in effetti, non nasce dal nulla, al di là della storica contrapposizione tra i due paese. È la ritorsione, quasi obbligata, all’attacco sferrato da Tel Aviv, lo scorso 1 aprile, contro un edificio dell’ambasciata iraniana a Damasco, in Siria. Tra le 16 vittime c’era anche il generale Mohamed Reza Zahedi figura di primo piano delle Guardie rivoluzionarie iraniane, terminale dei rapporti con Hezbollah, le milizie libanesi fedeli all’Iran.

L’attacco a una sede diplomatica viola i principi internazionali, tanto che lo stesso segretario generale dell’Onu Antonio Guterres era stato costretto a riaffermare che “il principio dell’inviolabilità delle sedi e del personale diplomatico e consolare deve essere rispettato in ogni caso in conformità con il diritto internazionale”. La Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei aveva promesso: “Il malevolo regime di Israele sarà punito per mano dei nostri coraggiosi uomini”. Nei 12 giorni trascorsi tra il blitz israeliano e la risposta di Teheran si sono svolte febbrili contrattazioni per cercare di circoscrivere la portata della risposta iraniana. Secondo alcune fonti ci sarebbero state interlocuzioni tra Cia e Iran in cui Teheran avrebbe palesato l’intenzione di procedere ad un’azione relativamente contenuta, non sufficiente per provocare un’escalation del conflitto. E così sembra in effetti essere andata.

L’uso di droni e di missili da crociera anziché balistici, questi ultimi più difficili da intercettare, non pare proprio essere una scelta casuale. D’altro canto Teheran era in qualche modo “obbligata” a fare qualcosa ma sembrerebbe aver deciso di andarci piuttosto leggera. Nonostante quasi la totalità dei missili siano stati intercettati e i danni provocati irrisori, le forze armate iraniane parlano di un successo dell’operazione, lasciando intendere come il proposito dell’azione fosse più dimostrativo che altro. Nelle prossime ore, in base alla risposta di Israele, capiremo quanto di ciò che è avvenuto stanotte, sia parte di una sorta di copione concordato o meno. Gli Stati Uniti hanno già detto a Tel Aviv che non prenderebbero parte ad un contrattacco.

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