A quattro giorni dalla strage della centrale idroelettrica di Suviana (Bologna), ci sono le idrovore al lavoro anche oggi per svuotare l’ottavo e il nono piano sotto il livello dell’impianto, ancora allagati a causa del crollo e delle esplosioni del 9 aprile. L’inondazione dell’impianto è stata causata sia dall’esplosione e dal danneggiamento degli apparati di raffreddamento della centrale, sia dalla copiosa quantità di acqua dentro la condotta forzata proveniente dall’attiguo lago Brasimone, altro bacino idroelettrico gestito da Enel. Tale tubatura porta l’acqua per attivare le turbine dei gruppi di produzione nella centrale dove c’è stato l’incidente. Proprio questi macchinari il 9 aprile erano sotto collaudo. Un primo gruppo era già stato approvato dai tecnici ed era correttamente in esercizio. Un secondo gruppo di produzione invece veniva provato dai tecnici, fra cui le sette vittime. L’ultimo corpo è stato recuperato venerdì.

Ora l’acqua deve essere espulsa con idrovore per permettere l’ispezione completa della centrale. Quelle dell’impianto sono fuori uso, così Enel Green Power ha fatto arrivare delle pompe di grande portata dalle centrali geotermiche della Toscana. Sabato mattina c’è stata un’ispezione esterna della centrale per individuare eventuali altri danni o pericoli e per programmare le successive attività di ripristino. Per ragioni di sicurezza, a scopo cautelativo, le persone estranee alle operazioni sono state allontanate dal perimetro della centrale.

“È stata una lotta contro il tempo, nella speranza di trovare qualcuno in vita. Sapevamo che le probabilità erano scarse ma l’attesa straziante dei familiari, sempre accanto a noi, ci ha caricato di una responsabilità e di una determinazione ad andare avanti senza sosta. Fino a ieri, quando l’ultimo corpo è stato riportato in superficie. Non ci si fa mai, mai pace con quello che si vede in questi interventi. Sapere che ci sono persone intrappolate, con i familiari lì ad attenderli, ti carica di una forte responsabilità” racconta all’Adnkronos Francesco Notaro, direttore regionale dei vigili del fuoco dell’Emilia-Romagna, impegnato sul luogo dell’esplosione della centrale idroelettrica nel bolognese.

“Ricordo benissimo il momento in cui sono arrivato sul posto, poco dopo lo scoppio. C’era tantissimo fumo che usciva dal pozzo, tre corpi erano già stati portati in superficie, e decine di familiari già accorrevano in una attesa straziante che ci ha accompagnato, caricato e motivato fino alla fine delle operazioni. In questo momento – spiega – le attività nella centrale sono pressoché ferme, tutto quello che viene fatto e sarà fatto ora avverrà in accordo con la Procura per scongiurare il rischio di alterare lo scenario, al netto della necessità di pompare l’acqua per riportare la situazione ex ante e permettere di ispezionare i luoghi insieme ai consulenti nominati dalla Procura e cercare di definire meglio la dinamica dell’accaduto. Manteniamo il presidio sul posto, anche a garanzia di un ambiente che deve esser messo sotto sequestro, per poter intervenire laddove ci dovessero essere necessità particolari”.

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