Lo stadio Bernabeu ha regalato novantasette minuti, recuperi compresi, di calcio straordinario. La grande bellezza è calata a Madrid, in cima a una giornata in cui la minaccia di un attentato agli stadi della Champions da parte dell’Isis aveva messo in stato d’allerta governi e autorità sportive. Real Madrid-Manchester City è finita 3-3 e ha incollato di fronte al televisore milioni di persone in diversi paesi del mondo: sarebbe davvero interessante riuscire a misurare l’audience globale di un match che, parola di Carlo Ancelotti, è stato uno spot. Anche Londra ha vissuto ore di paura e anche Arsenal-Bayern, terminata 2-2 (Saka, Gnabry, Kane su rigore e Trossard), ha prodotto momenti di football d’autore: i primi due quarti di Champions, con dieci reti in totale, hanno ribadito il fascino del più importante torneo per club del mondo, rimarcando la differenza rispetto ai campionati nazionali. La nostra Serie A, tanto per fare nomi.

E i nomi, quelli dei campioni, sono il vero differenziale tra quello che circola in Italia e quello che si vede in altre realtà calcistiche. Ci sono i fuoriclasse e ci sono gli altri giocatori. Ci sono i grandi colpi e c’è il gesto comune. Ci sono i fatti e ci sono le chiacchiere. I gol di Rodrygo, Foden, Gvardiol e Valverde sono stati un inno all’estetica di questo sport. Il primo è stato un tocco vellutato, dopo un contropiede in campo aperto: la difesa del City ha commesso, nell’occasione, una topica colossale. I palloni infilati agli incroci da Foden e Gvardiol appartengono alla categoria dei tiri imparabili. Il 3-3 di Valverde è stato il capolavoro assoluto, con la sassata al volo dell’uruguayano in corsa, sul cross perfetto di Vinicius: una botta che ha rischiato di disintegrare il Bernabeu, fresco di restauro.

L’ingresso di Modric al posto di Kroos è stata la chiave della risalita del Real: nel momento peggiore, l’inserimento del Mozart croato ha riportato in quota la banda di Ancelotti. Le crude statistiche dicono che il City ha avuto più possesso palla (60%), ma il Real ha cercato di più la porta (14 tentativi a 12 per i Blancos). Il City ha attaccato di più (55-35), ma il Real ha calciato più corner (4-2). Il City è stato superiore nella precisione dei passaggi (92% contro l’89%), ha corso di più (117,8 km contro 112,8) e, soprattutto, ha dominato nella casella dei passaggi (656-392), tanto per ribadire il copione “guardioliano”. Ma il Real non muore mai e nella sua maggiore essenzialità ha ottenuto un 3-3 che lascia aperto il discorso qualificazione al ritorno del 17 aprile dove, come ha ammesso Ancelotti “non potremo contare sull’effetto trascinamento del nostro stadio”.

Abbiamo visto calcio ad altissimi livelli, in nome di due superpotenze. Il Manchester City, campione in carica, è terzo in Premier, a un punto dalla coppia Arsenal-Liverpool. Il Real sta guidando con polso fermo la Liga, con otto lunghezze di vantaggio sul Barcellona, in scena stasera contro il PSG. Per rimarcare la grandezza del City, vanno evidenziati due particolari. Il primo: il genio di De Bruyne, colpito da mal di stomaco e vomito, è stato condannato alla panchina. Il secondo: Haaland è rimasto praticamente a guardare. Il norvegese è stato il peggiore in campo. Ma anche il Real ha avuto una stecca d’autore: Jude Bellingham, mattatore della stagione madridista, è stato il classico “vorrei, ma non posso”. Nonostante l’assenza di De Bruyne, la serata di riposo del duo Bellingham-Haaland e una prestazione “normale” del fenomeno-Rodri, questo Real-Manchester City entra nella storia della Champions e dei due club. Difficile immaginare un quarto di finale a questi livelli, ma c’è il ritorno per alimentare ulteriormente il mito. Pep Guardiola, che in nome delle sue radici catalane e del suo passato con il Barcellona vive sempre le sfide con il Real sopra le righe, definisce “leggende” i suoi calciatori. Quanto al ritorno, prima c’è la gara di sabato con il Luton: “Ci stiamo giocando il titolo in Premier e dobbiamo vincere a tutti i costi per restare agganciati al treno Arsenal-Liverpool. Al Real penseremo dopo il Luton”. Non è un bluff: lo pensa davvero. In pochi giorni la stagione del City prenderà una piega decisiva.

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