Quasi due milioni di persone hanno rinunciato alle cure per motivi economici. E 4,2 milioni le hanno ridotte e limitate. Detto in altri termini: il 3,2% della popolazione non si è curato perché non poteva permetterselo, il 7% si è curato solo parzialmente. Lo rileva la Fondazione Gimbe nell’ultimo report che analizza la spesa sanitaria delle famiglie nel 2022 sulla base degli ultimi dati disponibili pubblicati da Istat. Dall’analisi emerge che per quell’anno la spesa sanitaria sostenuta direttamente dalle famiglie italiane, la cosiddetta “out of pocket”, ammonta a quasi 37 miliardi di euro. Oltre 25,2 milioni di famiglie in media hanno speso per la salute 1.362 euro, oltre 64 euro in più rispetto al 2021 che salgono a 100 euro per il Centro Sud. Un potenziale salasso che ha portato 4,2 milioni di famiglie a limitare le spese per la salute, in particolare al Sud. E che mette a rischio la salute di oltre 2,1 milioni di famiglie indigenti. “Considerato il rilevante impatto sui bilanci familiari della spesa sanitaria out-of-pocket – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – e tenuto conto di un contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e dall’aumento della povertà assoluta, abbiamo analizzato vari indicatori per misurare le dimensioni di questo preoccupante fenomeno, utilizzando esclusivamente i dati pubblicati da Istat. L’obiettivo è quello di fornire una base oggettiva per il dibattito pubblico e le decisioni politiche, oltre che prevenire strumentalizzazioni basate sull’enfasi posta su singoli dati”.

Incremento spesa ‘out of pocket’
Secondo il sistema dei conti Istat-Sha (System of Health Accounts), “nel 2022 (ultimo anno disponibile) la spesa sanitaria totale in Italia ammonta a 171.867 milioni: 130.364 milioni di spesa pubblica (75,9%) e 41.503 milioni di spesa privata, di cui 36.835 milioni (21,4%) out-of-pocket e 4.668 milioni (2,7%) intermediata da fondi sanitari e assicurazioni”, ricorda Gimbe. “Se da un lato la spesa out-of-pocket supera la soglia del 15% – commenta il presidente – concretizzando di fatto, secondo i parametri dell’Organizzazione mondiale della sanità, un sistema sanitario misto, va rilevato che quasi l’89% della spesa privata è a carico delle famiglie”. Complessivamente, nel periodo 2012-2022 la spesa out-of-pocket è aumentata in media dell’1,6% annuo, per un totale di 5.326 milioni in 10 anni. “Un dato – spiega il presidente – che documenta solo in parte l’impatto del progressivo indebolimento del Ssn, perché non tiene conto di altri indicatori. Infatti, la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e, soprattutto, la rinuncia alle cure sono fenomeni che, pur non aumentando la spesa out-of-pocket, contribuiscono a peggiorare la salute delle persone”.

Post pandemia
La percentuale di persone cha ha rinunciato a curarsi è aumentata dopo la pandemia. “I dati forniti dal Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) 2022, realizzato in collaborazione tra Istat e Cnel documentano che la percentuale di persone che rinunciano a prestazioni sanitarie – dopo i dati drammatici del periodo pandemico (9,6% nel 2020 e 11,1% nel 2021) – nel 2022 – precisa il report – si è attestata al 7%, percentuale comunque maggiore a quella pre-pandemica del 2019 (6,3%)”. Si tratta di oltre 4,13 milioni di persone che, secondo la definizione Istat, spiega Cartabellotta “dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più motivi: problemi economici (impossibilità di pagare, costo eccessivo), difficoltà di accesso (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi), lunghi tempi di attesa”. Secondo l’indagine Istat sui consumi delle famiglie, nel 2022 la media nazionale delle spese per la salute è pari a 1.362,24 euro a famiglia, in aumento rispetto ai 1.298,04 del 2021. “Ad eccezione del Nord-Ovest – spiega il Presidente – dove si registra una lieve riduzione, l’aumento delle spese per la salute nel 2022 riguarda tutte le macro-aree del Paese: in particolare al Centro e al Sud si registrano aumenti di oltre 100 euro a famiglia”.

Le regioni
I dati regionali restituiscono un quadro molto eterogeneo. In dettaglio, “dal 2021 al 2022 i maggiori incrementi si rilevano in Puglia con +26,1% (910,20 contro 1.147,80 euro) e in Toscana con +19,3% (1.178,40 contro 1.405,92). Altre Regioni, invece, hanno registrato una diminuzione dal 2021 al 2022: la Valle d’Aosta del 24,3% 1.834,08 contro 1.387,56) e la Calabria che segna un -15,3% ( 1.060,92 contro 899,04)”, avverte Gimbe. “L’interpretazione dei dati regionali – spiega Cartabellotta – non è univoca perché la spesa delle famiglie per la salute è influenzata da numerose variabili: la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari pubblici, la capacità di spesa delle famiglie, il consumismo sanitario e, in misura minore, l’eventuale rimborso della spesa da parte di assicurazioni e fondi sanitari”. Se il Nord-Est (10,6%), il Nord-Ovest (12,8%) e il Centro (14,6%) si trovano sotto la media nazionale, tutto il Mezzogiorno si colloca al di sopra: di poco le Isole (18,5%), di oltre 10 punti percentuali il Sud (28,7%), in pratica più di 1 famiglia su 4. Il 4,2% delle famiglie dichiara di non disporre di soldi in alcuni periodi dell’anno per far fronte a spese relative alle malattie. Sono al di sotto della media nazionale il Nord-Est (2%), il Centro (3,1%) e il Nord-Ovest (3,2%), mentre il Mezzogiorno si colloca al di sopra della media nazionale: rispettivamente le Isole al 5,3% e il Sud all’8%, un dato quasi doppio rispetto alla media nazionale.

Mancate tutele pubbliche, emergenza meridione, povertà
“Dalle nostre analisi emergono tre considerazioni – dice Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – Innanzitutto l’entità della spesa out-of-pocket sottostima le mancate tutele pubbliche perché viene arginata da fenomeni conseguenti alle difficoltà economiche delle famiglie. In secondo luogo, questi fenomeni sono molto più frequenti nelle Regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza è inadeguata. Infine, lo status di povertà assoluta che coinvolge oggi più di due milioni di famiglie richiede urgenti politiche di contrasto alla povertà, non solo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutte le persone, ma anche perché le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure e l’impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la salute e la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno. Dove l’impatto sanitario, economico e sociale senza precedenti rischia di peggiorare ulteriormente con l’autonomia differenziata“, conclude Cartabellotta.

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