“Un comitato di interessi” composto da un faccendiere iscritto alla massoneria, che aveva l’obiettivo di costruire un centro commerciale in zona Roccella, nella periferia sud orientale di Palermo. Il “padre politico” di questo comitato era Girolamo Russo, detto Mimmo, sindacalista molto noto in città, politico di lungo corso e fino al giugno 2022 consigliere comunale di Fratelli d’Italia. Già presidente della commissione Urbanistica del consiglio comunale, Russo è l’uomo al centro dell’ultima operazione della procura di Palermo guidata da Maurizio De Lucia. L’ex consigliere comunale è finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio politico-mafioso, concorso in estorsione aggravata e concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Nell’inchiesta del Comando provinciale dei carabinieri sono confluite le dichiarazioni di alcuni pentiti e numerose intercettazioni che tratteggiano i legami pericolosi e gli interessi illeciti del politico, che è parente del boss del Borgo Vecchio Franco Russo, detto Diabolik. Sospeso da Fdi subito dopo l’arresto, Mimmo Russo era uno dei leader dei precari della pubblica amministrazione, che erano per lui un bacino elettorale importante. Ed è soprattutto di voti comprati in cambio di soldi e posti di lavoro che raccontano le 548 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Walter Turturici. Ma non solo.

Il faccendiere massone – Agli arresti domiciliari è finito anche Gregorio Marchese, figlio del killer di Cosa nostra Filippo (detto “Milinciana”, melanzana), uno dei più spietati killer dei corleonesi. E poi anche il consulente d’azienda Achille Andò, indicato dagli investigatori come un faccendiere. “Le entrature della famiglia Andò derivano verosimilmente anche dal fatto che Andò Achille è iscritto alla loggia massonica Grande Oriente d’Italia. Egli manteneva rapporti con esponenti di rilievo della loggia, a livello sia locale che nazionale. Nel corso delle intercettazioni è ad esempio emerso che Andò si è recato in più occasioni presso la sede palermitana della loggia, sita in Palermo Piazzetta P. Speciale n. 9″, si legge nell’ordinanza di misura cautelare. Alle elezioni comunali del 2022 Russo è accusato essersi fatto promettere, con la mediazione di Marchese, un pacchetto di voti da Andò. In cambio aveva assicurato che, in caso di rielezione, si sarebbe speso per l’adozione di provvedimenti amministrativi in favore delle due società per cui lavorava il consulente iscritto alla massoneria.

Meloni? “Non può perdere un uomo come lui” – Alle elezioni del giugno 2022, però, Russo non riesce a farsi confermare a Palazzo delle Aquile. Qualche settimana dopo, il 25 agosto, Andò commenta col figlio Giuseppe la sconfitta elettorale: “Ma è rimasto fuori da tutto?”. “Tommaso sostiene di no”, risponde il figlio. Andò replica: “Anch’io penso che non lo possono perdere un uomo come è lui, quella non lo può perdere, capito?”. A quel punto Giuseppe chiede: “Chi, la Meloni?”. “Eh, capito… sanno tutto non è che … ma anche Alessandro Aricò (assessore alle Infrastrutture nella giunta di Renato Schifani in quota Fdi, estraneo all’indagine, ndr), perché questi qua lo sanno che ha un forte seguito e non lo possono perdere, io penso”, replica ancora Andò. Un potere politico che si potrae oltre la sconfitta elettorale.

“Reticolo di relazioni mafiose – In una conversazione intercettata in data 5 luglio 2022, d’altronde, anche Antonio Prestigiacomo, responsabile del gruppo La Piana che opera nel settore della grande distribuzione, “reiterava la sua piena disponibilità ad assumere persone segnalate da Russo”, si legge nell’ordinanza. “Tranquillo Mimmo…quello che dici tu io faccio sangue mio”, diceva. Per questo il gip scrive: “Gli esiti dell’attività captativa da ultimo esposti dimostrano che sia Prestigiacomo Antonio che gli Andò hanno avuto il convincimento della permanenza in capo a Russo, nonostante la mancata rielezione, del ‘potere politico’ e della conseguente capacità di influenza”. L’ex consigliere comunale, presidente della commissione Urbanistica del comune di Palermo “ha manifestato un profondo radicamento nel contesto politico-amministrativo palermitano – scrive il gip – e di possedere, in tale ambiente, per effetto della carica di consigliere comunale, ricoperta per lustri e spregiudicatamente strumentalizzata a tutela di interessi privati, un reticolo di (non recise) relazioni così articolato da rendere certamente concreto ed ancora attuale, ad onta della mancata rielezione, il rischio di reiterazione di condotte delittuose della medesima specie, anche in ragione degli altrettanto radicati (e mai recisi) rapporti che lo stesso ha dimostrato di intrattenere, anche in tal caso per lustri e con non comune disinvoltura, con varie articolazioni mafiose della città di Palermo”.

Il boss che dal carcere chiede di assumere l’amante – Durante la campagna elettorale per le comunali al consigliere meloniano arriva una richiesta per un’assunzione direttamente dal carcere. A indirizzargliela è Stefano Marino, considerato al vertice del mandamento mafioso di Brancaccio: bisogna fare lavorare la compagna di Marino. È il 30 aprile 2022 (le elezioni sarebbero state il 12 giugno) e la persona che fa da tramite con Marino – Francesco Paolo Corrente – riferisce a Russo la conversazione con la donna: “Gliela do a un fratello mio che sarebbe pure suo fratello”. Secondo i carabinieni l’uomo riferisce di avere rassicurato la donna: avrebbe inoltrato la richiesta di lavoro a un “fratello”, “mio” e “pure suo”, riferendosi a Marino. Poi continua a spiegare al consigliere comunale: “La dobbiamo fare lavorare… Mimmo, deve lavorare, te lo giuro sopra i miei figli”. Dal canto suo, la donna avrebbe rassicurato sui voti per Russo. “Dice: noi siamo dieci e siamo per questa persona, me lo sta dicendo lei… sul mio onore se non mi ha detto così “. E ancora Corrente riporta altri passaggi del dialogo avuto con la compagna di Marino: “Signor Paolo ci può contare glielo può dire e si può mettere responsabile di me di mia sorella dei miei figli … li può contare … si può mettere responsabile, si può mettere”.

A Brancaccio ci sono “gli amici”- E proprio a Brancaccio, ovvero il quartiere in cui Marino era al vertice del clan, Russo era tranquillo: “Non ti creare problemi… gli amici ce li abbiamo…a Palermo ni giramu eni firriamu (ci giriamo e rigiriamo, ndr) e gli amici mai problemi”. In un’intercettazione del 24 maggio 2022 il consigliere manifesta il proposito di impiantare un’attività produttiva fra Brancaccio e Termini Imerese, nella quale avrebbero potuto essere impiegate 35 persone per un ciclo produttivo continuo di prodotti biodegradabili. Gli imprenditori interessati avevano manifestato timori proprio sul territorio di Brancaccio ma Russo li aveva tranquillizzati: “Gli amici ci sono”.

“Falcone grande uomo”, la ‘messinscena’ di Russo – Solo il giorno prima, il 23 maggio del 2022, giorno del trentennale della strage di Capaci, il consigliere parlava con fervore antimafia di Giovanni Falcone, provocando l’ilarità del suo interlocutore: “C’è una confusione a Palermo”, faceva notare Corrente. “Io ritengo che sia doveroso oggi ricordare la memoria di un grande uomo”, rispondeva Russo. “E chi è questo grande uomo?”, chiedeva incredulo Corrente: “E ma io credo che Giovanni Falcone sia un uomo di esempio per la nostra città”, rispondeva il consigliere. “Trent’anni fa – continuava – un fatto gravissimo che si è verificato che veramente resterà scolpito nella mente di tutti i palermitani”. “Ah, ho capito”, rispondeva l’altro. E il consigliere tagliava corto: “La saluto buon uomo la saluto”. La telefonata rimaneva agganciata e si sentiva Corrente commentare: “Minchia Mimmo è forte, Mimmo è forte”. E i pm sottolineano: “Era convinto di aver riagganciato la chiamata, pronunciava una frase che rende evidente come ritenesse l’atteggiamento assunto da Russo una messinscena”.

Borgo Vecchio e il conflitto elettorale tra i due uomini di Fdi – Ad inchiodare l’ex consigliere di Fdi anche il collaboratore di giustizia Fabio Manno, reggente del clan di Borgo Vecchio, che ha raccontato ai pm i movimenti elettorali in vista delle elezioni regionali in Sicilia nel 2008: “Tutto il Borgo dava i voti a Mimmo Russo perché lui prometteva i posti di lavoro, prometteva questo … ed era accompagnato da questa campagna elettorale da … in questa campagna elettorale da Franco Russo cugino, quindi molta gente, la maggior parte”. Il sostegno a Russo era stato deciso “a discapito del candidato Aricò, che pure una certa fazione della famiglia intendeva appoggiare”, ricorda il gip nell’ordinanza, citando l’attuale assessore alle Infrastrutture della giunta di Schifani. “Davano il voto a lui e finì col prendere proprio pochissimi voti Aricò in quell’occasione”, continua Manno. Che però puntualizza: “Si, però comunque Aricò sapeva che io ero interessato a farci recuperare qualche voto in quella zona… anche perché Marco Coga (poi arrestato per estorsione nel 2009) gliene parlò ad Aricò che erano interessamenti di persone di un certo ambiente”. È il caso di ribadire che l’assessore meloniano non risulta in alcun modo indagato ed è estraneo all’inchiesta.

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