Cittadini e associazioni della Terra dei fuochi hanno organizzato un sit-in di protesta fuori al Tribunale di Napoli per chiedere il sequestro del patrimonio dei fratelli Pellini, gli imprenditori di Acerra già condannati per disastro ambientale aggravato. “Queste persone sono state condannate nel 2017 – dice una delle donne che ha perso la figlia per un tumore e che in segno di protesta si è incatenata fuori ai cancelli del Palazzo di Giustizia – e lo Stato cosa fa? Invece di punirli gli restituisce i beni. È una vergogna”. Pochi giorni fa la Corte di Cassazione ha accolto, per decorrenza dei termini, il ricorso presentato dai legali degli imprenditori per la restituzione di un patrimonio che ammonta a circa 220 milioni di euro confiscato negli anni passati. “Da padre e da cittadino della ‘terra dei fuochi’ – dice Vincenzo Petrella attivista dell’associazione anti-roghi Acerra – mi chiedo come sia possibile che qui dentro, in questo tribunale, la sentenza di confisca sia stata emessa ben 18 mesi dopo i termini indicati per legge, aprendo così la possibilità per gli avvocati degli imprenditori di chiedere la restituzione dei beni?”.

Tra i cittadini al sit in c’era anche Don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano da sempre in prima fila nel denunciare lo scempio ambientale nella provincia di Napoli. “Quello che è successo è sotto gli occhi di tutti, anche del Ministro della Giustizia e del Presidente della Repubblica – dice il prete – è una cosa così grave che dovrebbe far fermare l’Italia. Io posso accettare che la Camorra rappresenti il buio, le tenebre – tuona don Maurizio – ma non mi sta bene invece quando lo Stato in qualche modo aiuta la camorra a fare la camorra e i camorristi a fare i camorristi”. Ancora più pesanti invece le parole dell’oncologo Antonio Marfella. “Oggi, nel 2024, mentre si restituiscono 220 milioni esce fuori il dato che mostra la Campania come la regione d’Italia con la più alta incidenza tumorale, a conti fatti – prosegue – ci hanno rimesso la pelle in maniera evitabile, in circa 10 anni, almeno 50mila cittadini nel solo territorio della provincia di Napoli. Questa vicenda è uno schiaffone per tutto il Paese ma soprattutto dice una cosa sola – conclude Marfella – o che lo Stato ha sbagliato, allora è scemo, oppure che è complice, io non posso da cittadino italiano vivere tra due fuochi, da un lato i camorristi e dall’altro lo Stato complice dei camorristi”.

Articolo Precedente

Una minaccia incombe tra Veneto e Trentino: la diga sul Vanoi

next