di Carmelo Sant’Angelo

Il gaslighting è una forma di manipolazione subdola nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni con l’intento di farla dubitare della sua stessa memoria e percezione. Il termine deriva dal titolo di un’opera teatrale della fine degli anni 30, nella quale un marito cerca di portare la moglie alla pazzia manipolando piccoli elementi dell’ambiente, per esempio affievolendo le luci delle lampade a gas. La moglie nota questi cambiamenti, ma il marito insiste nell’affermare che sia lei a ricordare male o inventarsi le cose. Questo porta la moglie a dubitare sempre di più delle sue sensazioni e diventare sempre più emotivamente instabile.

È quello che i mass media occidentali stanno compiendo su larga scala a proposito della guerra in Ucraina: distorcere deliberatamente le informazioni per mettere in dubbio la nostra memoria e la percezione collettiva. Gli stessi opinion-makers che, fino a un paio di anni fa, ci dicevano che l’Ucraina è un Paese lontano dalla democrazia, con una forte presenza di formazioni neo-naziste, e con una corruzione spaventosa, dal febbraio 2022 affermano che quello stesso Paese sta difendendo i nostri valori occidentali.

Gli stessi soloni televisivi e della carta stampata che riferivano delle malefatte del battaglione Azov in Donbass, il 25 marzo 2022 si sono ricordati che i valorosi militi del battaglione sono un faro di democrazia: “Il comandante Kuharchuck: ‘Non sono nazista, ai soldati leggo Kant. Lottiamo per la nazione'” (Repubblica, 25 marzo 2022). Sicuramente abbiamo capito male: in Donbass non c’erano incursioni ai danni delle comunità russofone, ma solo pacifiche dispute filosofiche tra kantiani e hegeliani!

Senza l’Ucraina i cosacchi abbevereranno i cavalli nelle fontane di San Pietro, perciò la spesa bellica dovrà raggiungere almeno il 2% del Pil, nonostante nel 2022 gli Usa abbiano speso per la difesa 811 miliardi di dollari e la Federazione russa – impegnata in una guerra – 72 miliardi (meno di un decimo). Ogni anno gli Usa spendono il 39% della spesa globale bellica e i russi il 3,5%, ma, a dispetto dei numeri, occorre che i cittadini europei si sentano minacciati. Il riferito passaggio, per 32 secondi, di un missile nello spazio europeo ha più risalto mediatico di un’ambasciata bombardata in un Paese terzo ed estraneo al conflitto.

Siamo stati veramente meschini a voler barattare il nostro benessere con i valori inestimabili della democrazia. “Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace. Di fronte a queste due cose, cosa preferiamo: la pace oppure star tranquilli con l’aria condizionata accesa tutta l’estate?”. Io che volevo entrambe le cose mi sono sentito una nullità (per usare un eufemismo).

Adesso, però, scopro di essere in buona compagnia. Il Presidente Biden raccomanda a Zelensky di non colpire le raffinerie russe, altrimenti il prezzo della benzina schizza alle stelle e ciò non deve accadere nell’anno in cui si celebrano le elezioni americane. Sulla costa orientale degli Stati Uniti il prezzo della benzina costa meno di un euro al litro; il rifornimento si può fare alla Lukoil; la “smetana” (è una panna acida russa) si compra al Netcost (catena russa di supermercati) e gli agricoltori usano i fertilizzanti russi (il loro embargo è durato una settimana, fino a quando il Congresso non li ha inseriti nella lista dei beni “di importanza strategica”). Forse anche il cittadino americano, con il condizionatore perennemente acceso, qualche sforzo lo potrebbe pur fare.

Tra i miei nuovi amici c’è anche il presidente polacco, Donald Tusk, che, con il consenso di Francia, Italia e Austria, ha ottenuto dal Consiglio Ue di negare agli ucraini i benefici del libero scambio. Le dogane rimangano aperte per le armi, ma siano sbarrate per i prodotti agricoli e per i camionisti ucraini. Ma sono certo che sto capendo male, tra qualche anno qualcuno, più intelligente, mi spiegherà l’astuto piano ordito da americani e polacchi per umiliare l’Armata Rotta.

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