Si sono fermate, almeno per il momento, a Santiago e lungo l’Oriente di Cuba le manifestazioni di protesta contro gli apagones, le interruzioni di corrente programmate dal governo per risparmiare combustibile, e il taglio degli alimenti distribuiti a prezzi calmierati dalla libreta statale che hanno mobilitato i cubani a centinaia. La crisi energetica cubana è dovuta sia al crollo delle forniture venezuelane di greggio, che ai ritardi delle fonti rinnovabili come alternativa al combustibile fossile. Le interruzioni di corrente si succedono a singhiozzo, dovute a un’insufficienza di servizio, in particolare nelle centrali elettriche di Mariel in provincia dell’Avana e di Santiago di Cuba. La Unión Eléctrica ha una copertura massima di 2140 MW a fronte di una domanda media di 2700 MW, con un deficit oscillante tra i 560 e 640 MW.

Stavolta la polizia non ha effettuato arresti di massa come accadde a luglio del 2021: le autorità hanno fatto sfogare i manifestanti, contando sul fatto che la gente, sfinita dalle privazioni, non avrebbe resistito a lungo. Pur se i blackout sono calati, l’illuminazione stradale rimane carente. Nei giorni passati, molti quartieri come il Reparto Agüero – accanto al Cimitero di Santa Ifigenia dove sono sepolti José Marti e Fidel Castro – sono rimasti senza luce per 12 ore complessive tra giorno e notte.

Il presidente Diaz Canel ha accusato gruppi anticastristi radicati in Florida di strumentalizzare le proteste: “Noi siamo disponibili a un confronto con la popolazione per alleviare i disagi causati soprattutto dal bloqueo Usa. Ma non tolleriamo che terroristi stranieri approfittino della situazione per destabilizzare l’ordine costituito” ha dichiarato.

Quando il bimotore a elica dell’Aero Gaviota, decollato da Kingston in Giamaica, è atterrato alle 16.15 nel piccolo aeroporto Antonio Maceo, sono iniziate le perquisizioni sui passeggeri, estenuanti e ripetute più volte. Non sono stati risparmiati neppure i medicinali per le donazioni suddivisi in pacchetti e le borse del pronto soccorso, contaminate da zelanti doganieri che hanno aperto il contenuto senza guanti di protezione. Perquisizioni alla cieca, causa assenza di unità cinofile. L’addestramento dei cani è troppo costoso per le autorità. Per non farsi mancare niente, i passeggeri sono stati sottoposti a risonanza magnetica per controllare se avessero ingerito ovuli di cocaina o quant’altro. I bagagli dei passeggeri cubani di ritorno dallo “shopping” in Giamaica sono stati rovesciati: scarpe, vestiti e alimenti ammucchiati alla rinfusa sui pianali, mentre i passaporti venivano confiscati durante la procedura.

“Mesi fa sono stati beccati due “muli”: uno aveva della marijuana nascosta in una batteria per auto, l’altro degli ovuli di cocaina nello stomaco – racconta il tassista Mario – Da allora a ogni arrivo quest’incubo si ripete, con il risultato che qui nell’Oriente tranne i cubani pendolari dello shopping non arriva più nessuno”.

Marisel, madre di due gemelle, che nei giorni passati non trovava il latte in polvere neanche a pagarlo oro, si sfoga così: “Sapevamo che lo Stato avrebbe ridotto le razioni della libreta ma non ci aspettavamo che i Mipyme chiudessero i negozi da un giorno all’altro, solo per le voci che il governo avesse intenzione di requisire la loro merce per distribuirla alla popolazione”. “Abbiamo sempre pagato senza fiatare le loro tariffe esose, 3.000 Cup (12 €) per un cartone di uova, 230 per una libbra di riso, 300 per una di zucchero, 700 per i fagioli, 1.000 per un litro di olio, 500 per 50 grammi di detersivo, 200 per una saponetta. Una libbra di pollo, l’unica carne che ci potevamo permettere, 340 pesos. Io prendo 2.300 Cup al mese come barista, il governo ha dimezzato la libreta, ma che devo fare per mantenere due figlie?”.

Mipyme (Micro, pequeñas y medianas empresas) è la sigla che raggruppa la nuova corporazione privata dei commercianti, autorizzati da settembre 2021 per decreto del presidente Diaz Canel a vendere nelle loro tiendas (negozi) i beni locali e d’importazione – soprattutto alimenti – che prima erano monopolio dello Stato. Sennonché la liberalizzazione del commercio, per la mancanza di un calmiere governativo, ha aumentato l’inflazione e i prezzi dei beni primari sono impazziti, in concomitanza con la svalutazione del peso nei confronti del dollaro: il cambio è uno a 320. I Mipyme pagano imposte risibili (5%) basate su dichiarazioni dei redditi autocertificate, senza obbligo di emettere scontrino. La loro serrata, in quelle ore cupe, ha incrementato lo stato di panico collettivo.

L’ultima “perla” è stata deposta nella capitale l’Avana durante il lungo weekend pasquale: i Mipyme hanno smesso di fornire ai negozi alimenti base come uova e olio e le poche rimanenze di magazzino sono finite subito, vendute a peso d’oro: una bottiglia da un litro di olio di girasole scadente, costa adesso 5-6 euro; una speculazione odiosa, che i cubani hanno sperimentato più volte in questi ultimi tre anni. Nella sede del Partito Comunista Cubano cercano di calmare gli animi: “I timori dei negozianti sono infondati, con le nuove regole il governo non ha più il potere di interferire negli affari dei privati”. Neanche in casi di emergenza? “No”. “Ma che comunismo è questo?”. Nessuna risposta.

Un altro grande problema è il costo dei trasporti: se il prezzo della benzina è quintuplicato, i mezzi collettivi dello Stato hanno contenuto gli aumenti. Un passaggio con la guagua in città prima costava 2 Cup a passeggero, oggi ne costa 5. Poca roba. L’incubo inizia dopo le 20, quando il trasporto pubblico cessa. “Coi turni di notte, io come gli altri colleghi stacchiamo non prima delle 23, a volte anche all’alba – racconta Pepe – Un taxi individuale prima dell’aumento dei carburanti costava 50/70 Cup. Ora non meno di 400-500. La nostra busta paga notturna è 4mila pesos al mese ma non possiamo ogni volta alleggerirla del 10% solo per tornare a casa. E io vivo a 5 chilometri da dove lavoro”.

Paradossalmente per i turisti nulla è cambiato: un passaggio dall’aeroporto al centro di Santiago costa quanto prima, 20 dollari. Il tassista incassa valuta estera che in questa situazione fa la differenza. Sono i cubani che pagano in pesos a rimanere col cerino in mano.

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Tutte le foto in questa pagina sono di Flavio Bacchetta

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