I risultati delle elezioni municipali in Turchia sono andati meglio del previsto per il principale partito di opposizione, il Chp. La forza politica laica e repubblicana, erede del fondatore della Turchia moderna Kemal Atatürk, ha visto i propri candidati riconfermati a Istanbul, Ankara e lungo le coste dell’Egeo, ma è riuscita a espandersi anche in aree in precedenza in mano all’opposizione. Il Chp è sempre rimasto in testa e ha lasciato dietro il partito del presidente Recep Tayyip Erdoğan, l’Akp: è riuscito a mantenere le 14 municipalità vinte nel 2019 e ne ha guadagnate altre 12. “Purtroppo non abbiamo potuto ottenere il risultato che volevamo alle elezioni” ha ammesso il capo dello Stato.

L’avanzata del principale partito di opposizione segna una svolta senza precedenti da quando Erdoğan è al potere e fornisce indicazioni preziose sul futuro del paese e in particolare sulle prossime presidenziali, previste per il 2028. Il presidente Erdoğan non potrà più presentarsi, avendo raggiunto il numero massimo di mandati previsti dalla legge, e non è stato ancora designato il suo successore, mentre è facile capire chi sarà il candidato del Chp. Il partito è retto al momento da Özgür Özel, succeduto a Kemal Kılıçdaroğlu, uscito sconfitto dalle elezioni presidenziali di giugno 2023 ed estromesso dall’ala riformatrice e più giovane del partito. Özel ha parlato di un “risultato storico” perché “gli elettori hanno deciso di stabilire una nuova politica in Turchia”. A prendere le redini del Chp, adesso, sarà con molta probabilità Ekrem Imamoğlu, sindaco di Istanbul appena riconfermato con più del 50% delle preferenze. Il primo cittadino della capitale economica del Paese è un personaggio ormai noto a livello nazionale e questa seconda riconferma, unita al generale successo su scala nazionale del partito, mettono in crisi l’idea di una Turchia sotto il totale controllo di Erdoğan e del suo partito.

L’Akp ha anche perso due municipalità, Şanlıurfa e Yozgat, in favore del Refah, un partito islamista guidato dal figlio di Necmettin Erbakan, mentore di Erdoğan. Il Refah aveva sostenuto il capo di Stato turco in occasione delle presidenziali, ma ha preferito presentare i propri candidati alle municipali dopo aver accusato l’Akp di non essere abbastanza fedele ai dettami dell’Islam. A sottrarre municipi a Erdoğan è stato anche l’Mhp, partito di estrema destra e parte della coalizione di governo di Erdoğan, che ha conquistato due nuove municipalità. Il risultato positivo dei partiti più estremisti dello spettro politico turco segna un punto di svolta rispetto al passato, evidenziando la polarizzazione dell’elettorato e un rafforzamento della componente nazionalistica e religiosa. Di questa polarizzazione si erano già viste le prime tracce nelle elezioni nazionali: l’Mhp aveva inaspettatamente raggiunto il 10% delle preferenze e anche i partiti più estremisti – il Refah e lo Zafer – avevano conquistato dei seggi in Parlamento. Per le strade di Istanbul era poi facile imbattersi in gruppi di sostenitori di Erdoğan che festeggiavano alzando in alto le quattro dita, simbolo del nazionalismo turco.

In un solo anno, dunque, Erdoğan ha perso popolarità tra i suoi elettori, complice anche una crisi economica da cui il Paese non riesce a uscire. Nonostante il cambio drastico imposto dal presidente alle politiche economiche dopo le ultime elezioni, l’inflazione ha quasi raggiunto il 70% e il valore della lira continua a svalutarsi. A poco sembra servito anche il tentativo di usare la guerra a Gaza: Erdoğan ha cercato di presentarsi come il protettore del mondo musulmano, facendo leva sul sentimento di fratellanza religiosa e alzando i toni nei confronti di Israele, ma le dinamiche nazionali sembra siano state preponderanti nelle scelte dell’elettorato.

Poco sorprendete invece il risultato nel sud-est a maggioranza curda. Il partito filo-curdo Dem, in precedenza noto come Hdp, si è riconfermato in tutti i distretti tranne uno, finito sotto il controllo dell’Mhp. Nel corso della giornata elettorale, però, sono arrivate diverse denunce di brogli e nel distretto di Sur, a pochi chilometri dalla capitale curda Diyarbakir, un militante del partito è stato ucciso durante uno scontro in uno dei seggi. Resta poi il dubbio sulla longevità dei nuovi sindaci nel Sud-Est. Centinaia di primi cittadini sono stati rimossi forzatamente con l’accusa di terrorismo e sostituiti da personaggi fedeli a Erdoğan e al governo e in molti temono che questo copione possa ripetersi. In ogni caso, i risultati delle municipali riaprono la partita per le prossime presidenziali e dimostrano che l’opposizione ha ancora una possibilità di vittoria dopo la sconfitta di giugno.

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