Prima del 24 febbraio 2022 e dell’invasione russa dell’Ucraina, la Top Boxing Generation organizzava riunioni pugilistiche anche nella parte orientale del Paese ucraino. Per esempio a Mariupol o a Berdyansk. Il promoter e matchmaker dell’organizzazione si chiama Vlad Eliseev: è nato e cresciuto a Donetsk, dove si è innamorato di questo sport vivendo da spettatore grandi serate con Paul Malignaggi sul quadrato e Lennox Lewis ed Evander Holyfield a bordo ring ad assistere al match. Queste città sono ora controllate dall’esercito di Putin. Ma la boxe, in un Paese in cui questo sport regala da tempo grandi soddisfazioni, con tanti fuoriclasse del ring emersi negli ultimi decenni, non si ferma. Se non si può fare a Mariupol, Berdyansk e Donetsk, allora si fa il diavolo a quattro perché non sparisca almeno dalla capitale.

Sabato 30 marzo alla Stereo Plaza, una sala da concerto in Lobanovskyi Ave a Kiev, si terrà una riunione con una decina di incontri con match clou il titolo WBC Youth Silver dei superleggeri tra il beniamino di casa Nazri Rahimov e il colombiano Jorge Moya, non due fuoriclasse assoluti, ma quel che conta è che la boxe vada avanti. “Dopo il 24 febbraio 2022, quando la Russia ha iniziato la guerra – racconta a ilfattoquotidiano.it Vlad Eliseev – era difficile capire cosa stesse succedendo. L’esercito russo era molto vicino a Kiev, ma non appena il nostro esercito è riuscito a respingerlo dalla capitale, abbiamo iniziato a pensare di far ripartire la boxe”. Il 22 aprile dell’anno scorso la Top Boxing Generation ha messo in piedi una riunione in una piccola palestra a Kiev tanto per scaldare la macchina organizzativa. “È difficile organizzare eventi di boxe. Perché non si sa mai quando inizierà il raid aereo, quando la Russia lancerà i suoi missili contro la tua città. Immagina una situazione in cui sei costretto a interrompere il combattimento proprio durante il round perché suona un allarme e tutti devono mettersi al riparo. Questa è la situazione alla quale ci stiamo abituando”.

La vita deve andare avanti anche durante la guerra per quanto possibile. Succedeva in Italia durante le due guerre mondiali così come a Belfast durante i trent’anni del conflitto nordirlandese, quando il maestro Gerry Storey, un cattolico con uno stretto parente nell’Ira, aveva una sorta di passaporto diplomatico per poter muoversi in città con i suoi pugili, cattolici o protestanti che fossero, o organizzare sparring e riunioni senza pensare troppo in quale quartiere di Belfast si trovasse. “Lo sport è molto importante – continua Eliseev – perché raccogliamo donazioni per l’esercito ucraino, aiutiamo i militari e trasmettiamo messaggi importanti al pubblico internazionale a cui abbiamo accesso”. L’organizzazione deve affrontare anche un calo di spettatori rispetto al recente passato in cui regnava la pace. “La boxe è principalmente uno sport maschile. Non voglio assolutamente mancare di rispetto alle ragazze, ma il pubblico a cui si rivolge la boxe è per la grande maggioranza composto da uomini e buona parte del nostro target è andata al fronte per difendere l’Ucraina. Ora gli ucraini hanno altre priorità: vincere la guerra e proteggere le proprie case”.

In Ucraina il livello della boxe è altissimo. Il pugile ucraino ha tendenzialmente un suo stile ben definito: è un atleta pieno di coraggio che non molla mai, senza essere quello che in gergo si definisce picchiatore, essendo soprattutto un tecnico con un sapiente lavoro di gambe. I quattro moschettieri degli anni duemila sono: Wladimir e Vitali Klitschko, Vasyl Lomachenko e Oleksandr Usyk, con gli ultimi tra i pugili più forti ancora in attività. Il peso massimo Usyk, detentore delle corone Wba, Wbo e Ibf, il 18 maggio combatterà a Riyadh contro Tyson Fury, campione del mondo Wbc. Insomma uno dei match più attesi degli ultimi anni. Il leggero Lomachenko affronterà il 12 maggio a Perth l’australiano George Kambosos Jr per i titoli Ibf e Ibo. “Ma abbiamo anche altri campioni eccezionali – continua Eliseev – come Artem Dalakyan, Vyacheslav Senchenko, Viktor Postol: i loro risultati motivano i ragazzi. L’Ucraina ha una generazione di giovani talenti che presto si mostrerà a livello mondiale. Oleksandr Khyzhnyak prima di passare tra i professionisti, cercherà di vincere a Parigi quell’oro olimpico che gli è sfuggito a Tokyo. Tra i pugili professionisti, va citato anche il talento Oleksandr Solomennikov, con un tempismo e un gioco di gambe invidiabili”.

Ci sono però parecchi pugili che hanno sospeso la carriera e sono andati in guerra. Altri si sono allenati tra tante difficoltà. “Successivamente al ritiro delle truppe russe da Kiev, i pugili sono riusciti a tornare nelle palestre. L’Ucraina è un paese molto grande, il più grande d’Europa, quindi non dovrebbe sorprendere che a Kiev siano disponibili tutte le strutture e i servizi possibili. Ci sono palestre in tutta l’Ucraina. Naturalmente, vicino alla prima linea è pericoloso boxare e nessuno corre rischi inutili. Ma Kiev è protetta dai soldati ucraini, motivo per cui posso rilasciare adesso questa intervista senza problemi”. Continua Eliseev: “Gli ucraini si sono in qualche modo abituati alla guerra. Ecco perché cerchiamo di vivere come prima. L’unica cosa a cui non possiamo abituarci è la morte dei nostri cari. Dobbiamo fermare la Russia adesso, in modo che i nostri figli e nipoti non sappiano cosa voglia dire allenarsi in una palestra di boxe mentre fuori suona una sirena”. Una riunione di pugilato in zone del Paese pericolose a causa della guerra? “Durante la guerra no. Non possiamo rischiare la vita dei nostri pugili e fare eventi vicino alla prima linea. No, è impossibile. La guerra non è un gioco. La guerra uccide, per questo teniamo tutti gli spettacoli nel rigoroso rispetto delle norme di sicurezza”. Ma Vlad Eliseev un sogno ce l’ha. “Organizzare una serata di boxe alla Donbass Arena nella città ucraina di Donetsk. La Donbass Arena è un luogo assolutamente leggendario per tutti, sono sicuro che la Top Boxing Generation terrà lì uno spettacolo di boxe dopo la vittoria dell’Ucraina”.

Articolo Precedente

La caccia al numero 2 del mondo già domenica e ora anche Djokovic è nel mirino: cosa significa la vittoria di Sinner a Miami

next
Articolo Successivo

“No, dai non dire così…”: l’emozione di Jannik Sinner per il complimento di Serena Williams

next