“Perché nessuno parla? Perché nessuno ha visto nulla?”. Sono le domande che riecheggiano per le strade del centro storico di Palermo. La comunità africana del capoluogo siciliano, spalleggiata dalle associazioni, martedì ha marciato da Porta Sant’Agata, attraverso i quartieri popolari del centro storico fino alla sede della questura di Palermo, dopo la morte di Kitim Ceesay, il 24enne gambiano ucciso da una coltellata in circostanze ancora da chiarire. Una manifestazione per chiedere che “la giustizia sia uguale per tutti: viviamo tutti come essere umani e la giustizia non è solo per i privilegiati”. Così parla Ousman Drammeh, uno degli organizzatori del corteo che ha sfilato per chiedere giustizia per Ceesay, accoltellato – e forse anche investito – nei pressi di Porta Sant’Agata all’Albergheria. Dopo l’aggressione “solo silenzio, abbiamo saputo tutto solo quando è morto. Perché nessuno ne ha parlato?” insiste Drammeh.

Al lavoro per ricostruire quanto è successo c’è la Squadra Mobile di via Oreto che sta cercando testimoni dell’aggressione. Di certo lo scorso 5 marzo Ceesay è stato soccorso da un’ambulanza del 118 alle 15, e trasportato in ospedale dove i medici hanno notato la ferita d’arma da taglio sotto l’ascella destra. Sottoposto subito a una Tac per nove giorni era rimasto ricoverato nel reparto di medicina d’urgenza. Successivamente è stato trasferito al reparto di malattie infettive del policlinico fino alla morte avvenuta lo scorso 20 marzo. Da qualche tempo viveva per strada ed era affetto da Hiv: “Era in uno stato di salute molto vulnerabile, quest’aggressione ha velocizzato il declino ma noi familiari non abbiamo saputo quanto fosse grave per due settimane”, racconta l’ex compagna e madre della figlia del ragazzo ai microfoni della Rai. E sottolinea: “Kitim è stato accoltellato da qualcuno che conosceva”.

Una morte che ha scossa la comunità africana del capoluogo siciliano. Per questo oggi hanno marciato per i quartieri popolari di Palermo: “Abbiamo manifestato pacificamente per chiedere di fare luce su quel che è successo”, spiega Bandiougou Diawara, ragazzo malese anche lui sceso in piazza oggi. E continua: “C’è paura, non ci sentiamo al sicuro, se un ragazzo viene accoltellato a sangue freddo, nessuno sa nulla? E le telecamere non hanno visto nulla? Allora vuol dire che un domani potrebbe capitare a chiunque di noi e non ci sarà mai un testimone: nessuno può permettersi di uccidere qualcuno, nero o bianco, meritiamo tutti di vivere. La nostra vita è sacra”. “Credo che nessuno debba morire in questa maniera”, gli fa eco Drammeh. Un corteo di più di 200 persone che ha marciato dal luogo dell’aggressione lungo le strade del centro storico del capoluogo siciliano.

Una morte che fa luce anche sulla mancanza di sostegno sociale nei quartieri popolari di Palermo: “Non si possono ignorare i problemi vissuti da tante persone nei quartieri popolari, fra cui Ballarò – si legge nella nota firmata da più di 20 associazioni e dall’eurodeputato del Pd Pietro Bartolo – ormai marcati da una totale mancanza di servizi statali. Una situazione aggravata ai danni delle persone, private dei documenti dalle politiche migratorie dei governi. Ci stringiamo intorno alla famiglia di Kitim – fra cui suo fratello, la sua compagna e i figli – che aspettano che lo Stato spieghi come questo giovane padre è stato vittima di un’aggressione così violenta, e facciano luce sulla sua morte”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Xylella, lo strano caso della morìa di ulivi dalla California al Veneto. Ma la causa è un fungo e nessuno abbatte gli alberi

next
Articolo Successivo

Condannata l’ex deputata M5s Sara Cunial: “Inveì contro un finanziere in zona rossa”

next