L’approvazione definitiva dello storico regolamento sul Ripristino della natura è saltata: rinviata a data da destinarsi. Potrebbe voler dire direttamente alla prossima legislatura, o anche mai. E sarebbe la pietra tombale sul Green Deal, affossato anche dal Partito popolare europeo che l’aveva tenuto a battesimo. Il regolamento è una misura strategica del piano europeo e il voto in Consiglio Ambiente Ue, previsto per il 25 marzo, doveva essere una mera formalità, dato che l’accordo politico tra Consiglio e Parlamento Ue era stato già raggiunto a novembre 2023. Eppure quel voto è stato cancellato dall’agenda della riunione dei ministri europei dell’Ambiente. E la misura è ‘in ostaggio’. Solo un mese fa il via libera in Parlamento europeo era stato accolto dagli applausi dei deputati socialisti e verdi. E il testo era dato per salvo, nonostante i vari passaggi del trilogo ne avessero abbassato l’ambizione rispetto alla proposta iniziale e nonostante fosse stato per mesi bersaglio politico del centrodestra all’Eurocamera.

Il rischio con le elezioni europee alle porte – Ora, però, l’approvazione definitiva del regolamento, che mira a ripristinare gli ecosistemi sul 20 per cento delle aree terrestri e marine dell’Unione europea entro il 2030 (e tutti gli ecosistemi entro il 2050), fa i conti con le elezioni europee alle porte. La Lega al Parlamento europeo ha esultato: “Il rinvio dell’approvazione definitiva della legge sul ripristino della natura, uno dei capisaldi dell’estremismo green di Timmermans e Von der Leyen, conferma tutte le critiche espresse dalla Lega, che fin dal giorno si è opposta al provvedimento”. Proprio la presidente della Commissione europea, però, è intervenuta: “C’è un problema di competitività, ma sarebbe sbagliato dare la colpa al Green Deal, farne un capro espiatorio. È il contrario: il Green Deal ci consentirà di ammodernare la nostra economia e anche la legge sul ripristino della natura rientra in questo quadro” ha detto, consapevole del ruolo svolto in questi mesi dal suo stesso partito.

La corsa a ostacoli – Già in Parlamento Ue, avevano votato contro il testo gran parte del Ppe, i gruppi Id (di cui fa parte la Lega) ed Ecr (di cui fa parte FdI) e circa metà di Renew Europe (liberali). Tutto questo, nonostante le flessibilità concesse agli Stati, per i quali è stata prevista la possibilità di sospendere temporaneamente le disposizioni sugli ecosistemi agricoli in circostanze eccezionali. Per esempio, se i target del regolamento avessero ridotto la superficie coltivata al punto da compromettere la produzione alimentare e renderla inadeguata ai consumi dell’Ue. Una concessione frutto della pressione delle lobby dell’agrobusiness e anche della protesta dei trattori, ad arte strumentalizzata. Il regolamento, però, è passato con 329 voti a favore, 275 contrari e 24 astensioni. L’accordo, poi, è stato confermato durante il Coreper, la riunione degli ambasciatori dei 27 membri, nonostante il voto contrario di Italia e Svezia. Si erano astenuti, già in quella sede, Finlandia, Polonia, Paesi Bassi e Belgio.

L’Ungheria si aggiunge ai “no” di Italia, Svezia, Paesi Bassi e Polonia – Spesso, però, prima che norme importanti come questa vengano inserite all’ordine del giorno per essere rapidamente adottate in una riunione ministeriale, la presidenza del Consiglio verifica con gli ambasciatori se c’è una maggioranza per l’adozione. Ed è quello che è accaduto durante la discussione avvenuta il 22 marzo. Alla riunione del Coreper, convocata per prepararsi alla ratifica in Consiglio, è mancata la maggioranza qualificata, ossia almeno il 55% dei paesi che rappresentino almeno il 65% della popolazione europea. Questa volta hanno votato contro Italia, Svezia, Paesi Bassi e Polonia e, all’ultimo minuto, anche Ungheria. Austria, Belgio e Finlandia si sono astenuti. Così, nel giorno della Giornata mondiale dell’acqua, il 22 marzo, la presidenza belga del Consiglio Ue ha deciso di non mettere il dossier in agenda, il 25 marzo, al Consiglio Ue Ambiente per il via libera ministeriale. Passaggio che doveva essere pura formalità: un’adozione rapida su un testo sul quale Consiglio e Parlamento Ue avevano già raggiunto un accordo. E proprio perché si tratta di un accordo già confermato, la presidenza di turno non ha potuto presentare emendamenti al testo, così come avvenuto per le norme sulla due diligence delle imprese. Al momento, non c’è ancora indicazione su una nuova data e si concretizza il rischio che la legge slitti direttamente alla prossima legislatura.

Le reazioni – E se Confagricoltura definisce positiva la decisione del Coreper di sospendere le procedure di approvazione della Legge sul Ripristino della natura, in quanto il testo concordato “avrebbe comportato tagli al potenziale produttivo e aumento dei vincoli alle opere di adeguamento al cambiamento climatico”, dura è stata la reazione della coalizione di ong #RestoreNature, composta da Wwf, l’Ufficio europeo dell’ambiente, BirdLife Europe e ClientEarth. Il Wwf, con l’appoggio di 147 fra scienziati e naturalisti, ha lanciato un appello al Consiglio Ue e al governo italiano affinché si porti avanti l’iter. “In gioco non c’è solo il recupero di ambienti naturali come foreste, fiumi e habitat marini – ha scritto l’associazione – in gioco ci sono la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico, la difesa da inondazioni, incendi e desertificazione, la qualità dell’acqua e dell’aria. In altre parole, in gioco c’è la anche la sicurezza di tutti i cittadini europei”. Anche Lipu-BirdLife Italia ha denunciato “l’incredibile voltafaccia dell’Ungheria, che ha cambiato posizione schierandosi contro” e il “permanere di posizioni contrarie alla legge di alcuni Paesi tra cui l’Italia”. Resta il fatto che 19 Stati membri a favore non sono la maggioranza qualificata. E il futuro è tutto da disegnare. Lo sa bene la Lega che, commentando il rinvio, ha sentenziato: “Serve un cambio di rotta in Ue, un’altra maggioranza, un’altra Commissione, con più concretezza e meno ideologia”.

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