La destra e il Copa-Cogeca, l’organizzazione che riunisce i principali sindacati agricoli europei, non fermano la legge sul Ripristino della Natura, approvata con 329 voti a favore, 275 contrari e 24 astensioni dal Parlamento Ue che, nelle stesse ore, dà il via libera alla nuova direttiva sui crimini ambientali. Un doppio risultato quello raggiunto a Strasburgo, ancor più perché arriva a pochi mesi dalle elezioni forse più importanti nella storia dell’Unione europea. E storica è anche la legge sul Ripristino della Natura, tant’è che il testo è stato accolto dagli applausi dei deputati socialisti e verdi da un lato e dal silenzio dei parlamentari di destra dall’altro, nonostante nella versione finale si sia abbassata l’asticella dell’ambizione rispetto alla proposta iniziale. La direttiva sui crimini ambientali, concordata con il Consiglio Ue a novembre 2023 è stata approvata, invece, con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni. Tra i nuovi reati, il commercio illegale di legname, l’esaurimento delle risorse idriche, le gravi violazioni della legislazione dell’Ue in materia di sostanze chimiche e l’inquinamento provocato dalle navi. I deputati hanno voluto inserire nel testo anche i cosiddetti ‘reati qualificati’, vale a dire quelli che portano alla distruzione di un ecosistema e sono quindi paragonabili all’ecocidio. Tra questi, per esempio, gli incendi boschivi su vasta scala o l’inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo.

Il Partito popolare europeo non ferma la legge (indebolita) sul Ripristino della Natura – La legge sul Ripristino della natura, che passerà ora al Consiglio (dove l’Italia già aveva remato contro) per il voto finale, entrerà in vigore dopo la ratifica degli stati membri e impone a questi ultimi di introdurre, nell’ambito di piani nazionali, misure per ripristinare gli ecosistemi sul 20 per cento delle aree terrestri e marine dell’Unione europea entro il 2030 (e tutti gli ecosistemi entro il 2050). Il Ppe, la formazione più numerosa del Parlamento, ha più volte cercato di arrivare allo stallo, chiedendo di votare contro e sostenendo che la legge avrebbe, tra le altre cose, minacciato i mezzi di sussistenza degli agricoltori europei e diminuito la produzione alimentare. A Strasburgo, alla fine, hanno votato contro gran parte del Ppe, i gruppi Id (di cui fa parte la Lega) ed Ecr (di cui fa parte FdI) e circa metà di Renew Europe (liberali).

Le reazioni della destra (anche italiana) e delle ong – “Siamo ancora convinti che la legge sul ripristino della natura sia stata redatta male e che introduca nuove regole per gli agricoltori in un momento in cui la produzione alimentare è sotto pressione” ha dichiarato Manfred Weber, presidente del Ppe, in vista del voto. Le divisioni tra i conservatori hanno fatto in modo che la legge andasse avanti, anche se indebolita ma, soprattutto dopo la protesta dei trattori nel cuore dell’Europa (e dell’Italia), l’approvazione non era scontata. Sul fronte italiano, emblematico il commento di Gian Marco Centinaio, responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega, secondo cui l’approvazione dimostra che “nessun cambio di rotta è stato fatto a Bruxelles rispetto alla linea Timmermans. Verdi, socialisti, liberali e un pezzo di popolari hanno imposto ancora una volta un provvedimento che colpisce gli agricoltori e li considera nemici dell’ambiente”. Ma non è finita. Per Centinaio si tratta di “una follia alla quale la Lega si è opposta e che – dice – speriamo di cambiare quando finalmente in Europa ci sarà una nuova maggioranza, senza la sinistra e il suo ambientalismo ideologico”. Greenpeace parla di “una vittoria agrodolce”, mentre BirdLife, ClientEarth, Eeb e Wwf sottolineano il fatto che a Strasburgo i deputati non abbiano ceduto “al populismo”. D’altro canto, contro le ragioni del Ppe, non ci sono solo le argomentazioni delle Ong ambientaliste, ma si sono schierate diverse multinazionali. Tra queste, grandi gruppi alimentari come Nestlé e Danone.

Gli obiettivi del regolamento (e le concessioni sugli ecosistemi agricoli) – Per conseguire gli obiettivi fissati dall’Ue, entro il 2030 gli Stati membri dovranno ripristinare il buono stato di salute di almeno il 30% degli habitat oggi in cattive condizioni (ed attualmente l’80% degli habitat europei è in cattivo stato, ndr). Si va dalle foreste alle praterie, dalle zone umide ai fiumi, ma anche laghi e coralli. Questa percentuale aumenterà poi al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Poiché le torbiere sono una delle soluzioni più economiche per ridurre le emissioni nel settore agricolo, i paesi dell’Ue dovranno ripristinare almeno il 30% delle torbiere drenate entro il 2030 (almeno un quarto dovrà essere riumidificato), il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050 (con almeno un terzo riumidificato). La riumidificazione continuerà a essere volontaria per agricoltori e proprietari terrieri privati ed è prevista la possibilità di sospendere temporaneamente le disposizioni sugli ecosistemi agricoli in circostanze eccezionali. Come richiesto dal Parlamento, infatti, la legge prevede di sospendere gli obiettivi relativi agli ecosistemi agricoli qualora questi target riducano la superficie coltivata al punto da compromettere la produzione alimentare e renderla inadeguata ai consumi dell’Ue.

La direttiva sui crimini ambientali: tutte le novità – Altro tassello importante è quello posto con l’approvazione della nuova direttiva sui crimini ambientali. La precedente risaliva al 2008. Diverse le novità introdotte con il testo, che entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. Gli Stati membri avranno poi due anni per recepire le norme nel diritto nazionale. I reati ambientali commessi da persone fisiche e rappresentanti d’impresa saranno punibili con la reclusione, a seconda della durata, della gravità o della reversibilità del danno. Per i cosiddetti reati qualificati, il massimo è di 8 anni di reclusione, per quelli che causano la morte di una persona 10 anni e per tutti gli altri 5 anni. Tutti i trasgressori saranno tenuti a risarcire il danno causato e ripristinare l’ambiente danneggiato, oltre a possibili sanzioni pecuniarie. Per le imprese l’importo dipenderà dalla natura del reato: potrà essere pari al 3 o 5% del fatturato annuo mondiale o, in alternativa, a 24 o 40 milioni di euro. Gli Stati membri potranno decidere se perseguire i reati commessi al di fuori del loro territorio. Nel corso dei negoziati sono stati anche introdotti sostegno e assistenza nel contesto dei procedimenti penali per gli informatori che denunciano reati ambientali.

Legambiente: “L’Italia sia il primo stato a recepire la direttiva” – “La direttiva contiene nuovi illeciti, a cominciare dalla definizione di eccidio, un inasprimento delle sanzioni, maggiori tutele per chi denuncia e, come proposto da Legambiente, l’impegno di facilitare l’accesso alla giustizia per le associazioni” commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, secondo cui si tratta di passo importante a livello europeo per il contrasto e la lotta alle illegalità ambientali “che consentirà di rafforzare nel nostro Paese quanto già previsto dal 2015 grazie all’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale”. E invita l’Italia a dare il buon esempio “diventando il primo Stato europeo a recepire la nuova direttiva”. Per Legambiente, alla crescita della criminalità ambientale registrata a livello globale dall’Interpol e dall’Unep è urgente contrapporre adeguate strategie di contrasto. Nel corso dell’iter per l’approvazione della direttiva, è stata proprio la Commissione Ue a ricordare come la criminalità ambientale continui a crescere a tassi annui compresi tra il 5% e il 7% a livello mondiale “creando danni duraturi per gli habitat, le specie, la salute delle persone e le entrate dei governi e delle imprese”. Secondo le stime dell’Unep e dell’Interpol, pubblicate a giugno 2016, infatti “la perdita annuale causata dalla criminalità ambientale è compresa tra 91 e 258 miliardi di dollari”.

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