di Daniela Patti, co-presidente di Volt Italia

Venerdì 22 marzo è morto Luca Manzon, un operaio di 51 anni, schiacciato da pannelli di legno in un cantiere di Sondrio. Ma ci saranno altre due vittime, perché sono tre le persone che ogni giorno muoiono sul lavoro e sono già 350 le vittime nel 2024. Per loro Sergio Mattarella ha parlato di “scandalo intollerabile”.

Queste sono le vittime di un sistema di sfruttamento del lavoro, che a scapito di sicurezza e tutele promuove il massimo profitto. E infatti muoiono maggiormente i lavoratori ultrasessantenni e quelli stranieri, con un’incidenza di quasi tre volte maggiore rispetto ai lavoratori italiani.

Come ci dimostrano le tragedie quotidiane, le morti sul lavoro sono in particolare nell’edilizia. Secondo i dati degli ispettorati per il lavoro, enunciati dalla Ministra del Lavoro Calderone al Consiglio dei Ministri il 21 febbraio, il 76,48% delle aziende presentano irregolarità e più di tre cantieri su quattro non sono a norma. Negli anni precedenti l’incidenza delle irregolarità è superiore del 35% nel caso dei cantieri interessati dal Superbonus 110%.

Qui a causa della grande iniezione di risorse pubbliche che ha portato alla realizzazione di moltissimi cantieri privati, ma senza gli adeguati controlli, sono stati presi moltissimi lavoratori senza contratto o ai quali veniva applicato il contratto nazionale non per l’edilizia, che prevede misure di formazione e sicurezza, ma del multi-servizi o da metalmeccanici perché al datore di lavoro costano molto meno, circa la metà. E molti di questi lavoratori erano stranieri, spesso senza permesso di soggiorno, non sufficientemente qualificati. In queste condizioni era prevedibile che accadessero queste tragedie quotidiane.

E allora non chiamiamole morti bianche. Questo termine offende la memoria delle vittime e i loro cari, perché non si tratta di morti inevitabili ma del risultato di norme e misure di sicurezza ignorate, come afferma l’appello portato avanti da Marco Bazzoni. E allora non servono le panchine bianche per tenere vivo il ricordo ma misure per arginare questa strage in corso. Perché l’anno scorso sono state 1041 le vittime, come ci hanno ricordato le bare messe in fila in piazza del Popolo dalla Uil pochi giorni fa.

E dopo l’attenzione mediatica che ha giustamente avuto la tragedia dell’Esselunga a Firenze il mese scorso, la risposta del Governo è stata la gamificazione dell’esistenza dei lavoratori. La morte di un lavoratore comporta per l’azienda una penalità di 20 punti, l’inabilità permanente assoluta o parziale una penalità di 15 punti, mentre quella temporanea con l’astensione dal lavoro per più di 40 giorni una penalità di 10 crediti. Ma un’azienda può comunque operare con 15 punti e recuperarne 5 con un corso di formazione.

In questo quadro, il Governo Meloni ci parla di crescita economica perché nell’ultimo trimestre del 2023 le retribuzioni sono state in calo dello 0,1%. Ma invece questo è il dato peggiore d’Europa e non tiene nemmeno conto dell’inflazione che nel 2023 ha toccato il 5,3%. Quindi mentre le condizioni economiche e di tutela in cui versano i lavoratori sono gravissime, rischiano di andare ad aumentare ancora di più i casi di sfruttamento, di lavoro in nero, di mancata sicurezza, di morti sul lavoro.

Per questo chiediamo a gran voce insieme ai sindacati che le morti sul lavoro siano una priorità sulla quale intervenire con misure efficaci. Innanzitutto dobbiamo porre fine al subappalto a cascata così come previsto dal nuovo Codice degli Appalti e alle gare al massimo ribasso che peggiorano la realizzazione delle opere e l’erogazione dei servizi per la collettività. Sono necessarie risorse e assunzioni per aumentare i controlli, andando a rafforzare gli ispettorati al lavoro, molto più di quanto il Governo sta già facendo.

E’ necessaria la parità del trattamento economico e normativo, cancellata nel 2023, per i lavoratori in tutti gli appalti pubblici e privati estendendo così le tutele garantite dal Codice degli Appalti. Questo comporta il cartellino identificativo, un libretto digitale delle imprese su investimenti per la sicurezza e infortuni e l’estensione del certificato di congruità della manodopera e dei tempi di realizzazione in tutti i cantieri.

Aderiamo alla mobilitazione indetta da Cgil e Uil per il prossimo 11 aprile per chiedere garanzie sulla salute e la sicurezza, ma anche una riforma fiscale diversa. E seguirà una nuova grande manifestazione nazionale convocata a Roma per sabato 20 aprile.

Come Volt, riteniamo necessario ripensare il mondo del lavoro e superare forme di precariato e sfruttamento. Il problema delle morti sul lavoro non sono problemi di singoli comparti, come l’edilizia o l’agricoltura, ma di tutte le lavoratrici e i lavoratori poveri e precari.

In Italia esistono quasi 3 milioni di lavoratori poveri, che faticano ad arrivare a fine mese, 500.000 lavoratori sono false partite Iva, dietro cui è nascosto un lavoro da dipendente, 100.000 lavoratori precari di Stato, come insegnanti e infermieri, ed esistono oltre 1000 contratti collettivi nazionali, sottoscritti dai sindacati ma che non sempre vengono applicati a scapito della sicurezza. E spesso questa è anche la causa di morti sul lavoro.

Per noi è chiaro e ora necessario che solo con una mobilitazione collettiva di tutte le lavoratrici e i lavoratori poveri e precari saremo in grado di incidere e modificare il mondo del lavoro, per promuovere uno sviluppo economico giusto.

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