Il racconto di un aneddoto, la smentita del diretto interessato, gli avversari politici – molto in difficoltà – che vedono servita su un piatto d’argento la possibilità di contrattaccare e di spostare l’attenzione da quello che ai più è sembrato un autogol. Perché a distanza di un giorno dalla piazza di Bari piena per sostenere Antonio Decaro, a far notizia sono le parole del governatore pugliese Michele Emiliano, la polemica che hanno generato e le conseguenze che possono causare. Con ordine. Durante la manifestazione di sabato 23 marzo, l’ex pm antimafia aveva detto di avere portato l’allora assessore Antonio Decaro a casa della sorella di un boss di Bari vecchia. L’attuale primo cittadino ha provato a smentirlo: “Emiliano non ricorda bene, non sono mai andato in nessuna casa di nessuna sorella”. Tentativo vano. Perché malgrado le precisazioni fatte già ieri dal governatore (ha detto che la sua frase è stata fraintesa), il centrodestra ha colto la palla al balzo ed è tornato all’attacco, chiedendo, con il vicesegretario federale della Lega Andrea Crippa, che “il Viminale proceda quanto prima con lo scioglimento del Comune”. La tesi di Crippa è semplice: “Dopo l’autodenuncia di Emiliano è impossibile e intollerabile continuare ad avere in carica un presidente di Regione e un sindaco del capoluogo che si affidano alla sorella di un boss per portare avanti l’attività sul territorio”. Gli ha fatto eco il vicepresidente della commissione antimafia, il pugliese Mauro D’Attis (FI), già tra coloro che avevano chiesto al ministro Piantedosi di accelerare l’iter per l’eventuale scioglimento del consiglio comunale barese per infiltrazioni mafiose: D’Attis oggi ha chiesto che la commissione faccia approfondimenti sulle dichiarazioni di Emiliano e acquisisca tutti gli atti programmando anche “una serie di audizioni”. Il tutto mentre il ministro degli affari regionali, Roberto Calderoli, pur ribadendo che per lui la norma sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni per mafia va cambiata, ha accostato la vicenda raccontata da Emiliano alla “trattativa Stato-mafia”: “La risposta per me è una sola, con la mafia non si tratta”. Insomma: il centrodestra si è ricompattato e il centrosinistra è costretto a precisare, smentire, difendersi. Tutto e il contrario di tutto, in neanche 48 ore.

L’aneddoto raccontato da Emiliano – Un aneddoto raccontato in modo un po’ infelice da Michele Emiliano innesca un fuoco di polemiche da parte del centrodestra. Alla manifestazione di sabato a Bari, convocata in solidarietà al sindaco Antonio Decaro contro l’ipotesi di scioglimento del Comune per mafia, l’attuale governatore della Puglia ha citato un episodio risalente a quando era lui il sindaco della città e Decaro l’assessore alla mobilità della sua giunta: “Un giorno sento bussare alla porta, Decaro entra, bianco come un cencio, e mi dice che era stato a piazza San Pietro e uno gli aveva messo una pistola dietro la schiena perché stava facendo i sopralluoghi per la ztl di Bari vecchia. Lo presi, in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle: “Questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare, perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di assistenza, te lo affido“”. Subito dopo, l’ex sindaco e magistrato antimafia arriva all’epilogo che dà senso al racconto, incentrato sulla rinascita della città: “Ricordo che dopo pochi mesi andammo a confiscare tutte le case dei Capriati in piazza San Pietro”.

Il centrodestra torna ad attaccare – La maggioranza, però, coglie l’invito a nozze e cerca di creare il caso mediatico, ideale per spostare il focus dal successo della manifestazione. Inizia il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri: “Parole sconcertanti di Emiliano. Se i boss minacciano si va in Procura, non a casa loro”, scrive su X. Poi arriva un altro parlamentare azzurro, Mauro D’Attis, tra i protagonisti del pressing sul ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per fargli avviare la procedura finalizzata alla verifica delle condizioni per lo scioglimento dell’amministrazione barese. “Le dichiarazioni rese pubblicamente ieri dal presidente Emiliano sono degne di un approfondimento della Commissione Antimafia”, dice D’Attis, che dell’organo di palazzo san Macuto è vicepresidente. Domenica, infine, la Lega ha mandato all’attacco il vicesegretario Andrea Crippa: “Il Viminale proceda quanto prima con lo scioglimento del comune di Bari“, ha dichiarato il numero due di Matteo Salvini. “Dopo l’autodenuncia di Emiliano è impossibile e intollerabile continuare ad avere in carica un presidente di Regione e un sindaco del capoluogo che si affidano alla sorella di un boss per portare avanti l’attività sul territorio”, afferma.

La precisazione (tardiva) del governatore – Eppure sabato, nel giro di poche ore, il governatore dem era intervenuto con una nota a spiegare le proprie affermazioni: “Leggo agenzie nelle quali si fraintende una frase che ventimila persone presenti oggi in piazza hanno perfettamente compreso. Ho raccontato un fatto realmente avvenuto quando chiudemmo al traffico Bari vecchia. E di fronte ad un episodio nel quale avevano invitato il mio assessore ad andarsene dai luoghi dove stava lavorando, andai di persona dalla sorella incensurata del boss Antonio Capriati, che avevo arrestato e fatto rinviare a giudizio e poi condannare per omicidio, per farle capire che le cose erano cambiate, quegli atteggiamenti non erano più tollerati, che potevano rivolgersi all’assessore solo con modi civili ed educati (e qui l’iperbole “te lo affido se ha bisogno di assistenza”) visto che si trovava lì per svolgere il suo lavoro. Quando dopo pochi mesi confiscammo le case della famiglia Capriati site lì vicino, nessuno si oppose, e adesso quelle case sono centri sociali importanti, e mai nessuno li ha più infastiditi. Questi i fatti. Questa la mia condotta, che ripeterei“, rivendica.

La smentita di Decaro: “Emiliano non ricorda bene” – Il sindaco Decaro, peraltro, nega di essersi recato insieme all’allora primo cittadino a trovare la sorella di Capriati: “Su queste cose bisogna essere assolutamente precisi“, afferma. “Innanzitutto è bene ricordare il contesto. C’era un magistrato antimafia appena eletto sindaco in un quartiere, come quello di Bari vecchia, abituato da sempre al parcheggio selvaggio nella totale illegalità. Immaginatevi quali potessero essere le reazioni davanti a un giovane assessore che si permetteva di entrare nel quartiere per rivoluzionare completamente le consuetudini, a partire dalla mobilità, pedonalizzando buona parte delle strade e installando le telecamere sui varchi di accesso. Per quanto attiene a quell’episodio in particolare, di quasi vent0anni fa”, aggiunge riferendosi alla presunta visita, “Emiliano non ricorda bene. È certamente vero che lui mi diede tutto il suo sostegno, davanti alle proteste di buona parte del quartiere, quando iniziammo a chiudere Bari Vecchia alle auto, ma non sono mai andato in nessuna casa di nessuna sorella“, spiega.

Il Pd prova a correre ai ripari: “D’Attis in conflitto d’interesse” – In serata da registrare la presa di posizione del Partito democratico tramite Walter Verini, capogruppo dem in commissione Antimafia: “Questa destra usa per fini elettoralistici la commissione Antimafia. È una cosa gravissima. Il vicepresidente D’Attis è in palese conflitto di interessi – ha detto – fa campagna elettorale a Bari, va insieme a Sisto da Piantedosi a chiedere la commissione d’accesso che poi è arrivata e usa il suo ruolo in Antimafia per l’utilità del suo partito. Questo non è accettabile perché rischia di snaturare il ruolo della commissione”. Successivamente Verini ha provato a dare un suo parere nel merito della questione: “Emiliano da magistrato e da amministratore e in questi anni di trincea Decaro, che da 9 anni vive sotto scorta perché minacciato dalle mafie, hanno combattuto a Bari e in Puglia per la legalità. I vertici della procura e lo stesso don Ciotti – ha aggiunto – hanno dato questo pubblico riconoscimento ad Antonio Decaro. Non c’è niente da nascondere e anche la frase detta in piazza da Emiliano davanti a migliaia di persone è stata ampiamente chiarita dallo stesso e giustamente corretta da Decaro per la parte che lo riguardava”.

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