Il tribunale Ue ha stabilito che l’ex pilota di Formula 1 Nikita Mazepin deve essere rimosso dalla blacklist delle persone sanzionate dall’Unione europea dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Secondo i giudici lussemburghesi, infatti, il rapporto familiare con il padre, l’oligarca Dmitry Mazepin, da solo “non è sufficiente per considerarlo legato a quest’ultimo da interessi comuni e, pertanto, per mantenerlo in tali elenchi”. Per via delle sanzioni di Bruxelles dopo lo scoppio della guerra, Nikita Mazepin ha perso il posto nel team Haas di F1, dove guidava dal 2021.

Il padre di Mazepin, Dmitriy, possiede una quota di maggioranza nella società mineraria Uralkali ed è l’ex azionista di maggioranza nella sua controllata Uralchem. Si dice che sia molto vicino al presidente russo Vladimir Putin che ha ordinato l’invasione in corso. I Mazepin sono stati inseriti nell’elenco delle sanzioni dell’Ue insieme a circa altre 2mila persone e organizzazioni dopo l’inizio del conflitto, con i beni congelati e il divieto di ingresso nell’Ue. All’epoca l’Ue aveva affermato che Nikita era una “persona fisica” da aggiungere all’elenco a causa del legame familiare. Nel frattempo però ha perso il posto da pilota della Haas e al contempo la scuderia ha abbandonato anche Uralkali, che era uno dei suoi principali sponsor.

Nikita Mazepin ha quindi contestato di essere sulla lista e la corte ha detto che poiché non guidava più per la Haas e anche l’Uralkali non era uno sponsor della squadra, era sulla lista solo per il legame familiare che non era sufficiente. “Secondo costante giurisprudenza – ha confermato il tribunale – tale criterio implica l’esistenza di un legame che vada al di là di un rapporto familiare, dimostrato alla luce di un insieme d’indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti”. Per lo stesso motivo l’anno scorso la corte aveva annullato le sanzioni dell’Ue contro la madre del defunto leader del gruppo militare Wagner, Yevgeny Prigozhin. Altri, come l’ex proprietario del Chelsea Roman Abramovich, hanno invece fallito nelle loro azioni legali contro le sanzioni dell’Ue.

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