Alla vigilia delle elezioni, sembra che ogni spazio libero nei luoghi pubblici a Mosca sia occupato da manifesti che invitano a votare per il Presidente della Federazione Russa. Sono appesi nella metropolitana, sugli autobus, sui cartelloni stradali, nei bar, nei supermercati, nelle banche, negli ospedali, negli ingressi dei condomini e persino sulle porte degli appartamenti. In una tranquilla zona residenziale a ovest di Mosca, uno grande striscione che chiama a votare è appeso lungo il campo di calcio, dove i bambini del posto calciano un pallone sulla neve leggermente sciolta. Qui, tra palazzi e negozi di alimentari, si trovano una dozzina di scuole, che per questi tre giorni si sono tutte trasformate in seggi elettorali.

Venerdì 15 marzo. La mattina presto, un uomo anziano esce da una delle scuole telefonando orgoglioso a qualcuno: “Ho già votato!”. Un Suv con un’enorme lettera Z sul lunotto posteriore è parcheggiato non lontano dall’ingresso. A quanto pare, il primo giorno delle votazioni, ai seggi elettorali si sono recati soprattutto sostenitori dell’attuale governo. Lui stesso lo ha chiesto: ad esempio, cercando di persuadere il più possibile gli impiegati statali a votare il 15 (e a riferirlo, fornendo ai datori di lavoro prove fotografiche o un certificato di partecipazione alle elezioni). Ma in generale, il primo giorno di votazioni, come anche il secondo, non ha cambiato molto la vita del quartiere. L’unica cosa è che adesso tra la scuola e il supermercato erano parcheggiate due camionette di polizia con una squadra speciale antiterrorismo dentro: era un po’ strano vedere questo kit standard per reprimere le proteste nel cortile di un quartiere dormitorio.

Alla vigilia del terzo giorno di votazioni – domenica 17 marzo – per strada e sui bus si poteva sentire una volta ogni tanto: “Allora, ci vediamo domani a mezzogiorno?”. E infatti, l’indomani alle 12 la gente è cominciata ad arrivare nelle scuole per una manifestazione pacifica contro l’attuale regime, il “mezzogiorno contro Putin”. Dall’inizio dell’anno si sono svolte altre proteste eclatanti: le code a sostegno di Boris Nadezhdin e il funerale di Alexei Navalny. Questa qui sembrava essere la più legale delle tre: come dice l’esperto elettorale Arkady Lyubarev, nella Russia moderna andare alle urne è comunque meno pericoloso che deporre fiori. E anche se la procura di Mosca ha già minacciato di responsabilità penale i partecipanti al “mezzogiorno contro Putin”, verso le 12 davanti a una delle scuole nel cuore del quartiere si è formata una fila di decine di persone.

I metal detector all’ingresso della scuola, la polizia e la sicurezza controllano le borse e le tasche degli elettori. Poi questi ultimi vengono mandati alle urne, dove si sono già radunate una cinquantina di persone. Accanto sono seduti alcuni osservatori, tutti del partito Russia Unita o delle Camere pubbliche. Quest’anno il Cremlino praticamente non ha permesso agli osservatori indipendenti di lavorare durante le elezioni; ha cominciato però a riferire sull’assenza di violazioni fin dal primo giorno di votazioni. Così, il deputato di Mosca Vladimir Vshivtsev ha personalmente controllato i seggi elettorali confermando che il voto è organizzato “in modo aperto e trasparente”, nonostante fosse cieco.

Non lontano dalle urne, un uomo anziano ha messo gli occhiali e studia l’elenco dei candidati alla presidenza più corto nella storia russa. Vladimir Putin, Leonid Slutsky e Nikolai Kharitonov sono praticamente indistinguibili l’uno dall’altro dal punto di vista politico; spicca solo un po’ il volto giovane di Vladislav Davankov, il candidato più progressista e “pacifico”. Dato che la colonna “contro tutti” è stata rimossa dalla scheda elettorale dal 2006, agli oppositori di Putin rimane di votare “per tutti” (rovinando così la scheda). “Durante l’era sovietica c’era lo scherzo: da noi non ci sono elezioni, ma c’è votazione. Ora è la stessa cosa — dopo aver studiato i candidati, l’uomo si toglie gli occhiali e sorride amaramente — In tutti questi anni Dio sa che ci ho provato! Ho votato contro tutti, contro Putin, ho rovinato la scheda… Eppure è sempre lì!”

A coloro che si presentano con il passaporto per ritirare le schede elettorali, viene prima chiesto se desiderano votare elettronicamente. In generale, da quando in Russia è apparsa la possibilità del voto elettronico, le autorità hanno promosso con vigore questo tipo di espressione di volontà. Tra gli esperti di sicurezza digitale c’è l’opinione che ciò sia dovuto al fatto che votare online attraverso il sito del governo rende molto più semplice la manipolazione dei voti. La maggior parte rifiuta. Si avvicinano alle cabine elettorali e, dopo aver compilato la scheda, la gettano in urne trasparenti. Gli addetti ai seggi elettorali e le guardie si affollano intorno alle urne coprendole con i loro corpi: in questi due giorni si sono già verificati diversi episodi in cui i provocatori hanno versato vernice verde sulle schede. Un gruppo di giovani, facendosi da parte, sta discutendo se qualcuno si è accorto di come hanno votato.

La maggior parte delle persone in coda sembrano cercarsi e, quando incontrano gli sguardi degli sconosciuti, sorridono leggermente. Nessuno osa discutere ad alta voce ciò che sta accadendo, anche perché uno dei compiti degli osservatori filogovernativi è quello di individuare i partecipanti del “mezzogiorno contro Putin”, basandosi su simboli pacifisti, conversazioni sovversive e “comportamento nervoso a alla vista della polizia”. La coda è composta soprattutto da giovani, ma ci sono anche famiglie con bambini e pensionati. In totale, dalle 11:50 alle 12:10 circa, riescono a presentarsi a scuola almeno un centinaio di elettori. Non è molto, ma evidentemente più del resto del tempo. “Bene, dai, c’è un flusso. Ieri e l’altro ieri non c’era niente del genere”, dice l’anziana signora all’amica, uscendo dal cortile della scuola.

In generale, a giudicare dalle foto e dai video di altri seggi elettorali, molti russi sono venuti a votare a mezzogiorno nel loro fuso orario (ce ne sono 11 in Russia). Ancora più impressionanti sono state le code alle ambasciate russe all’estero, nei paesi che sono diventati centri di nuova emigrazione. Il Cremlino ha ricevuto un’ennesima spiacevole espressione di sentimento contro la guerra e contro Putin. Giustamente nessuno dei partecipanti si illude che la loro espressione di volontà possa influenzare la situazione nel paese: l’importante è approfittare di questa procedura elettorale, questa ultima possibilità di parlare, per fare una manifestazione di protesta.

“La portata di questa disobbedienza civile è tale che diventa ovvio che in Russia è in corso una guerra civile fredda. Non è ancora calda solo perché una delle parti in conflitto è disarmata e l’altra si è coperta con uno scudo di terrorismo di stato”, afferma Vladimir Pastukhov, avvocato, politologo e ricercatore senior presso l’University College di Londra. “Il potenziale di protesta rimane significativamente più alto del livello previsto, mentre la società è sempre ‘poco impaurita’ nonostante le repressioni”.

In un modo o nell’altro, oggi i russi che non condividono i valori della Russia di Putin si sono incontrati in questa protesta silenziosa e hanno ricevuto la loro dose di sostegno e speranza. Tuttavia, una volta “contate” le schede, sarà nuovamente il momento della delusione e della consapevolezza che Vladimir Putin resterà per un altro mandato. E in questo nuovo mandato ci possono essere nuove repressioni, nuove fasi di alienazione dal mondo occidentale e nuove minacce alla sicurezza internazionale.

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